Ex manifattura e Ps, Angelini boccia Comune

31 luglio 2016 | 07:08
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Ex manifattura e Ps, Angelini boccia Comune

Ex manifattura, il masterplan non piace al consigliere di Governare Lucca, Piero Angelini. Che esplicita il suo pensiero sul piano presentato dall’assessore Serena Mammini in consiglio comunale con una serie di osservazioni divise in sette punti, che vanno a toccare anche il tema più complesso del piano strutturale.

“Per quanto riguarda la Manifattura – dice Angelini – sono tuttora vigenti, e vanno rispettate anche per essa, le prescrizioni del Piano strutturale del 2001 per le aree centrali produttive dismesse, quale la Manifattura è, a tenore delle quali, quando il privato avesse voluto delocalizzare la sua azienda, avrebbe ricevuto dal Comune un’area equivalente, lasciando all’amministrazione, tramite una permuta, la proprietà dell’area produttiva dismessa; tali aree, poi, resesi libere, sarebbero state destinate dall’amministrazione (articolo 60), in prevalenza a standard urbanistici, cioè al “settore delle attrezzature urbane”; permettendo così alla citta di raddoppiare “la dotazione esistente di attrezzature di rilevanza locale o superiore”, cioè sostanzialmente di “scuole, parcheggi e aree verdi” ; l’occasione per il reperimento di tale quantità, si affermava, era “costituita dal recupero delle aree produttive centrali dismesse o dismissibili”, prima tra tutte la Manifattura Tabacchi, che ammontano complessivamente a oltre 240mia metri quadri, e che trovandosi in posizione strategica, dovevano essere destinate prioritariamente a questi scopi”.
“In realtà il regolamento urbanistico del 2004 – prosegue Angelini – su impulso di Fazzi e Chiari, aveva del tutto disatteso una tale disciplina, assicurando la cementificazione della maggior parte di tali aree (basta pensare al Centro latte, ma anche ai Piani attuativi redatti e approvati per le aziende Lenzi e Lazzi, quest’ultimo inefficace); unica eccezione la Manifattura Tabacchi, che, in virtù anche della normativa statale, aveva dato luogo nel 2003, come previsto dal piano strutturale, alla sua acquisizione da parte dell’amministrazione, dietro cessione gratuita dell’area di Mugnano. L’articolo 84 del regolamento urbanistico (oggi 80) assicurava all’amministrazione, di poter procedere, con un piano attuativo, al restauro degli edifici storici, all’abbattimento delle superfetazioni incongrue, alla destinazione ad “attrezzature urbane” del resto dell’area. Una tale disciplina è stata però del tutto ignorata dalle forze politiche di maggioranza e di opposizione che hanno amministrato la città (eccetto noi di Governare Lucca); i progetti Piuss sulla Manifattura furono redatti, innanzitutto, senza un piano attuativo; tramite un’interpretazione forzata del Dpr 380/2001, si autorizzò l’intervento di ristrutturazione edilizia sugli edifici inseriti nel progetto Piuss, senza tuttavia accorgersi degli effetti collaterali che una tale scelta comportava, in primo luogo la limitazione, al solo 25 per cento degli edifici, del mutamento della destinazione (con evidenti difficoltà nel loro futuro utilizzo); con la famigerata adozione della variante del gennaio 2011, da noi soli ritardata con un forte ostruzionismo, ma portata avanti dalla maggioranza con il fiancheggiamento del Pd, in primo luogo di Tambellini, Mammini e Marchini (che dopo averla peggiorata rendendo le sue disposizioni, con la modifica dell’articolo 145.3, immediatamente efficaci, facevano il gran gesto di non partecipare alla votazione finale, spacciata ora incredibilmente da Tambellini come la vera forma di opposizione), che era diretta principalmente a permetter al gruppo Valore di avere le quantità insediative per la realizzazione del Parco di Sant’Anna, l’articolo 84 fu interamente cassato, sostituito dalla previsione di un Piano complesso, nell’area non impegnata dai progetti PIiuss, da realizzare con la finanza di progetto, secondo la linea tracciata da Favilla, che l’amministrazione Tambellini ha ripreso e adottato”.
“L’amministrazione, con la delibera di giovedì scorso  spiega Angelini – ha preso una strada diversa da quella prescritta dal piano strutturale, che rimane a nostro avviso l’unica in grado di valorizzare l’area della manifattura e metterla al servizio della città; il modello a cui si è ispirata l’amministrazione, nella redazione del “masterplan”, è quello della cosiddetta “rigenerazione urbana”, che tende semplicemente a massimizzare l’utilizzo e il profitto delle aree urbane, riservandone una gran parte al commerciale; richiedere all’Amministrazione, come fa oggi Confcommercio, di assicurare alla città maggiori spazi di sosta, mi sembra del tutto ingenuo, perché gli interventi, previsti dall’amministrazione e, a quanto pare, accettati da Confcommercio, non permetteranno di realizzare più di 570 posti auto ora previsti, che ovviamente andranno a garantire quasi completamente le esigenze per le nuove funzioni che vi saranno insediate. Io ritengo che il progetto della Manifattura, previsto dal Piano strutturale del 2001, sia migliore di quello che l’Amministrazione oggi porta avanti (e che dunque, per certi aspetti, il piano strutturale del 2001 sia migliore e più sostenibile dell’attuale); ritengo addirittura che esso dovrebbe essere di nuovo utilizzato e costituire un modello da riprendere e portare avanti con il Ps di oggi, garantendo ai privati delle aree produttive centrali dismesse, che vogliono continuare l’attività produttiva, aree idonee ed equivalenti all’interno dei 420.500 metri quadri della nuova area industriale all’Acquacalda, già previsti nel nuovo piano strutturale e destinati appunto, dalla conferenza di copianificazione, alle attività produttive (che possono essere comprati facilmente con i circa 20 milioni incassati nel 2016 dalle dismissioni effettuate, dalla Salt alla Sat); l’area produttiva dismessa della Manifattura dovrebbero essere destinata, come impone ancor oggi il Ps del 2001, ad “attrezzature urbane”, in primo luogo oggi a verde e parcheggi, per liberare alcune piazze della città dalle auto in sosta, ma anche per riaprire la città, in questo tempo di transizione, a quanti, dalla periferia, hanno ancora desiderio di accedervi , cercando così di contrastare quella cultura, ormai maggioritaria, di un centro storico visto ormai come un luogo chiuso ai lucchesi, riservato soltanto al turismo mordi e fuggi, che lo ha impoverito e rischia di impoverirlo ulteriormente; naturalmente sarà anche possibile, nel tempo, ridare ai due terzi della Manifattura nuove funzioni, ma solo quando saranno espressione di esigenze reali e verificate della città, non ora, in cui si stenta perfino ad assicurarne di idonee agli edifici storici del progetto Piuss”.
“Parole, si dirà – prosegue Angelini – Non proprio, dal momento che l’amministrazione, che non ha mai guardato con attenzione e rispetto alle regole urbanistiche (basta pensare a piazzale Verdi e alla Coop di S.Filippo), si è dimenticata del fatto che l’articolo 5 del regolamento urbanistico impone, pur ad una amministrazione recalcitrante come questa, il rispetto, nell’intervento sulla Manifattura, di standard urbanistici particolarmente elevati, non sempre compatibili con i grandi progetti contenuti nel masterplan, ammontanti a quasi 34mila metri quadri utili lordi. Si vedrà; da parte nostra non faremo alcun sconto all’amministrazione”.
Angelini interviene anche sul tema del regolamento urbanistico: “Per quanto riguarda il nuovo piano strutturale – dice Angelini –  di recente adottato, la nota di Italia Nostra ne mette in rilievo alcune importanti criticità, aprendo un dibattito nella città che l’amministrazione riteneva già chiuso e frenando, quantomeno, quel clima di autoesaltazione e settarismo con cui sindaco e assessore Mammini l’hanno presentato e difeso. Un dibattito che, speriamo, possa coinvolgere un gran numero di cittadini (costretti però, non senza disagio, a fare le osservazioni entro Ferragosto). Da parte mia, fin da ora, tra le tante, ricordo alcune osservazioni, già da me presentate come emendamenti nella disgraziata riunione di consiglio comunale del 31 maggio 2016 e rimasti perciò non solo indiscussi, ma anche sconosciuti ai più”. Il primo tema è quello del dimensionamento: “L’amministrazione ha presentato per quanto riguarda la funzione commerciale un dimensionamento incredibilmente eccessivo; se si mettono a raffronto le previsioni del piano strutturale 2001 (fatte invero in metri quadri di superficie fondiaria) e quelle del piano attuale (fatte in metri quadri di superficie utile lorda), confrontabili, anche se con una certa prudenza, si nota che si è passati da 80mila metri quadri di superficie fondiaria del Ps 2001, ai 138.641 metri quadri di superficie utile lorda (41mila di nuovi insediamenti; 97mila di nuove funzioni) del Ps 2016; stupisce, tra l’altro, che tali maggiori quantità siano collocate, in maniera rilevante, non solo nel centro storico (al quale il Ps 2001 riservava 0 metri quadri), ma anche al di fuori delle aree tradizionali del commercio come la Brancoleria e i Monti Pisani. Poi il tema delle Utoe: contro ogni logica, si sono messe insieme l’Oltreserchio, propriamente detto, con la zona di Monte S.Quirico–S.Alessio, che non hanno niente in comune; pur con qualche cautela, per le ragioni sopra dette, si constata non soltanto che, in questa nuova Utoe, a differenza della altre Utoe, le quantità insediative residenziali del piano strutturale 2006, prese complessivamente, sono uguali a quelle del Ps 2001; ma che sono state, invece, triplicate quelle commerciali e produttive, quadruplicate quelle ricettive; è evidente che si tratta di operazioni, fatte con qualche prudenza, solo per favorire le aree dove imperversa Tambellini, che divideranno con l’Oltreserchio le maggiori quantità che il Ps 2001 gli assegnava. Per esempio, nel Ps del 2001 l’Oltreserchio aveva 12327 metri quadri di superficie fondiaria, Sant’Alessio, zona agricola per eccellenza, 3233; ora invece i due territori si divideranno equamente i 15.100 metri quadri di superficie utile lorda che il nuovo PS assegna loro; così per le altre destinazioni”.
La chiusura è destinata alle aree di rigenerazione urbana e di riqualificazione e ai poli produttivi: “Ma il cuore del piano strutturale del Comune di Lucca, la sua vera ragione, è rappresentata dalle aree di rigenerazione urbana (sei: 1.154.490 metri quadri) e di riqualificazione urbana (cinque: 1.499.894 metri quadri): zone dove, a norma della legge 65/2014, le aree a verde sono considerate generalmente aree urbanizzate e, soprattutto, dove l’Amministrazione può intervenire con semplice delibera del Consiglio, anche prima dell’approvazione del piano operativo; secondo la legge regionale, queste aree dovrebbero essere collocate in aree degradate, mentre il Piano strutturale le estende anche ad aree che non hanno alcun degrado, facendo intendere che la giunta voglia riservarsi, con questa manovra, un campo di intervento al riparo di ogni reale controllo e al di fuori delle previsioni di legge; basta pensare che l’area di rigenerazione urbana di Campo di Marte spazia dallo stadio alle Cornacchie, e l’area di rigenerazione urbana della Lenzi oltrepassa i binari ferroviari e ingloba questura e stazione ferroviaria: aree che è difficile spacciare come degradate; a tutto questo si aggiunge la dilatazione delle aree riservate ai 5 poli produttivi, che inglobano interi paesi, come San Pietro a Vico; solo perché, all’interno delle strutture produttive di tali zone, l’amministrazione può assicurare incrementi volumetrici premiali fino al 30%. Con un metodo che è difficile accettare, l’amministrazione, dunque, si è assicurata, oltre ogni ragione, un territorio urbanizzato di 4.735.687 metri quadri (circa 20 per cento del territorio urbanizzato, sicuramente quello di maggior pregio), dove, in violazione della legge 65/2014, pretende di avere mano libera. Non gliela daremo facilmente”.