Referendum, regole e limiti per autonomia finanziaria enti

20 novembre 2016 | 10:28
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Referendum, regole e limiti per autonomia finanziaria enti

L’autonomia finanziaria degli enti locali territoriali è oggetto di una leggere modifica del testo dell’articolo 119 nella riforma in approvazione con il referendum del 4 dicembre. Il parlamento ha comunque preferito una completa riformulazione dello stesso. Dall’intero articolo è stato, ovviamente, eliminato ogni riferimento alle Province in quanto ente non più previsto dalla Costituzione.
Intatto, in pratica, il primo comma che afferma che “I Comuni, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea”. Gli enti locali territoriali, in sostanza, devono garantire non solo il proprio equilibrio di bilancio ma contribuire a concorrere ad osservare quelli che sono i limiti imposti dall’ordinamento europeo.

Tutti gli enti locali territoriali posseggono risorse autonome, come stabilisce il secondo comma, e possono stabilire ed applicare, così come in passato, tribute ed entrate proprie. Fanno parte delle risorse di Comuni, città metropolintane e Regioni anche le compartecipazioni dei tributi erariali riferibili al proprio territorio. Il tutto, oltre che in armonia con la Costituzione, come recita già l’attuale articolo 119 “secondo quanto disposto dalla legge dello Stato ai fini del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario”. In precedenza non si parlava di legge ma genericamente di “principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario”.
L’articolo 119 conferma l’istituzione del fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale per abitante mentre aggiunge un importante corollario al comma 4 dell’articolo. Si parla del finanziamento delle funzioni pubbliche di Comuni, Città Metropolitane e Regioni, che deve derivare integralmente dalle fonti di entrata indicate precedentemente ovvero tributi propri, trasferimenti statali, eventuali destinazioni del fondo perequativo. Ma tale spesa è sottoposta a un vincolo anch’esso legato all’approvazione di una legge. “Con legge dello Stato – si legge nell’ultimo periodo del “nuovo” quarto comma – sono definiti indicatori di riferimento di costo e di fabbisogno che promuovono condizioni di efficienza nell’esercizio delle medesime funzioni”. Dei limiti, in sostanza, alla possibilità di spesa degli enti locali secondo principi di efficienza e per evitare sprechi.
Intatti gli ultimi due commi dell’articolo. Innantitutto la possibilità da parte dello Stato di destinare fondi ulteriori a Comuni, Città metropolitane e Regioni “ Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni”.
Infine il patrimonio che ciascuno degli enti locali può possedere e la questione dell’indebitamento e i suoi limiti. Il patrimonio è attribuito a Comuni, Città Metropolitane e Regioni “secondo principi generali determinati dalla legge dello stato”. Quanto all’indebitamento gli enti possono ricorrervi “solo per finanziare spese di investimento, con la contestuale definizione di piani di ammortamento e a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio. È esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti”.

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