Tambellini a un anno da conferma: ecco priorità

15 giugno 2018 | 14:49
Share0
Tambellini a un anno da conferma: ecco priorità

È un Alessandro Tambellini determinato, convinto delle proprie idee e che non perde l’occasione di togliersi qualche sassolino dalla scarpa. A qualche giorno dall’anniversario della sua rielezione a sindaco, arrivata al ballottaggio il 25 giugno 2017, Tambellini traccia un primo bilancio di questa sua gestione, rivendicando i successi della sua amministrazione, come il risanamento economico del Comune e delle partecipate, e scattando una fotografia del momento attuale sia a livello locale che nazionale. Dialogo, equilibrio e qualità: queste le parole d’ordine che ispirano questo suo secondo mandato.

È passato un anno dalla sua rielezione. Che ricordo ha di quella sera?
La campagna elettorale fu durissima, ai limiti dell’offesa personale. Le persone che l’hanno condotta in quella maniera hanno comunque ricevuto grande disponibilità da parte di questa amministrazione, perché questo è il senso della politica. La contrapposizione dovrebbe essere sempre civile: dovrebbe esserci una contrapposizione di idee, non di offese. La politica dovrebbe essere un momento di incontro perché poi tutti noi si possa lavorare per il bene del paese e della propria comunità. Essere in maggioranza o all’opposizione significa comunque mettersi al servizio della città in maniera integrata. Noi stiamo cercando di farlo ed è compito anche della stampa contribuire a formare ed innalzare il livello dell’opinione pubblica.

Facendo un passo indietro, a quali provvedimenti è più legato e cosa invece non rifarebbe di questi sei anni?
Un grande merito che rivendico è quello di aver riportato in carreggiata la vita del Comune anche dal punto di vista economico. Altri grandi traguardi dell’amministrazione sono stati la revisione del Piuss e riuscire a portare in fondo il piano strutturale. Abbiamo riordinato le società partecipate, un lavoro che continua tutt’ora. Abbiamo rimesso mano alle manutenzioni, pur con gli scarsissimi mezzi che avevamo a disposizione. Abbiamo impostato l’attività nei quartieri periferici. È chiaro che quando si fanno molte cose si può anche sbagliare, l’importante è che lo sbaglio sia in buona fede. Le valutazioni poi possono essere molte però questa è un’amministrazione che si prende la responsabilità di decidere, pur cercando il dialogo con tutti. Le decisioni non devono essere quelle di chi urla più forte: devono essere quelle più opportune per tutti, anche per quelli che stanno zitti.

Prima di parlare della politica locale non posso non chiederle un commento sulla situazione politica attuale. In questi anni, Lucca si è contraddistinta per la sua politica dell’accoglienza.
Non bisogna dimenticare che l’assegnazione dei migranti era decisa dall’alto: i migranti ci vengono affidati dalla Prefettura. Il vanto di Lucca è stato quello di fare una politica dell’accoglienza equilibrata, con una ripartizione in piccole comunità sul territorio, in modo tale che si verificassero il meno possibile frizioni. Da questo punto di vista, Lucca è diventata un modello di accoglienza per l’intera Toscana. Ricordo che la notte delle elezioni, nell’hub di via delle Tagliate c’erano 307 persone che poi furono ripartite su tutto il territorio provinciale. Abbiamo avuto, soprattutto nell’estate scorsa, dei picchi di emergenza notevole. La capacità di Lucca è stata quella di saper accogliere quell’emergenza e di averla trasformata in una condizione non dico di normalità ma quanto meno di pacifica convivenza. Il fenomeno dell’immigrazione va affrontato che grande attenzione e prudenza. Non può essere risolto con la clava. Poi non si può nascondere il fatto che culture diverse abbiano bisogno di tempo per una reciproca conoscenza e integrazione. Questo è un problema che il paese dovrà affrontare nei prossimi anni.

Questo modello di apertura e di inclusione sembra essere messo in dubbio, come dimostrano le recenti dichiarazioni del presidente Enrico Rossi.
È chiaro che se si arriva a dei livelli di conflittualità tra le differenti componenti culturali che abitano un determinato contesto si possono creare delle situazioni allarmanti. Non si deve arrivare a quel punto. Il problema dei campi rom andava affrontato qualche decina di anni fa. Con queste comunità andavano costruiti rapporti tali da favorire l’integrazione, non l’isolamento. Se prevale per decenni il meccanismo dell’esclusione, anche delle comunità piuttosto piccole possono dare problemi perché ci sfugge la conoscenza di quello che accade al loro interno. È molto pericoloso lasciare degli ambiti che siano chiusi in se stessi. Era questo il lavoro da fare in passato e che stiamo cercando di fare faticosamente ora, soprattutto con il nostro campo di via delle Tagliate che, lo ricordo, non è lì da sei anni ma dagli anni Novanta. Detto questo deve essere chiaro un fatto: che nel nostro paese chi non rispetta le regole deve essere punito. Non è accettabile che azioni malavitose ripetute nel tempo rimangano impunite.

Sempre relativamente alla politica nazionale ritiene che le infrastrutture che riguardano il territorio lucchese possano essere a rischio?
Per il ponte sul Serchio sarebbe un errore clamorosissimo e mi auguro che questo non accada mai. Per quanto riguarda gli assi viari, ancora non siamo riusciti a mettere in atto le procedure per la loro attuazione. Siamo ancora in una fase preparatoria, ancorché avanzata. Per cui ci potrebbe effettivamente essere un’azione del governo per togliere il finanziamento. Questo non possiamo escluderlo. Faccio presente un fatto però: l’asse nord-sud non serve soltanto a Lucca. Per noi è fondamentale per il Piano della mobilità sostenibile, per togliere i camion dalla circonvallazione, per creare corsie privilegiate per i mezzi pubblici, per poter consentire alle persone di muoversi con mezzi più leggeri eccetera. Dobbiamo renderci conto però che queste opere farebbero bene a tutto non solo a Lucca ma il territorio. Un servizio stradale che non vanifichi la variante di Ponte a Moriano, che non vanifichi la Fondovalle e tutte le altre opere che sono state fatte darebbe grandi opportunità di sviluppo per tutte le aree interne. Se il sistema è valido, anche il collegamento appeninico diventerebbe migliore, senza bisogno di fare nuove autostrade per il collegamento con l’area modenese. Un sistema che potrebbe collegarsi fino al porto di Livorno. Attenzione a porre veti sempre a tutto, perché questo paese ha bisogno di infrastrutture.

Questo ci riporta all’attualità, con la recente chiusura del complesso che ospitava la scuola Leone XII, gli istituti Paladini e Civitali e alcuni alloggi di edilizia popolare.
Se le scuole sono nello stato in cui versano è perché da decenni non sono stati fatti interventi strutturali. Noi siamo stati costretti a chiudere la scuola. Serve un lavoro collettivo di risanamento nell’edilizia scolastica che sia di ampio respiro. Ma non solo per far stare i nostri figli in ambienti migliori e più sicuri ma anche per tutti i posti di lavoro che si verrebbero a creare. Solo a Lucca ci sono 64 scuole. Noi faremo la nostra parte: abbiamo già presentato 37 richieste per il finanziamento di progetti per il miglioramento degli edifici scolastici.

Si torna a parlare anche qui di infrastrutture quindi.
Sarebbe un new deal per l’edilizia e più in generale per l’economia. Basti pensare a tutti gli interventi che necessiterebbe l’impiantistica sportiva, gli edifici di importanza strategica, la messa in sicurezza del territorio. Avremmo lavoro almeno per un ventina di anni. Questo andava fatto in tempi di crisi per far ripartire il paese e creare lavoro. Certo se ci si mette a distribuire prebende non c’è spazio per tutto questo. Non si può pensare di vivere tutti solo e soltanto di turismo.

Lei giustamente sostiene che non si può vivere di solo turismo. Su cos’altro si può e si deve puntare?
Questa storia del petrolio italiano legato alle opere d’arte e al paesaggio è solamente retorica. Noi certamente difendiamo il paesaggio, la cultura e le opere d’arte. Ma non c’è solo questo. Il nostro territorio ha una componente industriale significativa e dobbiamo fare in modo di metterla nelle condizioni di rendere al meglio. Solo così potrà crescere ancora e creare nuovi posti di lavoro. Da qui, l‘importanza degli assi viari e delle altre infrastrutture. Detto questo, il lavoro è una competenza che è tornata alla regione ma la mia idea è quella di puntare sulla qualità dei prodotti che il nostro territorio sa offrire.

Il turismo rimane comunque un asset importante per il territorio, anche qui la parola d’ordine è qualità?
Certamente. Credo che serva equilibrio tra eventi e residenzialità. Non può esserci un proliferare incontrollato degli eventi perché altrimenti si rischia un ‘effetto Venezia’, con il centro storico che diverrebbe una location vuota. Meglio puntare su pochi grandi eventi ma di qualità in grado di richiamare a Lucca un pubblico di un certo livello. Il modello è certamente quello dei Comics e del Summer Festival.

A proposito del riordino di cui parlava, in questi giorni dalle partecipate sono arrivati dividendi significativi per le casse del Comune. Si può parlare di un piccolo tesoretto da poter investire oppure proseguirà l’opera di risanamento?
Bisogna far capire che questo Comune è passato da 12-13 milioni di oneri edilizi e di urbanizzazione a 1,5. Quel periodo in cui si scambiava territorio con possibilità di fare opere edilizie è finito. Dobbiamo renderci conto di questo. Ciononostante, il Comune non è ancora in grado di avere un bilancio strutturalmente in pareggio: ancora abbiamo bisogno di entrate straordinarie, come le vendite. Il fatto che si venda la sede dell’ex guardia di finanza non è un caso. Così come non è un caso che si voglia valorizzare la Manifattura. Abbiamo tuttavia la necessità di creare strutture che si autosostengano. Ci mancano un paio di milioni all’anno per stare tranquilli. Faccio presente che è cambiata anche la redistribuzione che lo Stato fa delle proprie risorse: mentre prima, avevamo una maggior certezza delle nostre disponibilità, ora non è più così. Non riuscendo a tagliare i propri costi, lo Stato ha tagliato sugli enti periferici. Ma i Comuni sono il primo presidio rispetto al cittadino.

Sempre a proposito delle partecipate, il progetto della fondazione unica tra Teatro del Giglio, Opera delle Mura e Itinera proseguirà?
Sì, stiamo valutando le modalità più opportune ma il progetto sta andando avanti. Probabilmente non sarà una ‘fusione a freddo’: la fondazione potrebbe partire con alcune attività a cui potrebbero esserne aggiunte altre in seguito.

In questi anni non sono mancate situazioni difficili e decisioni dolorose da prendere: la vicenda legata al comandante della polizia municipale e, di recente, la chiusura della Rsa di Villa Santa Maria.
Per quanto riguarda la vicenda dell’Rsa possiamo dire che si è chiusa positivamente in questi giorni. Per il resto, quando in una vicenda subentra la magistratura e ci sono provvedimenti di un certo genere c’è poco da fare. Certi nodi, noti da almeno una decina d’anni, prima o poi vengono al pettine e quando succede bisogna avere il coraggio di affrontarli e risolverli. Molto coraggio a volte.

Cosa si augura per i prossimi 4 anni?
Sicuramente mi auguro di portare avanti progetti che meritano, come la Manifattura che sta arrivando alla conclusione dei lavori. E poi il lavoro sulle periferie: il nostro è il primo tentativo di metterci mano dopo che da trent’anni non se ne occupava più nessuno. Abbiamo iniziato con la passerella del Piaggione ma il mio augurio è quello di lasciare un segno in tutti i territori.