Mammini alla sfida del voto: “Ora il piano operativo”

9 giugno 2017 | 08:55
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Mammini alla sfida del voto: “Ora il piano operativo”

Serena Mammini, assessore uscente, si candida anche per la prossima consiliatura nelle liste del Pd. La abbiamo incontrata alla vigilia del voto per una riflessione sugli ultimi cinque anni di mandato e sul futuro dell’amministrazione e della politica in città.

Come nasce il tuo interesse per la politica e quando?
Figlia di due genitori abbastanza litigiosi, mi sono spesso trovata nelle condizioni di placare gli animi per riportare concordia: una prima palestra, questa, di politica intesa come ricerca di un punto di equilibrio tra posizioni differenti. Poi, studiando, mi sono appassionata soprattutto alla storia risorgimentale, al lungo lavoro per compiere l’Unità d’Italia. Mi ha affascinata la figura di Mazzini e appena ho raggiunto la maggiore età mi sono iscritta al Partito Repubblicano. Ascoltavo Radio Radicale e nei primi anni dell’università andavo ad attaccare i manifesti. Quando poi nel 1994 è nata Vivere Lucca mi sono avvicinata come cittadina alla politica locale e all’esperienza del forum democratico. La mia tesi è stata una ricerca d’archivio sul Catasto a Lucca nel XIX secolo, che mi ha impegnata nella lettura di molte missive dei nostri amministratori del periodo borbonico: mi colpì profondamente la cura e l’attenzione per la città, per la cosa pubblica, anche nella forma in cui erano confezionate le lettere. Anni di cambiamento per Lucca, con la fondazione dell’istituto musicale, la costruzione dell’acquedotto del Nottolini, l’istituzione dello stesso Catasto: attraverso gli atti ho rivissuto e ricostruito i movimenti di quell’epoca e ne ho assorbito lo spirito propositivo.
Dal 2002, quando sono stata eletta consigliera della circoscrizione 7, faccio politica attiva. Ero una convinta ulivista, ho poi aderito al progetto del Pd e ora siamo qua, un pochino scontenti di come stanno andando le cose. Io non credo all’uomo solo al comando ma nella politica come azione collettiva con una figura carismatica che riesca a catalizzare gli interessi degli altri.
Cosa ti ha spinto a credere nel progetto per Alessandro Tambellini sindaco, 5 anni fa e adesso?
Tambellini l’ho conosciuto ai tempi di Vivere Lucca e mi piacque come persona, per il suo approccio preparato alle questioni. Quando io ero in circoscrizione lui era capogruppo in consiglio comunale e quindi ci frequentavamo per le istanze del territorio che rappresentavo. Ho lavorato con lui più assiduamente dal 2007, quando siamo stati entrambi eletti in consiglio comunale, e ne ho apprezzato la serietà, lo spessore umano e l’attaccamento alla città. Un aspetto meno conosciuto di lui è la simpatia, la conoscenza anche di tante storielle. Ricordo la prima volta che sono salita nella sua macchina: lui scese e mi aprì lo sportello. Un’attenzione per lui naturale, da uomo di altri tempi, che mi affascinò molto. Mi piacevano i suoi lunghi e appassionati discorsi capaci di fare chiarezza sui problemi. Ora che abbiamo avuto l’opportunità di gettare le basi per un nuovo modo di governare ne apprezzo ancora di più l’impegno e credo che questa esperienza debba proseguire, per lasciare una traccia importante per la città. Si chiude un libro, se ne apre un altro e ora dobbiamo scrivere un’altra storia. Il primo mandato è stato difficile e senz’altro anche il secondo lo sarà, se lo sarà, ma credo che i tempi siano maturi per raccogliere i frutti di un lavoro molto complicato e faticoso. Tambellini è un uomo e un sindaco che si risparmia poco, non si tira indietro dagli impegni, talvolta anche troppo.
Qual è stato il momento più difficile della tua esperienza nella giunta Tambellini?
Questi ultimi 4 anni sono stati tutti molto complessi: dalla vicenda di piazzale Verdi alla questione della Manifattura, a dover iniziare un Piano Strutturale con poche risorse e una legge regionale di riferimento che di lì a poco sarebbe cambiata ma non sapevamo quando.
E qual è stata invece la soddisfazione più grande di questi anni?
Sono contenta di aver raggiunto tutti gli obiettivi che mi ero prefissata. Purtroppo con un’amarezza di fondo perché alcuni momenti sono stati un po’ sciupati dalle polemiche senza sostanza ma con molta violenza. C’è stato il tentativo di distruggere la spinta ad andare avanti e di creare una nuova storia per la città. È stato bello il giorno in cui abbiamo approvato il piano strutturale dopo ore e ore di consiglio comunale e quando abbiamo vinto la causa per piazzale Verdi. Se la ditta ha accettato la proposta di rimborso delle sole spese vive sostenute per i lavori, come previsto dalla legge e niente di più, rinunciando alle iniziali richieste, significa che non ci eravamo sbagliati. Grande soddisfazione, poi, per la vittoria dei numerosi bandi a cui il Comune ha partecipato. E poi ci sono le piccole cose quotidiane che conferiscono senso a questo impegno. Penso agli incontri con i ragazzi delle scuole che hanno partecipato al concorso di idee per il piano strutturale, ai sopralluoghi in uno spazio imponente e identitario come la Manifattura per verificare l’avanzamento dei lavori – e molto presto la gru tornerà a girare.
Un merito e un difetto di questa amministrazione?
Il merito è quello di aver cambiato la rotta di un modo di amministrare. Non ci dimentichiamo che la giunta precedente era composta da 14 persone, noi ci siamo trovati in 8 e le problematiche non erano certo minori dell’epoca Favilla. La serietà poi, la costanza, la determinazione e la dedizione di tutta la squadra sono da sottolineare. Non ci siamo risparmiati su niente e abbiamo riallacciato legami e dialoghi con gli enti: le Ferrovie, la società Autostrade, l’Anas, la Regione Toscana, l’Autorità di Bacino, la Soprintendenza. La situazione iniziale era parecchio compromessa: per la questione di piazzale Verdi l’amministrazione comunale non parlava più con la Soprintemdenza. Noi abbiamo ricostruito un rapporto, addirittura alcuni atti consiliari – penso all’atto di indirizzo per la Manifattura – sono stati costruiti insieme e questo mi sembra un bel passaggio. La collaborazione è fondamentale per raggiungere gli obiettivi, da soli andiamo poco lontano. Il refrain di una “sudditanza dalla Regione” è da sfatare: guardiamo quante risorse ci ha dato la Regione e chiediamoci se ci sono cose che non volevamo fare che la Regione ci ha invece costretto a fare. Si vedrà che non ce ne sono. Andavamo verso la perdita dei finanziamenti Piuss e la Regione ha lavorato con noi perché, con un accordo di programma, si potessero rimodulare progetti e linee di finanziamento. D’altronde a maggio 2012 la situazione ereditata aveva già accumulato grossi ritardi ed era impossibile portare a termine cantieri di quelle proporzioni entro il 2013; i progetti, inoltre, non stavano in piedi.
Il difetto che riconosco alla nostra prima esperienza di governo è l’essersi concentrata molto sulle problematiche amministrative tralasciando, qualche volta, quelle dell’elaborazione politica. Se tornassimo indietro però probabilmente faremmo lo stesso perché di fronte a problemi contingenti non si può fare diversamente. Dovremmo poi investire maggiormente sulla macchina comunale, sebbene le risorse siano scarse.
Quali sono le priorità per il quinquennio 2017-2022?
Continuare il filone aperto, gestire al meglio le risorse trovate per i quartieri e andare alla ricerca di ulteriori risorse per uscire sempre più dal centro e andare verso le frazioni. Tutte le amministrazioni comunali, in Italia, si trovano in difficoltà economica. La politica del buon padre di famiglia, in questi anni, ci ha portati a investire laddove abitano più persone. L’obiettivo adesso sarà cercare risorse per la difesa del suolo e le manutenzioni, che io definisco l’abc. Deve essere trovato un ritmo nella cura del territorio: a me piacerebbe ripristinare il settore parchi e giardini, per migliorare il decoro della città. Lucca ha un grande patrimonio verde, da curare e incentivare: di alberi ne abbiamo piantati pochi ultimamente, vorrei che tornassimo a farlo. Gli alberi, anche quelli delle Mura e della circonvallazione, sono tanti e imponenti e hanno bisogno di manutenzione costante. Mi piacerebbe riprogettare le vie d’accesso alla città come viale San Concordio, viale Luporini, viale Castracani, l’ultima parte del Brennero, così come riprogettato vorrei che fosse lo spazio urbano – obiettivo del prossimo piano operativo. Con il piano strutturale abbiamo creato la cornice, adesso cambieremo il disegno nel dettaglio. Sono stati costruiti appartamenti in aree dove ci sono strade che vanno a chiudersi, prive di parcheggi a servizio dell’abitato; i marciapiedi e le piste ciclabili sono carenti, e in un tessuto fortemente urbanizzato come il nostro è difficile andare ora a intervenire per realizzare queste infrastrutture in piena sicurezza ma accogliamo la sfida. Per riprogettare la maglia del vivere quotidiano mi piacerebbe incentivare le connessioni interne ai quartieri, riaprendo accessi oggi chiusi a servizio di pedoni e ciclisti. Il piano strutturale già individua alcuni di questi luoghi e il Piano Operativo procederà nel dettaglio. Sarà uno strumento che richiederà un notevole sforzo economico per l’impiego di professionalità che dovranno compiere rilievi approfonditi di tutto il territorio e schedare le case sfitte, come richiesto dalla legge. Mi piacerebbe che il percorso per il piano operativo fosse accompagnato dalla Casa della Città, un luogo fisico per condividere e mettere insieme esperienze diverse. Probabilmente questo spazio avrebbe frenato alcune polemiche sorte sulla partecipazione per il piano strutturale, frutto di un malinteso. I momenti di incontro ci sono stati, sono stati comunicati sulla stampa, su Facebook, con mailing list ma alcune persone avrebbero voluto esserci proprio nella fase tecnica, quando veniva tracciato il perimetro del territorio urbanizzato – ma quello avrebbe invece generato ingerenze sul Piano, non è stato e non doveva essere possibile.
Quali sono i tuoi punti di riferimento umani e valoriali?
Io sono cristiana e il mio faro è la figura di Gesù Cristo. Negli ultimi anni purtroppo ho perso molte persone con le quali mi confrontavo spesso anche sulle questioni cittadine, persone che mi sono mancate e che mi mancano. Conoscenze che hanno arricchito il mio percorso e che rimangono, anche nella distanza. I valori che porto con me sono la correttezza verso l’altro, il cercare di mettersi sempre in discussione, il non giudicare a priori. Credo nella famiglia, nell’onestà, nella fedeltà. Credo nella trasparenza, le bugie non mi piacciono, non le so e non le voglio gestire. Un valore per me imprescindibile, in politica e nelle relazioni, è la laicità. Vorrei lasciare di me alla città un segnale di bello e buono e per questo cerco di operare per il bene mettendo di lato l’ego. Chiaramente chi fa politica ha anche un ego importante, ma c’è comunque la consapevolezza che può essere messo da parte, che può accompagnare l’azione quotidiana senza essere predominante: la politica è prima di tutto collaborazione, relazione e condivisione con l’altro. Immagino una città dove stare bene e spesso ho usato la parola “felicità”, intesa come raggiungimento momentaneo di un equilibrio. Più si è elevati spiritualmente e più si riesce a stare nella vibrazione della felicità: la politica può fare, anche in questo, la sua parte. Avverto forte il senso del sacrificio per il raggiungimento di obiettivi che reputo giusti, la tendenza a mettere alle volte in secondo piano anche il fisiologico tempo per se stessi. Chi fa politica è sempre collegato mentalmente alle questioni che segue, non stacca mai. La responsabilità del ruolo e l’attenzione rimangono sempre a livelli alti. Il lavoro dell’assessore poi è particolare perché necessita che altri facciano, in concreto, quello che va fatto per centrare l’obiettivo posto. Dopo anni di lavoro a partita Iva ero abituata a contare sulle mie sole forze e in alcuni momenti ho sofferto un po’ questa diversa impostazione. Ho comunque voluto mettere a disposizione le mie competenze professionali come grafica, sebbene consapevole che quello non fosse un compito specificatamente mio, per conferire una linea, un’immagine univoca e riconoscibile agli elaborati del piano strutturale e ai manifesti degli appuntamenti svolti nel percorso per la sua redazione.
Perche votare per te l’11 giugno? E perché per il Pd?
Per me perché sono brava (ride). Perché penso che sia un investimento sicuro, di continuità su un filone di rinnovamento certificato. Il Pd in questo momento non gode di ottima salute ma è un partito presente, una realtà strutturata e non si abbandona la nave in un momento di difficoltà. La mia è una scelta di coerenza, sono nel Pd dalla sua fondazione, sono consapevole che negli ultimi anni abbiamo dilapidato un patrimonio di consensi e questo lo dobbiamo a chi ha operato a livello nazionale. Lo dico senza additare nessuno, non mi interessa dare colpe a questo o a quello ma qualche errore, evidentemente, è stato fatto. Al referendum del 4 dicembre ho votato sì perché pensavo che fosse necessario dare un segnale. Non so di preciso cosa voglia dire essere “renziani” a Lucca e comunque le etichette a me non interessano: se “renziano” è essere preparati, determinati e avere un progetto da portare avanti allora sì, sono “renziana”.
Di chi non vorresti mai ricevere il voto?
Chi fa politica deve essere inclusivo al massimo. Se non ci sono motivi di incontro oggi con alcune persone, non è detto che non ci saranno mai: tuttavia dobbiamo rimanere entro alcuni principi, non mi piacciono le “marchette”. La “poliEtica”, per me, è un orizzonte di valori di onestà e serietà entro cui stabilire contatti. Lontani da me sono il razzismo, la non uguaglianza delle persone, la non correttezza. Mi piacerebbe ci fosse una certa pulizia morale reale, nella libertà più totale di espressione e nel rispetto di se stessi e degli altri.
Cosa auguri alla tua città?
Di essere bene amministrata, di essere accogliente e più felice possibile. Le auguro salute, intesa anche come serenità e sentimento di appartenenza.