Referendum, gli scenari dopo il voto verso le comunali

5 dicembre 2016 | 11:11
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Referendum, gli scenari dopo il voto verso le comunali

Certo, è il momento dell’esultanza. Quello in cui sul carro del vincitore salgono tutti e su quello dei perdenti si medita riscatto per un futuro più o meno prossimo.
Ma a mente fredda merita fare alcune considerazioni sulla geografia del voto, anche in provincia di Lucca. Il dato finale, innanzitutto, sicuramente inferiore a quello nazionale ma in qualche modo pesante (53,45 per il no, 46,55 per il sì), trainato dal successo dei contrari alla riforma in tutti i Comuni al di sopra dei 15mila abitanti della provincia. Nemmeno i “feudi” renziani hanno retto nonostante una partecipazione massiccia al voto.

A cosa è attribuibile questo risultato, dunque? Non certo, non per la maggiora parte almeno, a una rivoluzione nelle preferenze degli elettori. Per permettere questi dati, infatti, un buon numero di simpatizzanti di partiti di sinistra e/o centrosinistra si sono schierati per il no. Così non fosse si dovrebbe pensare che in tutti i Comuni dove si è votato due anni fa per le amministrative hanno cambiato radicalmente bandiera. Si pensi a Borgo a Mozzano, a Capannori (dove per Menesini era stato un plebiscito al primo turno), ma anche alla stessa Altopascio che da meno di un anno ha cambiato bandiera e che a questa tornata elettorale ha visto uno dei dati più alti a favore del no al referendum. Difficile pensare, insomma, che in così poco tempo ci sia stato un trasloco così netto di voti dal centrosinistra ad altro schieramento (non dimentichiamo il Movimento Cinque Stelle). Il voto è stato, principalmente, anche per “fuoco amico” contro Renzi e contro il governo nazionale.
Non è un caso, peraltro, che in Comuni della provincia di Lucca dove si è votato di più per il no siano Seravezza e Stazzema, quest’ultima luogo della memoria della Resistenza e simbolo nazionale e internazionale delle stragi nazifasciste. Due comuni, peraltro, anch’essi di recente vinti dal centrosinistra a guida Pd.
Sbagliano, insomma, a parte cavalcare l’onda dell’entusiasmo, coloro che pensano di assommare a sé tutti i voti conquistati dal fronte del no. Sbagliano perché in quei voti ci sono anche quelli della minoranza del Pd, dei sindacalisti della Cgil, dei partigiani e dei filopartigiani dell’Anpi, ma anche di tanti uomini svincolati dai partiti che, anzi, alle elezioni politiche spesso proprio non ci vanno a votare.
Il fronte del sì, invece, è ascrivibile al Pd renziano e, per una parte, ai liberali di centrodestra guidati da un redivivo Marcello Pera. Lasciando da parte questi ultimi, che si giocavano molto del loro peso politico in questa tornata elettorale, la parte attualmente maggioritaria del Pd, salvo crolli e defezioni, paradossalmente rivendicherà questo risultato come segno di autosufficienza. E chiederà la primarie per le elezioni comunali, e candiderà un proprio nome in tutti i Comuni dove si andrà al voto.
Perché dopo essersi contati “da lontano”, sull’appoggio o non appoggio al sì al referendum, adesso serve una nuova conta interna che regoli i rapporti di forza per i prossimi anni.
Con una incognita, però, che è quella del destino del Pd nazionale. Se si aprirà la fase congressuale, infatti, e come si pensa il governatore Enrico Rossi scenderà in campo, inizierà a muoversi anche sui territori. E vorrà cercare di mantenere al loro posto i sindaci a lui più vicini: Del Ghingaro a Viareggio, Tambellini a Lucca e Bendinelli a Pistoia. E questo, nella partita a scacchi che sta per iniziare, potrebbe avere il suo peso.
E il centrodestra? Dal voto riceve sicuramente una spinta verso l’unità. Il no al referendum faciliterà e accelererà la pace all’interno di Forza Italia e l’alleanza fra partiti tradizionali. E la prospettiva di vittoria nei territori probabilmente risulterà attrattiva anche per le liste civiche di area che si sono formate nei mesi scorsi. Semmai ci saranno da tenere a bada le velleità della Lega Nord, che si attribuisce la palma di vincitrice morale di questa tornata elettorale attraverso il segretario nazionale, Matteo Salvini. Ed anche la posizione di Silvio Berlusconi, che in queste settimane è stata ondivaga sull’indicazione del futuro leader, del posizionamento elettorale e sulle alleanze, tornerà a contare, così come quella dei berlusconiani della prima e della seconda ora.
E poi c’è il Movimento Cinque Stelle, destinato ad essere variabile impazzita anche alle comunali del prossimo anno. Ma qui il tema delle alleanze non si pone: correrà da solo, cercando di raccogliere il consenso dei delusi di tutti gli schieramenti.
Un panorama complesso e in cui ogni mossa, a Roma, come a Firenze, come a Lucca, è destinata ad avere le sue conseguenze. E tanto dipenderà anche da se e quando ci saranno le elezioni legislative dopo le dimissioni da premier di Matteo Renzi.
Di sicuro in molti, anche quelli che hanno tenuto un atteggiamento più “coperto” nelle ultime settimane, adesso faranno sentire la loro voce. A questo punto nulla può essere escluso, dalla ritrovata unità del centrosinistra e del centrodestra a una diaspora in movimenti e liste civiche che moltiplicherà programmi e candidati.

Enrico Pace