Coldiretti, boom delle coltivazioni di grani antichi

24 ottobre 2018 | 15:06
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Coldiretti, boom delle coltivazioni di grani antichi

Domani (25 ottobre), in occasione del World Pasta day, un’analisi della Coldiretti, basata su dati di Consorzi agrari d’Italia e Sis, mostrerà un autentico boom delle semine per la coltivazione di grani antichi, come il Senatore Cappelli, che nell’ultimo anno ha aumentato le superficie coltivate a livello nazionale, passando da 1000 ettari nel 2017 ai 5000 ettari nel 2018. Il Senatore Cappelli, selezionato nel 1915, è arrivato a coprire più della metà della coltivazione di grano rivoluzionando la produzione di pane e pasta, e, dopo il terribile crollo produttivo degli anni sessanta, è ora il grano duro più antico in talia.

“Si può ritenere che la riscoperta dei grani antichi sia dovuta anche – spiega Fabrizio Filippi, neo-presidente Coldiretti Toscana, nonché coltivatore e cultore di grani antichi – all’entrata in vigore in Italia dell’etichetta Made in Italy per la pasta che – spiega – obbliga ad indicare la provenienza del grano utilizzato come chiede l’81 per cento dei consumatori, secondo la consultazione pubblica on line sull’etichettatura dei prodotti agroalimentari condotta dal Ministero delle politiche agricole.”
Mediamente la superficie investita a grano in Toscana è di 100.000 ettari dei quali 80.000 a grano duro e 20.000 a tenero. Tra i grani antichi coltivati in toscana oltre 3000 ettari sono investiti con il Senatore Cappelli e tra i grani teneri è in forte crescita il grano Verna. Sono circa 7.500 le imprese agricole interessate. La produzione di grano regionale si attesta nel complesso a tre milioni di quintali.
“Questo elemento di trasparenza ha portato alla rapida proliferazione di marchi e linee che garantiscono l’origine nazionale al 100 per cento del grano impiegato, da La Molisana ad Agnesi, da Ghigi a De Sortis, da Jolly Sgambaro a Granoro, da Armando a Felicetti, da Alce Nero a Rummo, da Fdai (Firmato dagli agricoltori italiani) fino a Voiello che fa capo al gruppo Barilla. E avanza – continua Coldiretti – anche la produzione di grano bio, con il più grande accordo mai realizzato al mondo per quantitativi e superfici coinvolte siglato tra Coldiretti, Consorzi agrari d’Italia, Fdai (Firmato dagli agricoltori italiani) e il gruppo Casillo, che prevede la fornitura di trecento milioni di chili di grano duro biologico destinato alla pasta e trecento milioni di chili di grano tenero all’anno per la panificazione. Ricordiamo che le confezioni di pasta secca prodotte in Italia – conclude – devono avere obbligatoriamente indicato in etichetta il nome del paese nel quale il grano viene coltivato e quello di molitura; se proviene o è stato molito in più paesi possono essere utilizzate, a seconda dei casi, le seguenti diciture: Paesi Ue, Paesi non Ue, Paesi Ue e non Ue. Inoltre, se il grano duro è coltivato almeno per il 50 per cento in un solo paese, come ad esempio l’Italia, si potrà usare la dicitura Italia e altri Paesi Ue e/o non Ue”.
“L’obbligo di indicare in etichetta l’origine è una battaglia storica della Coldiretti – dice Antonio De Concilio, direttore di Coldiretti Toscana -. L’Italia, sotto il pressing della nostra organizzazione, ha fatto scattare, il 19 aprile 2017, l’obbligo di indicare il paese di mungitura per latte e derivati dopo che, già il 7 giugno 2005, era entrato in vigore per il latte fresco; il 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta sul pollo Made in Italy e dal primo gennaio 2008 l’obbligo di etichettatura di origine sulla passata di pomodoro. A livello comunitario – conclude – il percorso di trasparenza è iniziato dalla carne bovina, dopo l’emergenza della mucca pazza nel 2002;  mentre dal 2003 è d’obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca. Dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l’obbligo di indicare in etichetta il paese di origine in cui il miele è stato raccolto. Sulla strada della trasparenza il nostro impegno continua.– conclude De Concilio – Infatti abbiamo di recente lanciato la petizione europea Eat original! Unmask your food, per chiedere alla commissione di Bruxelles di agire sul fronte della trasparenza e dell’informazione al consumatore, riguardo la provenienza di quello che mangia, con l’obiettivo di raggiungere un milione di firme in almeno sette paesi dell’Ue”.