Piano strutturale, Sonnenfeld: “Obiettivo riqualificare le periferie”

L’obiettivo del piano strutturale? Riqualificare le periferie. La pensa così Memo Sonnenfeld, già consigliere comunale di Vivere Lucca. “Dal mio punto di vista – dice – l’obiettivo principale rispetto al quale la nuova strumentazione urbanistica deve essere valutata è la riqualificazione delle nostre periferie. Offese e degradate dall’urbanizzazione anonima e selvaggia che ha avuto la massima esplosione sotto la gestione Fazzi e Favilla, ma che, dal dopoguerra ha progressivamente compromesso tutta la periferia urbana. La residenza si è estesa nel tentativo di immergersi sempre più nella campagna alla ricerca di luoghi più tranquilli. Si è sviluppata accerchiando corti e capanne, quando andava bene in lotti con giardino e retrostante orto, quando andava male in blocchi anonimi o schiere disposte in lottizzazioni rispettose della proprietà fondiaria strutturata all’uso agricolo ma in contrasto con un utilizzo residenziale all’altezza delle esigenze odierne”.
“Il confine – prosegue – il limite posto all’espansione della città (area urbanizzata) dalla legge 65/2014 (Marson) vuole giustamente interrompere l’espansione incontrollata della città delimitando un perimetro nel quale sia possibile realizzare una riqualificazione del costruito sottraendo il processo di urbanizzazione alla stretta e miope logica della resa fondiaria, fino ad oggi dominante. Ci riuscirà? Personalmente condivido l’obiettivo e mi pare che anche il piano strutturale adottato, migliorato dalle osservazioni accolte, sia costruito con il medesimo intento.
In urbanistica si sta diffondendo il concetto di pianificazione a “crescita zero” sviluppato nel mito pseudo ambientalista del “consumo di suolo”. E’ giusto?, è sbagliato? Questo interrogativo tratto da una delle 10 tesi di Ugo Sasso pubblicate dall’Istituto Nazionale di Bioarchitettura, ci invita a riflettere sullo slogan “consumo di suolo zero” sposato acriticamente da alcuni cementificatori di ieri e ambientalisti di oggi. Nel caso della nostra città introdurre nel piano strutturale in discussione il principio del consumo di suolo zero nei prossimi 15-20 anni significherebbe di fatto congelare il disastro prodotto e difendere le rendite di posizione dei “privilegiati” di oggi, obbligare la domanda di nuova residenza (giustamente ridotta nelle previsioni con l’accoglimento dell’osservazione regionale) a recuperare un costruito (male e lontano dalla domanda reale) in assenza di standard che facilitino la relazione sociale e contribuiscano a rendere migliore la qualità della vita nella periferia urbana”.
“Oggi siamo arrivati al punto – spiega – che per realizzare il parcheggio necessario alla scuola elementare di San Pietro a Vico, il Comune è, nei fatti, costretto dalle normative vigenti e dalla indisponibilità di adeguate risorse, a venire a patti con la proprietà del molino, abbandonato da decine di anni, la cui proprietà, in cambio, vuole concessioni sulle potenzialità edificatorie dell’area, una bomba non facile da gestire, prodotta da una normativa urbanistica che, dopo il fallito tentativo dell’onorevole Fiorentino Sullo nel 1962, è stata completamente affidata alla speculazione fondiaria dei grandi possidenti con conseguente inquinamento e corruzione del ceto politico che si forma, appunto, nella gestione dell’urbanistica comunale. Per esemplificare la condizione attuale della periferia urbana che meglio conosco è sufficiente cercare a San Vito un parcheggio per fare acquisti in quel piccolo centro commerciale intorno al Catelli o volersi recare al Centro per l’impiego, oppure a trovare un amico in via delle Pierone o in via di Cianciano; se, abitando in via dei Gianni, volessi fare una festa ed invitare dieci amici, dovrei organizzare un servizio navetta dal parcheggio del Carrefuor, oppure volessi andare a comprare il pane al forno in via dei Capannoresi, sostare al bar del Borghetto fino ad arrivare in corte Cucchi dove manca anche lo spazio per esporre i bidoni della raccolta differenziata, certamente non troverei una periferia urbana adeguata alle esigenze della residenza. Senza parlare poi degli spazi verdi, dei percorsi pedonali del footing lungostrada, di spazi pubblici di aggregazione eccetera. La riqualificazione delle periferie richiede soprattutto un modo nuovo di organizzare e facilitare le relazioni ed i bisogni della residenza e il nuovo piano strutturale apre a questa nuova possibilità. Quantifica il fabbisogno di nuova residenza nei prossimi 15-20 anni (ridimensionato in accoglimento delle osservazioni regionali), stabilisce che nel primo quinquennio si possa realizzare massimo il 30 per cento di quanto globalmente previsto, sottopone il processo edificatorio ad un attento monitoraggio (carenza determinante nel vecchio piano). Infine nell’area urbanizzata la nuova edificazione dovrà procedere in parallelo al recupero, cioè non si potranno occupare 1000 metri quadri di nuovo suolo se non se ne recuperano altrettanti dal riuso di edificato inutilizzato. Ultimo aspetto che riguarda la nuova edificazione, proprio per cercare di sopperire alla ferita inferta dalla recente cementificazione, mediamente, nel caso di occupazione di nuovo suolo, dovrà essere ceduto al Comune (per realizzare aree verdi, parcheggi eccetera) la proprietà di un’area pari al 50 per cento dell’area costruita”.
“Un meccanismo virtuoso – commenta Sonnenfeld – che, per raggiungere pienamente l’obiettivo, dovrà essere accompagnato da risorse strategiche di carattere nazionale promesse…ma più di ciò, nel contesto attuale, credo un comune difficilmente possa fare. Nelle mie personali verifiche sulla cartografia del piano strutturale ed in particolare del confine tra l’area urbanizzata e l’area agricola, ho potuto constatare che, soprattutto nell’area est che conosco meglio, quel confine è sostanzialmente aderente alla realtà e pare chiaro il tentativo di recuperare i cunei di verde indicati da Benevolo e fortemente intaccati dal regolamento urbanistico di Fazzi. Anzi, a mio parere, si è mantenuta all’esterno dell’area urbanizzata un’area a sud del Tondo di San Vito che non appare certamente un’area agricola. A mio avviso risulta utile che alcune aree ad oggi formalmente definite come agricole facciano parte del territorio urbanizzato quando sono necessarie alla ridefinizione e riqualificazione della città. Esiste anche un verde urbano che non sia necessariamente un parco pubblico. Le norme del piano strutturale adottato, a garanzia che tali aree verdi mantengano le loro caratteristiche e le loro funzioni, ne tutelano la non edificabilità. Ad ovest della città, nella zona di Sant’Anna, si troverebbero i 100mila metri quadri di aree agricole inserite impropriamente nell’area urbanizzata (e che quindi, secondo l’accusa, il prossimo piano operativo potrebbe rendere edificabili). Questa accusa sbandierata con minacce di ricorso alla giustizia penale da alcuni consiglieri di opposizione, rientra ufficialmente nella categoria delle farneticazioni dopo le controdeduzioni dell’ufficio tecnico alle osservazioni che hanno sollevato il problema. Tutto tranquillo, fine alla speculazione privata ed alle spinte cementificatorie? No, certamente. In questo senso sarà determinante la prossima amministrazione che gestirà il piano operativo”.