
Il no di Umberto Franchi, ex sindacalista Cgil, per il referendum costituzionale. Così spiega i motivi della scelta: “La parola d’ordine dei fautori del sì- dice – riguarda la necessità di cambiamento per governare l’Italia. Infatti nei vari interventi per sì che ho ascoltato, essi sostengono che appena fatte le elezioni si debba sapere chi ha vinto e chi ha perso. In sostanza viene riscoperta la governabilità decisionista che abbiamo già conosciuto in altre epoche. La “riforma” costituzionale con un Senato nominato a part-time tra consiglieri regionali e sindaci, assieme a quella elettorale (Italicum), viene identificata come qualche cosa dove un partito che è minoranza nel paese (ad esempio ha il 25 per cento), se arriva primo al ballottaggio (anche con un voto in più) prende il premio di maggioranza con il 54 per cento dei seggi, ed esclude tutti gli altri dalle decisioni. Di fatto il capo del governo diventa padrone di tutto il sistema politico”.
“Ma nel merito delle cose da fare, la governabilità a cosa serve? – si chiede Franchi – Come già dalla fine degli anni Settanta, la governabilità chiesta da Craxi e dopo la governabilità chiesta da Berlusconi anche la governabilità di Renzi serve a giustificare dure politiche di intervento legislativo sul mondo del lavoro, su quello del sociale, della scuola, e sulla accellerazione delle svendite ai privati di quanto è rimasto di beni pubblici in Italia. Tutto ciò per fare fronte agli alti interessi pagati sul debito pubblico (135 miliardi) ed all’impegno di ridurre il deficit dal 130 per cento al 60 per cento pagando per 20 anni 50 miliardi annui. Quindi la riscoperta della governabilità decisionista serve ad inebire ogni possibile maturazione di scelte economiche, sociali, civili e politiche alternative a quelle neoliberiste imposte da società finanziarie sovranazionali, con il bene placido del Fondo Monetario Internazionale, della Bce e della Commissione Europea”. Inoltre, prosegue Franchi “se malaguratamente dovesse vincere il sì al prossimo referendum assieme alla legge elettorale (Italicum) che conosciamo, nel governo del paese non avrebbero più peso le opposizioni politiche e sociali ed il governo non avrebbe più la necessità di mediare tra gli interessi dei poteri forti economici/finanziari e quelli popolari, dando risposte alle diversità di interessi. Potrebbe agevolmente indirizzare le proprie scelte contrarie al lavoro ed al sociale al servizio delle oligarchie finanziarie saltando i corpi intermedi e senza il consenso dei cittadini . Quindi la governabilità ha solo il significato di voler neutralizzare la vita democratica per fare passare scelte di stampo liberista”. “A partire dalla metà degli anni Ottanta – conclude – con una accellerazione dal 2007 (anno della crisi finanziaria mondiale) , le condizioni economiche/ sociali, i diritti, la qualità dello sviluppo, hanno subito un arretramento con ricadute drammatiche anche sull’occupazione, sui diritti e sulla qualità del lavoro sempre più precario. Le vere riforme, quelle necessarie per ricreare le condizioni di eguaglianza nei diritti, di giustizia sociale, quelle che andrebbero intraprese nelle scelte economiche per una conversione ecologica dell’economia e nel far pagare i costi della crisi colpendo i grandi patrimoni e la casta dei priveligiati, verrebbero di fatto cancellate e si aprirebbe una prospettiva di governo del capo padrone tutta legata ai poteri forti con un governo che non avrebbe nessuna necessità di rispondere alle diverse domande provenienti dal paese in quanto anche la prima parte della Costituzione verrebbe di fatto sterilizzata ed i movimenti nella società fortemente compressi”.