
“Le migrazioni sono una sfida ma anche una grande opportunità. Per coglierla, però, bisogna cambiare prospettiva di analisi e strategia politica. Non c’entra niente il buonismo o l’essere di sinistra: c’entrano l’intelligenza dei fatti e la volontà politica di governarli”. Così il sindaco di Viareggio, Giorgio Del Ghingaro, interviene sul tema proprio nel giorno in cui è sfumata, per il momento, la nascita di un mini centro di accoglienza per richiedenti asilo a Viareggio.
“Le migrazioni internazionali – dice Del Ghingaro – sono cresciute moltissimo nel corso degli ultimi anni, anche se non coinvolgono più del 3 per cento della popolazione mondiale. In alcune aree del nostro pianeta (Mediterraneo, Paesi Arabi, Stati Uniti, eccetera) costituiscono ormai un fenomeno strutturale che produce impatti sui differenziali demografici, di opportunità lavorativa, di sicurezza e di benessere. Anche in Italia le migrazioni sono un fenomeno strutturale che riguarda cinque milioni di persone, ovvero l’8.3 per cento della popolazione residente. Tuttavia il dibattito pubblico e la stampa insistono a guardarne solamente lo spicchio dei richiedenti asilo (che, per quanto importante, nel 2016 non ha coinvolto più di 123600 persone (lo 0,02 per cento dei residenti) e a concentrare l’attenzione su aspetti problematici rilevanti ma di scarso respiro”.
“Ogni volta che parliamo di migrazioni – dice il sindaco di Viareggio – la destra evoca ad esempio lo spettro dell’insicurezza. Sappiamo bene che la lotta contro il degrado e la repressione della microcriminalità sono attività fondamentali e anzi assolutamente da intensificare. Sappiamo però altrettanto bene che queste da sole non potranno risolvere il problema se non saranno affiancate dal rilancio (e dal rifinanziamento) delle azioni più generali di contrasto della criminalità organizzata, dell’economia illegale, della tratta degli esseri umani e del lavoro nero che sono le vere ragioni di permanenza e di sostentamento dei criminali nel nostro paese. Dalla parte opposta dello schieramento politico, la parola d’ordine è integrazione, anche se non sempre se ne comprende appieno il senso, né si ha consapevolezza dei percorsi per raggiungerla. Non si tratta di italianizzare gli stranieri neutralizzando le differenze; né di balcanizzare le comunità trasformando le nostre città in puzzle fatti di enclave. L’integrazione è un processo molto delicato di sintesi tra modelli sociali e istituzionali diversi, affermando modelli di convivenza sensibili alle differenze culturali entro i limiti dell’ordinamento vigente. Per garantirci le opportunità che stanno dentro una migrazione equilibrata e basata sulla sicurezza e sull’integrazione, dobbiamo fare scelte cruciali e strategiche”.
“Prima di tutto – è l’idea di Del Ghingaro – è necessario contrastare le cause dell’immigrazione irregolare promuovendo lo sviluppo umano, socio-economico e democratico dei paesi di origine. Se perseguito con una strategicità capace di andare oltre il miope “aiutiamoli a casa loro”, nel medio periodo questo sforzo ridurrà i differenziali che stanno a monte della maggior parte dei flussi migratori attuali e stabilirà partenariati privilegiati tra il nostro paese e le nuove economie emergenti dell’Africa settentrionale e sub-sahariana. In secondo luogo sarebbe auspicabile, come hanno fatto altri paesi europei, la Germania in primis, promuovere una immigrazione di qualità, riaprendo i canali di ingresso per motivi di studio o di lavoro, superando il modello di ingresso “a chiamata” e attivando nuove procedure per la concessione dei visti e dei permessi di soggiorno basate sulla selezione delle competenze e dei progetti migratori. Solo in questo modo potremo selezionare le energie e le professionalità di cui il paese ha bisogno. Bisogna poi rafforzare l’integrazione degli stranieri regolari, attraverso il riconoscimento della cittadinanza dei giovani nati da genitori stranieri ma cresciuti in Italia e il contrasto severo di ogni forma di discriminazione di tipo xenofobo o etnico-razziale. Allargare gli orizzonti del dibattito e promuovere una più complessiva visione del mondo è fondamentale: la globalizzazione non è uno slogan e meno che mai rappresenta una condizione di vantaggio che spetta ad alcuni per diritto di nascita. La globalizzazione è un processo storico che grazie alla valorizzazione delle differenze e della possibilità di metterle in relazione tra di loro ha originato incredibili opportunità di tipo culturale, sociale ed economico. La presenza di cittadini stranieri nelle nostre città, nelle scuole dei nostri figli e nei luoghi del nostro lavoro può e deve aiutarci a fare esperienza del mondo e delle interconnessioni che lo attraversano”.
“Molte di queste scelte – commenta Del Ghingaro – sono di competenza degli stati nazionali. Molte altre rientrano però nelle possibilità strategiche dei governi territoriali: le Amministrazioni locali possono e quindi devono promuovere programmi di cooperazione decentrata. L’immigrazione è una realtà. Occorre saper coniugare insieme quel principio dell’accoglienza che ha sempre innervato l’anima profonda del nostro Paese con un altro principio, non meno necessario, quella della legalità, di cui tutti si avverte la necessità per la convivenza sociale. L’integrazione sicura e la convivenza virtuosa tra soggetti diversi, non solo è possibile: è necessaria. Una comunità consapevole, matura, coesa, deve saper accogliere e includere. Le barricate non aiutano nessuno: inaspriscono i toni, alzano muri, aumentano la diffidenza. Per dirla con le parole del sociologo Zygmunt Bauman: “Le porte possono anche essere sbarrate, ma il problema non si risolverà, per quanto massicci possano essere i lucchetti. Lucchetti e catenacci non possono certo domare o indebolire le forze che causano l’emigrazione; possono contribuire a occultare i problemi alla vista e alla mente, ma non a farli scomparire””.