Terremoto Pd, lasciano in cinque anche a Capannori

7 novembre 2017 | 12:32
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Terremoto Pd, lasciano in cinque anche a Capannori

Terremoto Pd, è addio per cinque anche a Capannori. E’ questo il senso del documento firmato dal consigliere comunale Alberto Paradisi e da Piero Paiano, Giovanni Lencioni, Loris Banducci e Moreno Scatena: “La decisione di abbandonare il Pd per chi ha contribuito a crearlo non è certo facile – dicono – però è necessaria e prioritaria per rilanciare un corso politico che nel Pd si è esaurito. Il Pd di Veltroni non esiste più, in poco tempo il senso di comunità e i contenuti l’idea innovativa di quel progetto è naufragata. Uniti nelle diversità era più che un motto era il modo di stare in un partito che raccoglieva due grandi anime della politica del passato. Oggi purtroppo non solo manca il confronto e la partecipazione ma si rinnegano valori che fino a pochi anni fa erano elementi fondanti del partito”.

“Non faremo – spiegano gli esponenti politici – l’elenco delle cose che non vanno. Ci limitiamo a dire che lavoro, ambiente, scuola, sono argomenti dolenti, Per ultimo la legge elettorale che, a pochi mesi dal voto, sarà definita a colpi di fiducia. Quale partito avvia un percorso di “riforme” non ascoltando le parti sociali, non accogliendo i consiglio i suggerimenti di una parte del partito, del parlamento dei sindacati? La frase del segretario del Pd sui sindacati contrari al job-act è stata: “Se non sono d’accordo ce ne faremo una ragione”. Il ciaone del segretario del Pd durante il referendum sulle trivelle, ad urne aperte, mentre migliaia di nostri elettori andavano a scegliere, ci ha profondamente ferito. Ebbene, in questo partito abbiamo sopportato di tutto. Abbiamo accettato la derisione di molti dei nostri ideali e lo sberleffo postato sui social. I temi a noi più cari sono stati trattati in questa maniera. La tradizionale vita nel partito, fatta di periodico ascolto della base e sintesi delle proposte politiche, non esiste più: solo in caso di congressi o elezioni si prevedono riunioni e incontri ma solo al fine di contarsi e mai per discutere di problemi reali”.
“Molti di noi avevano sperato, invano – concludono – che la sconfitta nel referendum costituzionale del 4 dicembre potesse innescare un cambio di linea politica ed un ritorno ad una gestione più collegiale del Pd. Ci dispiace profondamente andare via da un partito in cui si lasciano amicizie cementate in anni di vita politica fatta insieme e con fatica. Abbiamo sperato per anni di poter scongiurare questo epilogo e di riuscire, con il dialogo, a riportare il Pd nel solco della grande tradizione della sinistra italiana . Noi non mettiamo in discussione le persone, non tutte almeno, ma la linea politica. Mettiamo in discussione i contenuti che il partito oggi porta avanti. Mettiamo in discussione il fatto che il Pd, nato come insieme di persone, come organismo plurale, sia oggi diventato un partito ostaggio di pochi e perciò stesso incapace di elaborare le risposte di cui il paese ha estremo bisogno”.