Caso M5S, Andreuccetti: “Il male non è la politica, ma l’incompetenza”

“Il male non è la politica e nemmeno i politici. Il male è la mancanza di competenza, onestà, adeguata preparazione; caratteristiche che, in politica, possono essere dispensate in un partito o movimento (chiamatelo come volete) che abbia strutture e mezzi adeguati e che come tale sia riconosciuto dai cittadini”. Così il segretario territoriale del Pd di Lucca, Patrizio Andreuccetti, attacca il Movimento Cinque Stelle, prendendo a spunto quanto sta accadendo al Comune di Roma.
“Nel bel mezzo dei disastri pentastellati a Roma c’è chi, finalmente, inizia a sostenere a chiare lettere quello che io, senza volermi prendere particolari meriti, sostengo a più riprese da anni. La risposta alla cattiva politica non è l’antipolitica ma la buona politica. Perché – aggiunge Andreuccetti – non è vero che chi rappresenta le istituzioni è alieno rispetto alla società civile, non è vero che la grande maggioranza dei politici ruba ed è incapace. E’ vero semmai il contrario. Per una minoranza che ruba ed è incapace c’è una maggioranza, talvolta anche silenziosa, che lavora con competenza e abnegazione e paga su di sé l’immagine di quei pochi che agiscono in malafede. Non parlo solo dei sindaci e degli amministratori locali, nella maggioranza dei casi veri e propri stacanovisti dell’impegno pubblico; parlo di parlamentari, consiglieri regionali, che si fanno in quattro sia sul territorio che nelle istituzioni in cui sono chiamati ad operare. La classe politica non è fatta da santi, come da santi non è fatta la così detta società civile, ma nemmeno da soli demoni come spesso ci viene raccontato dai media. C’è tanto bisogno di ritrovare il giusto mezzo e serenità nei giudizi, fare di tutta l’erba un fascio è sempre un male. Tutto si può e si deve migliorare, ma in nome della politica (che altro non è che occuparsi della polis) non del suo contrario o della sua negazione”.
“Ormai – prosegue Andreuccetti – un quarto di secolo fa Tangentopoli sembrava l’alba della purificazione. Invece, seppur opportuna nella sua azione giudiziaria, il paese non seppe trarvi la spinta adeguata. La partitocrazia portata all’estremo, quella che aveva occupato tutto e tutti negli anni ’80 e che si finanziava con una parte consistente di introiti illegali, ci ha portato a vedere la politica dei partiti come il male assoluto. La colpa è in parte di quella politica, che aveva esagerato il malaffare, non seppe riformarsi e soprattutto non ebbe la capacità di fare emergere il lato migliore di sé (il modo adeguato con cui si formava la classe dirigente, la preparazione culturale dei leaders, forti ideali alla base dell’impegno politico) ma è anche di noi italiani che dalle elezioni del ’94 in poi ci siamo troppo spesso affidati a imprenditori, medici, comici, nella speranza che togliere la politica ai politici fosse l’unica soluzione per cambiare. Forse lo abbiamo fatto per redimerci, per non ammettere le nostre colpe e la nostra compartecipazione, in un modo o nell’altro, a quella Prima Repubblica crollata. Come per dirci, se adesso a governare ci vanno quelli come noi, quelli che politica direttamente non l’hanno mai fatta, le cose andranno meglio e dimostreremo che la colpa del malaffare era solo dei governanti. Così non è stato e dobbiamo prenderne atto. Mettere un medico a fare politica è come mettere un politico ad operare. Entrambi possono imparare il mestiere dell’altro, non poniamo limiti alla provvidenza, ma in ogni caso ci vuole tempo. Il tempo lo da la formazione. Faccio un piccolo esempio su me stesso. Se non avessi avuto alle spalle quattro anni come segretario provinciale del Pd, poco più che trentenne avrei avuto davvero difficoltà anche solo a pensare di fare il sindaco. Sono cresciuto politicamente nel contesto adeguato, insieme a persone molto più esperte e capaci di me da cui ho appreso tantissimo. Sono fiero di quel che faccio e non ho difficoltà a definirmi un politico, perché attualmente è l’attività principale della mia vita, e perché considero la politica una cosa alta e nobile. Lo stesso, su grande scala, credo si possa dire di Matteo Renzi. Al di là di quello che ognuno può pensare di lui e del suo governo (io credo stia facendo bene e soprattutto penso che sia l’unico governo degli ultimi venti anni che sta facendo riforme vere e profonde), non si può che constatare come il suo percorso sia eminentemente politico e partitico; dalla Margherita al Pd, da presidente di Provincia a sindaco fino a segretario e presidente del Consiglio”.
Da qui la ricetta secondo Andreuccetti: “Se vogliamo governanti onesti e capaci dobbiamo sgomberare l’equivoco degli ultimi venti anni: il male – osserva – non è la politica e nemmeno i politici. Il male è la mancanza di competenza, onestà, adeguata preparazione; caratteristiche che, in politica, possono essere dispensate in un partito o movimento (chiamatelo come volete) che abbia strutture e mezzi adeguati e che come tale sia riconosciuto dai cittadini. Non si tratta di fare un salto nella Prima Repubblica, è però indispensabile dare nuova vita ai partiti con una legge che li disciplini, ne riconosca a pieno ruolo, dignità ed una precisa responsabilità nella formazione della classe dirigente. Partiti che non sprechino denaro, certo, che sappiano utilizzare al meglio la tecnologia ed i mezzi d’informazione contemporanei, ma pur sempre partiti con idee ed etica, anche comportamentale. Partiti che sappiamo riformare il sistema anche con la diminuzione degli sprechi e dei costi della politica, ma che poi sappiamo soprattutto preparare politici degni di tal nome, capaci di occuparsi adeguatamente della cosa pubblica dal piccolo comune al governo del paese”.