‘Buco’ dell’Asl di Massa, Mugnai (Fi) torna ad attaccare Rossi

“Coloro che Rossi aveva indicato quali responsabili per il crac della Asl 1 di Massa Carrara, con 420 milioni (ripeto: 420 milioni) di buco, sono stati tutti via via prosciolti o assolti perché il fatto sussiste, ma loro non lo hanno commesso. E nelle motivazioni per l’assoluzione dell’ex direttore generale Antonio Delvino si parla più di Rossi, che per quei fatti resta tra i pochi indagati, che del Delvino stesso”. Torna a parlare della vicenda nota come ‘buco di Massa’, ovvero il default che nell’ottobre 2010 portò la Asl apuana al commissariamento per un ammanco che poi si scoprì essere di 420 milioni di euro, il candidato di Forza Italia alla presidenza della Regione Toscana Stefano Mugnai. Il motivo? Le sollecitazioni e le domande postegli dai cittadini nel corso dei convegni sulla sanità cui sta partecipando – dalla Maremma a Siena, da Arezzo al Mugello – in questi giorni di tour elettorale, e che sono aumentate a seguito dell’articolo sulla vicenda uscito sull’ultimo numero di Panorama. A Mugnai è stato chiesto di fare il punto sul com’è e sul come fu di quella vicenda per la quale Enrico Rossi risulta tutt’ora indagato. Ed ecco la sua ricostruzione.
“All’indomani del commissariamento – ricorda Mugnai – Rossi prese i libri contabili e li consegnò in procura a Massa, dove si iniziava a indagare sulle responsabilità giudiziarie di quei fatti. Pensava, forse, in questo modo, di mettersi al riparo da qualunque altra contestazione che invece gli giunse sia da parte mia e del collega Jacopo Ferri, che presiedette la Commissione d’inchiesta sul crac della Asl 1, per le responsabilità politiche sugli indirizzi gestionali, sia da parte della stessa autorità giudiziaria che lo fece raggiungere da avviso di garanzia. Fatto sta che Rossi ha sempre declinato ogni addebito, sfuggendo alle occasioni in cui avrebbe potuto chiarire la propria posizione dal momento che quel gigantesco ammanco si era generato negli anni in cui lui era assessore regionale alla sanità e sceglieva modalità e persone. Ogni uomo era un suo uomo. Per traslazione del concetto di ‘suo’, però, Rossi indicò proprio i vertici da lui scelti a suo tempo come unici responsabili per la voragine generatasi in quella Asl. Ebbene: tutti costoro, a parte l’ex direttore amministrativo condannato per peculato per essersi preso una cifra che in confronto ai 420 milioni sono spiccioli, sono stati prosciolti o assolti per non aver commesso il reato che invece, però, i giudici sono chiari, sussiste eccome. E allora: chi lo ha commesso? Chi ne ha la responsabilità?”.
“Il fatto sussiste, ma Antonio Delvino non l’ha commesso”: parlano chiaro, sempre secondo Mungai, le motivazioni, giunte nel gennaio scorso, della sentenza con cui nel febbraio 2014 si assolveva l’ex direttore generale della Asl 1 di Massa Carrara dalle accuse che lo avevano colpito a seguito di quella vicenda. “Sfoglia sfoglia – osserva Mugnai – l’attività giudiziaria va nella direzione che avevamo sempre ipotizzato a livello politico. I responsabili indicati da Rossi escono di scena uno ad uno e il cerino in mano rimane alla Regione da un lato col tandem Donati-Persiani, dall’altro con il referente politico Enrico Rossi, assessore alla sanità proiettato sullo scranno di governatore della Toscana proprio cavalcando l’onda dei pareggi contabili della sanità toscana”. Lo affermano, ricorda Mugnai, proprio le motivazioni che a pagina 64 recitano: “La Regione Toscana con significative anticipazioni di cassa aveva potuto … palesare l’immagine di una Regione virtuosa da sfruttare sotto il profilo politico, che ciò era potuto avvenire anche grazie a quel sistema di vasi comunicanti segnalato dalla Commissione regionale d’inchiesta, in cui vi era una sostanziale coincidenza tra controllori e controllati”. “Nondimeno – cita ancora Mugnai – era diventato inevitabile lasciare che la situazione (ovviamente ad elezioni regionali celebrate) in qualche modo emergesse cercando di far ricadere le responsabilità su singoli personaggi… che non potevano che essere estranei a quel sistema”.
“E allora chi – incalza il candidato governatore di Forza Italia nonché vicepresidente della Commissione sanità – ha sfruttato politicamente tale situazione o aveva interesse a far ricadere le responsabilità su qualche capro espiatorio? La sentenza indica con estrema chiarezza alcuni protagonisti del sistema sanitario della Regione di quegli anni e di oggi: Carla Donati, all’epoca responsabile finanziario della Regione, Nicolò Persiani, consulente della Regione incaricato di studiare i bilanci in vista della certificazione, e Enrico Rossi”. Sono soprattutto tre i punti delle motivazioni su cui Mugnai focalizza l’attenzione. Il primo riguarda le “distonie che i giudici evidenziano nelle tesi accusatorie fondate su ricostruzioni la cui credibilità è messa seriamente in discussione dalla sentenza”. “Poi c’è il ruolo del tandem Donati-Taitle (Persiani) quale cinghia di trasmissione degli input politici in arrivo dalla Regione nei bilanci della Asl, con tanto di sottolineatura per cui ‘la ripartizione del Fondo ordinario di gestione non rispecchia i criteri definiti dalla legge 40/2005 […] ma è motivata da scelte politiche ispirate da una logica del tutto diversa e motivate dall’esigenza di dare un colpetto a questo o a quell’altro bilancio, opportunamente riaperti’, a seconda del caso. Un’analisi spietata della realtà che emerge dalle motivazioni appena depositate, sovrapponibile alla realtà che avevamo rilevato noi distanti dai faldoni processuali – conclude Mugnai – porta a rilevare che l’unico soggetto che aveva convenienza in simili condotte era la Regione Toscana. Eppure Enrico Rossi, conductor della sanità prima da assessore e oggi da governatore, colui che, e lo si evince anche dal tono e dal linguaggio delle intercettazioni, era ed è il dominus della sanità toscana, non è stato sin qui capace di assumersi neppure la responsabilità politica di quanto accaduto e delle sue conseguenze, con un ammanco stramilionario che oggi si riverbera sulla sanità regionale con carenze di tutto e con fantasiose e pasticciate riforme che mescolano le carte sanitarie. Dal neoturborenziano Rossi, che però ancora si professa comunista, noi attendiamo ancora le cose di sempre: ammissione delle responsabilità politiche che da queste motivazioni emergono lampanti”.