
No al “regionalismo differenziato”. E’ la posizione che esprime il comitato per l’attuazione della Costituzione della Valle del Serchio: “Si sta aprendo, finalmente, il dibattito sul cosiddetto “regionalismo differenziato”. Meglio tardi che mai. C’è voluto il fallimento del Consiglio dei ministri del 14 febbraio, dovuto allo stop imposto dai ministri M5s, per portare all’attenzione dell’opinione pubblica un progetto che – se attuato – metterebbe a rischio la stessa unità nazionale”.
“L’intento delle amministrazioni regionali più ricche (il Veneto e la Lombardia, a guida leghista; ma anche l’Emilia a guida Pd) è quello – si legge in una nota – di avere più poteri in più materie, ma soprattutto più soldi. Ad esempio, se il progetto passasse, tra tre anni il Veneto e la Lombardia avrebbero come minimo un miliardo all’anno in più solo per l’istruzione. Risorse inevitabilmente sottratte alle altre regioni. E’ un meccanismo micidiale, ingiusto e folle al tempo stesso, quello del regionalismo differenziato. Un concetto già assurdo in sé, introdotto dalla sciagurata riforma del Titolo V della Costituzione voluta dal centrosinistra nel 2001. Dopo aver avuto la benedizione del governo Gentiloni, con la quale si accettava la richiesta di mettere in relazione i cosiddetti “fabbisogni standard” alla capacità contributiva di ogni regione, l’iniziativa “nordista” si è adesso arenata per le divergenze interne al governo. Per ora formalmente solo un rinvio. Che diventi invece, come noi auspichiamo, un affossamento definitivo del progetto, questo dipenderà da tante cose: in primo luogo dalla presa di coscienza della sua pericolosità. Come Comitato per l’attuazione della Costituzione della Valle del Serchio ci sentiamo dunque impegnati nella denuncia del regionalismo differenziato, nell’opera di sensibilizzazione per farne comprendere l’assoluta negatività, in ogni forma di mobilitazione che si renderà necessaria per fermarlo. Adesso la partita si gioca nel governo, ma quello che è stato definito il secessionismo dei ricchi potrà essere stoppato solo con un’ampia risposta popolare come quella che affossò la controriforma di Renzi nel 2016. Con il trasferimento di fondi dalle regioni più povere a quelle più ricche, arriveremmo ad avere cittadini italiani di serie A e di serie B. Stiamo parlando di materie decisive, come ad esempio la salute, la protezione civile, le infrastrutture, l’energia, i beni culturali, la ricerca scientifica e soprattutto la scuola. In tutte queste materie il nord finirebbe per avere risorse nettamente superiori a quelle del resto del Paese, accentuando tutti gli squilibri già oggi esistenti. Se la richiesta della Lega, tornata evidentemente al secessionismo delle origini, è quella di favorire spudoratamente le regioni padane, non si risponde a questa spinta disgregatrice con qualche pasticciato compromesso, ma solo respingendo integralmente questa pretesa. Anzi, come difensori della Costituzione del 1948, diciamo chiaramente che quel che occorre oggi è piuttosto la rimessa in discussione della stessa controriforma del 2001 che, contraddicendo platealmente la lettera e lo spirito del testo voluto dai costituenti, ha aperto la strada alla nuova spinta secessionista. Sulla concessione o meno di più poteri alle regioni si può certo discutere, ma quello che abbiamo ora di fronte non è una riforma organica della forma dello Stato, ma semplicemente una grande confusione, una specie di federalismo “fai da te” a geometria variabile, un gran casino di cui solo i più forti si avvantaggeranno.
Chiaro come questo caos non potrà che minare l’unità del Paese, facendo così anche il gioco di quelle oligarchie europee che da sempre vedono di buon occhio la fine dell’Italia come Stato unitario. Per questi motivi, il nostro comitato si impegna a svolgere un lavoro di denuncia e di informazione nella nostra zona, al fine di contribuire ad un grande dibattito su questi temi, a torto abitualmente considerati materia esclusiva degli specialisti. Il nostro augurio è che un no forte e chiaro al progetto in discussione arrivi non solo dalle regioni del centro-sud, ma da quelle aree più povere – come appunto la Valle del Serchio – che tutto hanno da perdere da una logica anti-solidaristica, anti-sociale, anti-unitaria, ed in definitiva anti-nazionale, come quella che ispira i fautori del regionalismo differenziato”.