
La riforma costituzionale affronta anche modifiche al titolo V della Costituzione che riguarda la ripartizione dei poteri fra lo stato e gli enti locali. Nell’ambito di questa riforma è prevista l’abolizione delle Province che scompaiono come enti locali territoriali dal dettato dell’articolo 114. Restano in piedi dunque i Comuni, le Citta Metropolitane e le Regioni, definite come “enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione”. Trova così definitiva attuazione la riforma Delrio che ha già trasformato le Province in enti di secondo livello.
Cambia anche l’articolo 116 della Costituzione che pur mantiene le Regioni a statuto speciale Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta e l’autonomia delle province di Trento e Bolzano. A cambiare è il terzo comma dell’articolo che attualmente recita: “Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princıpi di cui all’articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata”.
La modifica è sostanziale perché modifica le possibilità di concessione di autonomie alle Regioni. Al momento, infatti, la stessa può essere concessa nelle materie del terzo comma dell’articolo 117 ovvero rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attivita ‘ culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale”. Le altre materie per cui era prevista tale possibilità erano poi l’organizzazione della giustizia e della pace, le norme generali sull’istruzione e la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.
Con la riforma, vista la complessiva modifica dell’articolo 117, che amplia la potestà legislativa delle regioni in alcune materia si vanno invece a specificare i temi in cui una legge, approvata da entrambe le Camere, ma non più come in precedenza a maggioranza assoluta, può stabilire condizioni di particolare autonomia purché, si specifica, la Regione stessa garantisca l’equilibrio di bilancio. Tali materie sono l’organizzazione della giustizi di pace, le disposizioni generali e comuni per le politiche sociali, disposizioni generali e comuni sull’istruzione; ordinamento scolastico; istruzione universitaria e programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica; le politiche attive del lavoro, istruzione e formazione professionale, il commercio con l’estero; tutela e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici; ambiente ed ecosistema; ordinamento sportivo; disposizioni generali e comuni sulle attività culturali e sul turismo e governo del territorio. Tutte materie che sono di esclusiva legislazione dello Stato e che in passato invece, come si evince dal precedente testo costituzionale, erano invece tema di legislazione concorrente.
Secondo il nuovo testo le condizioni di particolare autonomia potranno essere approvate anche su richiesta delle Regioni ma quella di ampliare le autonomie può essere anche una decisione autonoma del parlamento.