Giorno memoria, il diario di Boggi: “La storia dei campi segnale di pericolo anche per il futuro”

Di ritorno dai campi di Auschwitz con il treno della Memoria, il consigliere provinciale di Lucca Nicola Boggi prosegue nel suo racconto di viaggio viaggio. “Amo molto viaggiare – scrive Boggi sui social – ed uno degli momenti più personali dei miei viaggi è proprio il ritorno. Può apparire una contraddizione in termini ma è ciò che provo ogni volta, forse per il continuo combattimento interiore fra la grande curiosità che mi spinge ad osservare il mondo ed il viscerale sentimento per la mia terra ed i miei affetti; in due parole è bello per me viaggiare perché poi so che si ritorna a casa. Anche in questa occasione provo questo particolare stato d’animo seppur molto più compresso vista l’unicità dell’esperienza vissuta”.
“Sono stati giorni – racconta – che ci hanno costretto a misurarci coi livelli più estremi della crudeltà di cui l’uomo è stato capace.
Giorni per alimentare una memoria certamente ma anche giorni nei quali ci siamo impegnati affinché questa memoria possa essere proattiva: orientata affinché le nostre coscienze ci spingano sempre più ad essere sentinelle di democrazia e civiltà. Abbiamo visitato cimiteri grandissimi senza tombe, siamo rimasti senza parole di fronte a tali atrocità ed abbiamo pensato come tutto ciò sia stato possibile. Poi, tornando a casa, penso ai cimiteri senza tombe di oggi: su tutti il nostro Mar Mediterraneo e, confesso, rabbrividisco pensando ai commenti di taluni rispetto a questa nostra tragedia contemporanea. L’edizione 2017, la decima del Treno della Memoria della Toscana, è stata dedicata al ricordo di Primo Levi. Come concludere, quindi, il mio personale racconto di questi giorni se non con un estratto dall’introduzione del suo libro Se questo è un uomo. V’invito alla lettura e ad una vostra riflessione sul nostro tempo”.
“A molti, individui o popoli – conclude il consigliere – può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che ‘ogni straniero è nemico’. Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all’origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena, sta il Lager. Esso è il prodotto di una concezione del mondo portata alle sue conseguenze con rigorosa coerenza: finché la concezione sussiste, le conseguenze ci minacciano. La storia dei campi di distruzione dovrebbe venire intesa da tutti come un sinistro segnale di pericolo”.