
La stalla è aperta. E i buoi stanno scappando.
Sia detto senza alcuna irriverenza, sia chiaro. Ma sembra questa la situazione del Pd, e più in generale del centrosinistra, a Lucca. Dove in vista delle elezioni amministrative 2017 si sono risvegliati appetiti sopiti. A far gola, in apparente mancanza di avversari, è la poltrona di Palazzo Orsetti, attualmente occupata da Alessandro Tambellini. Come se a decidere chi guiderà la città per il prossimo quinquennio sia solo la sfida interna alla coalizione. Come se scenari alternativi, altre ipotesi, cambiamenti di schieramento, novità sul fronte della politica nazionale non possano cambiare, in breve tempo, gli scenari.
Ma tentiamo di fare chiarezza in una situazione che sembra complessa e incline ai colpi di scena e che invece viaggia su schemi di facile interpretazione.
Innanzitutto Tambellini. “Io penso a fare il sindaco”, ripete come un mantra l’inquilino di Palazzo Orsetti. Vero, ma intanto c’è da gestire una serie di situazioni che potrebbero mettere a rischio gli ultimi mesi di mandato. Innanzitutto la questione della presidenza del Consiglio. Garzella ha aperto il dibattito sul percorso da intraprendere verso le elezioni del prossimo anno ed ha incassato le censure dei capigruppo di maggioranza Claudio Cantini e Francesco Battistini. Il sindaco se ne è tirato fuori, asserendo l’indipendenza dell’operato del Consiglio rispetto alla gunta. Sarà dunque la maggioranza a decidere le sorti di Garzella, una maggioranza che al momento, a parte la componente renziana, sarebbe orientata allo strappo. Ma dopo? Nel caso di sfiducia Garzella rientrerebbe tra le fila dei consiglieri come anima critica della maggioranza e potrebbe anche far mancare voti importanti per i provvedimenti da approvare nei prossimi mesi. Vero è che Tambellini potrebbe contare su un atteggiamento non troppo ostracistico di alcuni consiglieri dell’attuale minoranza ma certi provvedimenti, nel caso di muro contro muro, potrebbero essere a rischio. Una situazione delicata che il sindaco, anche se si è chiamato fuori, dovrà comunque valutare prima che sia troppo tardi.
Nel frattempo, però, le bocce non restano ferme. Lo stesso Garzella si prende il merito di aver aperto il dibattito sul futuro del centrosinistra in città in vista delle amministrative. Vero anche questo. Ma c’è da valutarne l’effetto. Da una parte questa posizione è stata fin qui strumentalmente appoggiata, anche se non in maniera diretta, da chi non vorrebbe un secondo mandato Tambellini ma che non può dirlo ancora apertamente. La posizione del presidente del consiglio, quindi, diventa un mezzo per confermare che esiste una parte di Partito Democratico che non ha gradito questi anni di governo della città e vorrebbe un “cambiamento”. Ma gli effetti del cambiamento sono scappati di mano. Già, perché da una parte Tambellini rifiuta di sentir parlare di primarie e medita se correre ugualmente alla carica di sindaco alla guida di due liste civiche di politici (uscenti o usciti dal Pd) e di esponenti della società civile. E dall’altra tutti coloro che ambiscono o potrebbero ambire a fare il sindaco pensano, o progettano, lo stesso percorso. Guardando all’esperienza non tanto lontana di Viareggio. Dove Giorgio Del Ghingaro, portandosi dietro pezzi di Pd, esponenti senza bandiera, fedelissimi e anche qualche deluso del centrodestra ha sconfitto i candidati espressione dei partiti. Laddove fu il Pd a non volere le primarie per la scelta del candidato sindaco, ma con gli stessi effetti.
E allora ecco che Andrea Tagliasacchi, ex presidente della Provincia, sindaco di Castelnuovo e sconfitto alle elezioni comunali (dopo aver vinto le primarie con Tambellini) da Mauro Favilla, rientra in campo come possibile concorrente. Annunciando una “via”, quella della candidatura fuori dal partito e contro la struttura attuale del Pd, roso dalle liti interne fra renziani e non renziani, per recuperare consenso altrove. Più che una candidatura, che potrebbe poi essere confermata dai fatti, insomma, un metodo: fuori dal Pd, o portandosi dietro una parte di Pd, per vincere senza sottostare a diktat, accordi, accordini che poi rischiano di svilire le proposte presentate in campagna elettorale con continue limature al ribasso per accontentare tutti.
E quando apri una strada, un “metodo”, una ipotesi poi è troppo tardi perché qualcun altro non la prenda in considerazione. Ecco perché la stalla è aperta e, con rispetto parlando, i buoi sono scappati. Come Tagliasacchi, o con Tagliasacchi, potrebbero pensarla altri personaggi della politica locale. Ampliando il parterre di concorrenti o rafforzando una fronda al Pd renziano. Il tutto in attesa della “chiamata alle armi” che prelude alla discesa in campo di un altro big, il consigliere regionale Stefano Baccelli.
E in tutto questo il Partito Democratico? Nicchia, predica unità in vista dei prossimi obiettivi come il finanziamento e la cantierizzazione degli assi viari e il referendum costituzionale di novembre. Novembre, sì, e non più ottobre come era stato ipotizzato in un primo momento. Una data che non è poco importante anche per il panorama politico delle amministrative. Se di candidature, infatti, si parlerà solo dopo l’esito del referendum a quel punto eventuali primarie si potrebbero tenere non a dicembre, come chiede Garzella (il segretario territoriale Andreuccetti ha già detto che non ci sarebbero i tempi tecnici) ma, se va bene, a gennaio se non oltre. Riducendo i tempi di una campagna elettorale che si annuncia dura e complicata. E nel frattempo gli altri non staranno certo a guardare.
Ecco perché il silenzio del segretario comunale del Pd Francesco Bambini, l’attendismo del senatore Marcucci e del segretario territoriale Andreuccetti, al momento, favoriscono proprio le dinamiche che si stanno verificando. “Avanti c’è posto”, ironizza anche il web sulle possibili candidature a sindaco tanto che qualcuno (Daniela Grossi, presidente della commissione pari opportunità) ha lanciato anche l’hashtag #candidiamocitutti.
Tutto bene, tutto lecito, tutto “democratico”. Salvo dimenticare che ci sono anche gli avversari politici. Che prima o poi, anche solo nel nome dell’antirenzismo e del no all’accoglienza dei migranti, tema che unisce un po’ tutta l’anima del centrodestra, potrebbe riorganizzarsi ed esprimere una candidatura autorevole e potenzialmente vincente. Come, peraltro, sarebbe anche auspicabile non foss’altro per evitare la frammentazione dell’attuale consiglio comunale che ha impedito di rendere autorevole una componente comunque importante per i processi democratici come l’opposizione consiliare. Senza dimenticare, poi, una mina vagante come il Movimento 5 Stelle, anch’esso se supererà la spaccatura interna fra le diverse anime che lo percorrono.
E in tutto questo arriva lucida l’analisi del sindaco di Porcari, Alberto Baccini, che invita a non montarsi la testa, a non considerare già vinto il Comune di Lucca, salvo risvegliarsi con brutte sorprese: “Il fiorire delle candidature di vari (e autorevoli) esponenti del centrosinistra per le prossime amministrative a Lucca – commenta su Facebook – a mio parere, ha una spiegazione: nasce dalla convinzione della estrema debolezza degli avversari per non dire dalla loro totale inconsistenza. Ipotesi “al momento” sensata, al momento… Ecco noi però dobbiamo fare il possibile per non rianimarli”.
Ragionamento sensato, che sa anche di invito al partito, al suo partito, e alla coalizione ad interrogarsi, forse anche subito, forse anche prima del referendum su cosa fare e dove andare. Perché ormai, a Lucca come altrove, forse a Lucca più che altrove, si può vincere senza il Pd. O fuori dal Pd.
Enrico Pace