Angelini: piano strutturale porterà svendite e cemento

9 luglio 2016 | 09:55
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Angelini: piano strutturale porterà svendite e cemento

“I primi frutti, proibiti, del piano strutturale saranno la svendita di Campo di Marte, che, inserita in un’area di rigenerazione urbana, potrà essere messa a disposizione della Regione e dei suoi piani di sfruttamento, con una sola delibera del consiglio comunale, che cementifica anche le aree verdi presenti”. Il consigliere comunale di Governare Lucca, Piero Angelini, torna a mettere nel mirino il nuovo strumento urbanistico adottato dal consiglio comunale (senza le opposizioni) individuandone quelle che secondo lui sono le pecche e i limiti. E il cuore delle critiche di Angelini sta proprio nella definizione delle aree di rigenerazione e nella ridefinizione delle Utoe, con volumetrie destinate al commerciale che, per i dati forniti da Angelini, sono addirittura superiori al piano del 2001.

Nel mirino anche “la svendita della Manifattura Tabacchi – aggiunge Angelini – mai disciplinata nel piano strutturale, ma già inserita dall’amministrazione nei piani di alienazione, tramite finanza di progetto, per la quale appunto (oltre a Campo di Marte) sono stati previsti 34.800 metri quadrati di commerciale. Il vecchio piano strutturale del 2001 vietava tali scelte. Per questi motivi, noi, con grande scandalo dei pretoriani, abbiamo osato dire che alcune scelte del vecchio piano erano migliori di quelle contenute nel nuovo”.
Angelini non le manda certo a dire all’amministrazione comunale, in particolare al sindaco Alessandro Tambellini e all’assessore all’urbanistica Serena Mammini. Il primo appunto che Angelini fa è che il nuovo piano strutturale ha carattere “non conformativo”. Ciò deriva da quanto disceso dalla legge urbanistica regionale 65/2014. “La legge 65/2014, che sta alla base del Piano strutturale, è frutto dell’impegno della professoressa Marson, entrata nella giunta regionale toscana nel 2010, come assessore all’urbanistica, in rappresentanza dell’Idv. La Marson – osserva Angelini – fin da subito aveva mostrato un atteggiamento di forte critica alle precedenti leggi urbanistiche che, delegando totalmente ai comuni la facoltà di fare i loro piani strutturali, senza controllo alcuno, neppure di legittimità, da parte della Regione, permettendo poi interventi di forte impatto ambientale avevano determinato un consumo di suolo non molto diverso dalle Regioni ritenute meno virtuose, del Veneto e della Lombardia, che la Regione aveva tentato invano di celare, con taroccamenti vari; partendo da questa analisi critica, la Marson si era impegnata a dare alla Toscana una nuova legge urbanistica che avesse come obiettivi: una drastica riduzione del consumo di suolo, un ricorso preferenziale al riuso del patrimonio edilizio, una difesa dei territori rurali, non urbanizzati. Di fronte alle resistenze di politici e amministratori locali, nei confronti del suo progetto,la Marson s è vista costretta ad imboccare la via (dagli altri ritenuta innocua), della redazione di un piano paesaggistico per la Toscana, reso invece da lei vincolante con un accordo formale con il Ministero dei beni ambientali e culturali, poi divenuto parte del Pit. Il risultato è stato quello di un passaggio da piani strutturali redatti liberamente da Comuni ( generalmente sovradimensionati), a piani strutturali, che, come il nostro, recepiscono per quasi i due terzi del territorio le scelte regionali e impediscono le costruzioni al di fuori del territorio urbanizzato; una soluzione estrema, che nel tempo dovrebbe essere riequilibrata, che si giustifica soltanto come reazione alla precedente anarchia; che ha anche un limite culturale perché la pianificazione è fondata, non come dovrebbe essere, sull’assetto idrogeologico, legato cioè alla natura, praticamente immodificabile, ma sul paesaggio, legato alla storia dell’uomo e che perciò si dovrebbe poter modificare, in circostanze eccezionali, dall’uomo stesso. La legge 65/2014, per le forzature politiche con la quale era stata proposta, ha suscitato però forti resistenze da parte di politici e amministratori, in fase di esame e di approvazione, con inevitabili cedimenti e compromessi, tra cui, addirittura, due condoni edilizi per gli abusi edilizi fino al 1985, poi dichiarati incostituzionali dalla Corte Costituzionale. Comunque, al di là di qualche significativo cedimento, permane la caratteristica fondamentale del piano strutturale, come disegnato dalla L.65/2014, che è quella di un piano non conformativo (cioè non precettivo), ad eccezione dell’individuazione delle Utoe, con le loro quantità insediative e della perimetrazione dei territori urbanizzati; sono riservate infatti al successivo piano operativo ( il vecchio Regolamento urbanistico) le scelte attuative dell’amministrazione. Un tale carattere non conformativo del Piano strutturale, voluto dalla L. 65/2014, costituiva il migliore presupposto per la redazione di un piano intercomunale (almeno con Capannori), che purtroppo non è stato neppure proposto”.
IL PIANO STRUTTURALE. Poi Angelini scende nel dettaglio delle “criticità” del piano del Comune di Lucca. “Ci è stata tolta – attacca – la possibilità di spiegare la nostra posizione sul Piano strutturale, che era ed è tutt’altro che pregiudizialmente ostile. Diamo, innanzitutto, un giudizio positivo su tutta la parte del piano strutturale ( circa 2/3), che riguarda la tutela del territorio, effettuata con la necessaria ricezione delle disposizioni del piano paesaggistico. Ma – aggiunge – anche per quanto riguarda la parte del Piano strutturale di stretta competenza dell’amministrazione, noi abbiamo mostrato apprezzamento per alcune scelte fatte, dal sistema dei parcheggi, alla possibilità di interventi di manutenzione nelle corti; anche se rimaniamo critici per quanto riguarda la viabilità, per la quale l’amministrazione ha costituito soltanto zone di salvaguardia, lasciandosi libera la possibilità di scelte del tutto diverse (dagli assi viari alla terza corsia)”. Al riguarda Angelini boccia il progetto per S. Anna: “Noi – sottolinea – rimaniamo decisamente contrari alla strada lungo fiume, a S. Anna, che comprometterebbe alla lunga il Parco del Serchio ; su altri aspetti, però, il piano strutturale presenta, molte criticità”.
UTOE E QUANTITA’ INSEDIATIVE. Si comincia dalla definizione delle aree urbanistiche e sulle funzioni. “Sul residenziale – osserva Angelini – il dibattito è aperto; noi avevamo richiesto soltanto che si facesse un indagine sulla case ancora vuote, create dal boom edilizio, prima di ogni previsione; richiesta negata, fino al punto di respingerla arbitrariamente in sede di Consiglio, nella prima mozione pregiudiziale da noi presentata. Oltre a questo problema , su cui c’è dibattito, noi vogliamo mettere in risalto un altro aspetto finora non sollevato, che è quello delle quantità insediative per la funzione commerciale, mettendo a raffronto, con qualche cautela possibile, le previsione del piano strutturale 2001 (fatte in metri quadrati di superficie fondiaria ) e quelle del piano strutturale attuale ( fatte in metri quadrati di superficie utile lorda). Il piano strutturale 2001 prevedeva un dimensionamento del commerciale/direttivo di 80.000 metri quadrati; l’attuale proposta prevede un dimensionamento del solo commerciale di 138.641 metri quadrati (41.000 di nuovi insediamenti; 97.200 di nuove funzioni); dimensioni collocate in modo rilevante sia nel centro storico, sia al di fuori delle aree tradizionali di commercio”. Angelini entra nel dettaglio: “Il piano strutturale del 2001 prevedeva per il commerciale del centro storico 0 metri quadri, oggi, seppur l’Uttoe ricomprende anche la zona della circonvallazione, 34.800 metri quadrati; a Ponte a Moriano e Brancoleria 6.572 metri quadrati di fronte agli 11.400 del piano strutturale attuale; nei Monti Pisani il vecchio piano prevedeva 1.115 metri quadrati di commerciale/direzionale, il nuovo 3.300 metri quadrati di commerciale. La domanda legittima, allora, è se il rilancio del centro storico e delle periferie passi essenzialmente tramite la previsione, per noi sbagliata, di nuovi esercizi commerciali”.
“Un discorso a parte – aggiunge – merita l’Oltreserchio, l’Utoe dove sta Tambellini, che raggruppa impropriamente le vecchie Utoe 5b, il vero Oltreserchio ( da Nave a S.Macario a Nozzano) e l’Utoe 7b (da Monte S.Quirico a S.Alessio), dal momento che si mettono insieme territori diversissimi, come l’Oltreserchio, dove è sempre più difficile costruire e il territorio da Monte S. Quirico a S.Alessio, dove sarà lecito costruire più di prima, forse proprio per rendere meno evidente le scelte che ‘avvantaggiano’ il territorio di S.Alessio”.
PERIMETRAZIONI AREE URBANE. E’ forse il capitolo su cui le critiche di Angelini si fanno più serrate. “Sono state inserite – spiega il consigliere di Governare Lucca – una serie numerosa di aree rurali, talvolta anche boscate; io ne ho contate 53, per circa 100.000 metri quadrati di alcune potrebbero essere date giustificazioni, che noi avevamo richiesto in Commissione urbanistica; non certamente di tutte”.
“Il piano strutturale – aggiunge – utilizza poi in modo improprio le poche possibilità offerte dalla legge di dare attuazione, fin dall’approvazione, ad alcune sue scelte, con decisioni contenute nel PS che vanno però ben oltre i limiti previsti dalla legge 65/2014”. E si comincia dalle cosiddette “aree degradate”: “L’articolo 123 definisce – osserva Angelini – quali aree degradate quelle che hanno un impianto urbano di scarsa qualità sotto il profili architettonico e morfotipologico; inoltre carenza di attrezzature e servizi, degrado di spazi pubblici e aree libere, attrezzature e infrastruttura dismesse). In queste aree degradate possono essere previste aree di rigenerazione urbana: il piano strutturale ne indica 5, per complessivi 1.154.490 metri quadrati, che ricomprendono però anche aree che degradate non sono (quella di Campo di Marte si estende per 434.014 metri quadrati, fino alle Cornacchie e tocca zone non segnate assolutamente da degrado; l’area di rigenerazione urbana delle ex officine Lenzi, poi, di 150.780 metri quadrati, si estende e comprende, oltre la Questura, anche la Stazione ferroviaria. Perché tali dilatazioni oltre i confini stabiliti dalla legge? Il motivo di una tale scelta, che giustifica anche la nostra opposizione, è determinato dal fatto che la legge 65/2014 prevede che, in tali aree, subito dopo l’approvazione del piano, si possa intervenire con progetti approvati direttamente dal Consiglio comunale; e dal fatto ulteriore, molto importante, che la legge permette di considerare “aree urbanizzate”, dunque edificabili, quelle verdi, inserite in tali piani, se non siano individuate “come aree a esclusiva o prevalente funzione agricola nei piani strutturali vigenti” al momento dell’approvazione della legge”.
Critiche anche sulle aree di riqualificazione urbana che sono 6: S.Anna, S.Concordio. S.Filippo, S.Vito; Antraccoli, Ponte a Moriano. “Tali ambiti – osserva -, secondo la legge, avrebbero dovuti essere disegnati dal piano operativo, non dal piano strutturale, all’interno delle aree degradate; sono stati indicati, verosimilmente, nel piano strutturale, per poterne parificare il trattamento a quello delle aree di rigenerazione urbana , dal momento che la legge 65/2014, all’articolo 125, parla di riqualificazione delle aree degradate, ritenendole cioè come una sottospecie delle aree di rigenerazione urbana. Anche in questo caso molte delle aree indicate, che ammontano a 1.499.894 metri quadrati, non sono affatto aree degradate”.
Per quello che concerne poi i poli produttivi (Acquacalda, S.Pietro a Vico, Sorbano, Mugnano, Ponte a Moriano) piovono dubbi: “Tali aree – va avanti Angelini – ammontano a 2.081.303 e comprendono interi paesi, per esempio S. Pietro a Vico: anche in questo caso c’è un evidente dilatazione delle aree produttive, che non è giustificata; indotta, nel nostro caso, dal fatto che i Comuni possono autorizzare, per gli edifici produttivi, ‘interventi di addizione volumetrica e di sostituzione edilizia’, con ‘incrementi massimi della superficie utile lorda a titolo di premialità’. Per quanto riguarda le aree produttive, bisogna ricordare, poi, che la Conferenza di copianificazione del 29 settembre 2015, si è espressa favorevolmente sull’incremento e lo sviluppo di attività produttive all’Acquacalda, in aree verdi, per complessivi 420.520 metri quadrati. Con tutte queste scelte, che costituiscono il cuore del piano strutturale e sulle quali non c’è mai stato un confronto, l’amministrazione si è ritagliata, in modo arbitrario, uno spazio di intervento, con scarsi controlli, su grandi aree, le più delicate e importanti della città”.
“Va infine ricordato – aggiunge Angelini – che, nonostante che la legge faccia divieto di costruire in zona rurale e che comunque tutte le addizioni debbano essere computate nelle quantità massime disponibili per ciascuna Utoe, eccetto il rialzamento del sottotetto per renderlo abitabile e la realizzazione di servizi igienici, si è continuato a concedere permessi a costruire e Scia (circa 70) relativi a bonus, cioè quantità non computate nelle quantità massime residenziali, per circa 8.000 metri quadrati, 12.600 mc ( nei 15 anni circa 100.000 metri quadrati di nuove costruzioni). Su tutti questi aspetti, avevamo presentato circa 100 emendamenti, che l’assessore Mammini, ha relegato tra gli emendamenti ‘punto e virgola’. Ha tagliato, poi, i tempi della discussione in commissione, già programmati dal presidente Pagliaro, per impedire un confronto serio, che forse temeva. Il sindaco Tambellini, nel suo intervento esagitato nel Consiglio comunale del 30/05/2016, si è addirittura arrogato il diritto di decidere quando le mozioni erano pregiudiziali, impedendo che emergessero in Consiglio comunale le carenze da noi messe in rilievo, per esempio tramite un’indagine sulle case vuote, frutto della precedente cementificazione, preliminare a nostro avviso, alla definizione delle quantità residenziali edificabili”.