L’imprenditore Rumbo e la campagna elettorale: “Pochi contenuti, tanto gossip. Ma qualcuno alla fine dovrà dire come governerà”

Riceviamo e pubblichiamo una lettera dell’imprenditore Pierluigi Rumbo, che interviene sulla campagna elettorale per le elezioni amministrative e sui toni, a volte sopra le righe, del dibattito politico.
Chi di noi almeno una volta nella vita, non ha visto in tv la scena di Totò con il megafono che grida “Vota Antonio La Trippa”? O chi non ha assistito a qualche comizio elettorale, dove sul palco l’esponente politico di turno arringava la piazza, esponendo il proprio pensiero, i propri punti programmatici, e dalla platea scrosciavano applausi oppure fischi, a seconda che adesprimere il proprio parere fossero sostenitori o detrattori di quel candidato, di quella lista civica o di quel partito politico. Chi di noi non ha visto tutto questo almeno una volta nella vita, almeno in tv? Probabilmente ai ventenni di oggi, a coloro che si trovano alle prime esperienze elettorali, questo racconto potrebbe apparire come preistoria. Eh già, perché al tempo in cui addirittura Gianni Morandi fa un “featuring” con lo youtuber Fabio Rovazzi, ormai tutto viaggia in rete. Facebook, Twitter, Instagram, la comunicazione corre sul web e la politica non è da meno, nemmeno quella locale. I barbieri di oggi, quei pochi che sono rimasti, sono i primi ad essersi accorti di questo cambiamento epocale; un tempo le barberie, così come i bar, erano luoghi animati da coloriti diverbi politici; gli amici di una vita si azzuffavano verbalmente sostenendo una od un’altra parte politica. Volavano parole grosse, il clima si faceva concitato; gli storici compagni di briscola e tre sette sembravano divenuti d’improvviso acerrimi nemici, ma finita la discussione politica, si ritornava a parlare di calcio e di donne o si rimescolavano le carte per una nuova briscola e la normale routine, la tranquilla vita di paese, riprendeva il suo posto.
Ma questa non è preistoria, non importa tornare al bianco e nero per ricordarsi queste scene. Oggi invece tutto è più subdolo; panta rei, sì però sui social: in tempo reale, ma mai vis à vis. Lo schermo del pc, la virtualità, ha la capacità di trasformare Don Rodrigo in Don Abbondio, c’è chi si nasconde dietro profili fake o chi invece almeno ci mette la faccia, usando espressioni e toni che spesso travalicano il buon senso e l’attinenza politica. L’assenza di confronto diretto e del contraddittorio, legittimano alcuni a vomitare in rete qualsiasi cosa, sottovalutando spesso la potenza del mezzo tecnologico e non considerando che qualsiasi attività social, innesta dal punto di vista della comunicazione e del marketing un processo di diffusione a catena di tipo esponenziale, che nessuno è più in grado di arrestare, nel bene e nel male. I comizi e gli incontri non sono però spariti del tutto, fortunatamente, ma pare che la tendenza sia sempre più quella di renderli autoreferenziali e di parlare prevalentemente ai propri sostenitori. Ciascuno va ad ascoltare il proprio candidato, ritenendo di poco interesse approfondire la conoscenza dei programmi di governo della parte avversa. I politicamente indecisi, sembrano quasi non interessare più a nessuno.
Ma del resto questa problematica legata al web è ben nota a tutti ed i casi di cyberbullismo sono purtroppo all’ordine del giorno. Qui però non stiamo parlando di adolescenti problematici, alle prese con la propria identità sociale, ma parliamo di adulti che si propongono di governare le nostre città e di liberi cittadini che esprimono i propri pensieri, come fiumi in piena, a volte ignari delle conseguenze delle proprie parole, solo perché queste conseguenze si manifesteranno dopo qualche ora, in maniera differita, ma ugualmente grave. Nelle discussioni faccia a faccia, la mimica ed il tono della voce aiutavano meglio ad intendersi. La comunicazione on line invece, così ermetica dal punto di vista emozionale, spesso causa fraintendimenti che innescano un nuovo vortice inarrestabile, fatto di tweet e post al veleno.
In tutto questo però c’è una gran penuria di programmi elettorali, di punti programmatici. Come se di questo non ci fosse tempo di parlare sui social o come se, esprimere un giudizio positivo o negativo su un argomento attinente ai programmi elettorali, non facesse guadagnare abbastanza “mi piace”. Ed allora è meglio andare sugli apprezzamenti personali, perché quelli sì che infiammano le discussioni on line. Poi però, con comodo, qualcuno dovrà anche pensare ad amministrare bene le nostre città.
Pierluigi Rumbo