Raspini: “Ambiente torni al centro dell’agenda politica”

Riportare l’ambiente al centro dell’agenda politica. Una necessità e una priorità secondo l’assessore all’ambiente di Lucca, Francesco Raspini, imposta per così dire dalla piazza. La larghissima partecipazione allo sciopero del clima e al corteo di ieri in città spinge l’assessore ad una riflessione su questo delicato tema. “‘La Terra su cui viviamo non l’abbiamo ereditata dai nostri padri, l’abbiamo presa in prestito dai nostri figli’. Così recita una famosa citazione attribuita ad un capo indiano che nel 1852 replicava in questo modo alla richiesta del Governo degli Stati Uniti di comprare le terre del suo popolo – spiega Raspini -. Da qualche tempo, anche dalle nostre parti, i figli hanno deciso di rivendicare quello che è loro: il futuro”.
“Quello che è successo venerdì, nelle scorse settimane, nella nostra città, in tutto il mondo – aggiunge -, è un fatto straordinario. Milioni di ragazzi in ogni parte del globo che sono scesi in piazza in modo pacifico, festoso, per reclamare il diritto al loro futuro, il diritto di vivere in un mondo non devastato dai cambiamenti climatici. Quei ragazzi che una certa narrazione vuole disimpegnati, superficiali e individualisti sono scesi in piazza per rivendicare un diritto collettivo. Quegli stessi giovani che una certa retorica, soprattutto in Italia, dipinge come bambinoni incapaci di prendersi le loro responsabilità, hanno gridato a tutta la classe dirigente del paese che è arrivato il tempo per chi queste responsabilità le dovrebbe esercitare oggi, di farlo non solo in nome dell’interesse presente, ma anche di quello futuro e di coloro che quel futuro lo dovranno abitare. Hanno protestato, infatti, contro l’inerzia dei governi mondiali i quali non solo non si stanno adeguatamente adoperando per convertire l’economia e i processi produttivi verso forme di sviluppo sostenibili, ma che addirittura in qualche caso si fanno beffe del pericolo che il pianeta e le future generazioni stanno correndo. Venerdì mattina, mentre sfilavo ho notato il cartello di un ragazzo con su scritto un tweet del presidente degli Stati Uniti che recitava, più o meno così: ‘A New York si gela dal freddo, abbiamo bisogno di un po’ di riscaldamento globale’. Naturalmente – e per fortuna – questo atteggiamento non è rappresentativo né del pensiero, né delle azioni di tutti i governanti. Esistono a tutti i livelli di governo esempi, anche importanti, di azioni concrete nel campo dell’economia circolare, nella lotta agli sprechi, nella sostenibilità energetica. Sarebbe ingeneroso e non veritiero sostenere che anche nella nostra città – nella quale ancora ci sono seri problemi, penso al tema delle polveri sottili, non è stato fatto niente. Penso alla crescita della raccolta differenziata, alle molte piste ciclabili realizzate o in corso di realizzazione. Alle estensioni fognarie e agli investimenti nell’idrico. Agli investimenti sul patrimonio edilizio pubblico e a quelli sul risparmio energetico. Ma non è questo il punto. Non è questo, credo, il messaggio che oggi siamo chiamati a recepire. Il problema di fondo è che fino ad oggi nessuno che abbia – o abbia avuto – una responsabilità pubblica ad ogni livello di governo sia riuscito a mettere adeguatamente l’accento su questi temi. A farli cioè diventare priorità politica e non solo buona pratica amministrativa. A farli uscire dalle pagine interne dei giornali o dai programmi di approfondimento per addetti ai lavori. A metterli, insomma, davvero al centro dell’agenda politica e del dibattito pubblico. Ci sono riusciti, invece, questi ragazzi che hanno saputo usare gli spazi e i mezzi concessi dalla modernità globale per imporre all’attenzione del mondo una questione che potrebbe essere decisiva per il futuro dell’umanità. Una modernità a cui spesso guardiamo con timore e preoccupazione ma che oggi svela, insieme a tutti i suoi lati oscuri, anche quelli chiari. Non mi riferisco solo alla “globalità” e “simultaneità” della protesta di oggi, cosa impensabile solo fino a pochi anni fa. Ma anche all’evidentissima constatazione che la questione dei cambiamenti climatici dimostra fuori da ogni dubbio come i localismi, i particolarismi, i nazionalismi che per molti sono la risposta alle insidie della globalizzazione, siano non solo inutili, ma dannosi ai fini della soluzione di questo gigantesco problema. E allora, cerchiamo di ascoltarli questi giovani e – soprattutto noi politici – di rispettarli evitando la tentazione di ‘metterci il cappello’ – aggiunge Raspini -. Perché la politica è arrivata ancora una volta in ritardo, preceduta da una ragazzina che ha avuto la capacità, con poche semplici parole, di mettere ognuno di noi di fronte alle proprie responsabilità. Per quanto mi riguarda penso che uno degli errori da non commettere è far diventare questo tema un tema divisivo. Abbiamo visto nelle scorse settimane che in Francia l’approvazione di una tassa sui carburanti più inquinanti è diventata la scintilla che ha quasi scatenato una rivolta. La battaglia per il clima non è non deve diventare una questione elitaria, l’ennesimo scontro tra grandi città globali e periferie dimenticate. Una lotta tra chi ha i mezzi economici per riconvertire le proprie abitudini o magari vive in contesti dove le scelte sostenibili sono più accessibili e chi, invece, questi mezzi non li ha e non è in grado di sostenere i costi occupazionali e personali di tali cambiamenti. E’ lo Stato – e in questa parte di mondo l’Europa – che ha il dovere di indirizzare gli investimenti pubblici verso una riconversione del modello di sviluppo che non può e non deve gravare su chi ha più difficoltà. Dalla nave che affonda ci si salva tutti insieme, non limitando i posti sulle scialuppe di salvataggio ai più giovani e forti. Devo rilevare, purtroppo, che le scelte che vengono imposte alle Amministrazioni Comunali dai livelli di governo superiori, che impongono l’emanazione di divieti di vario tipo – anche legittimi e corretti – non sembrano sempre tenere conto di questa necessità di accompagnare attraverso idonee forme di incentivazione e investimenti pubblici anche e soprattutto le categorie più svantaggiate. Ma, oggi, non è tempo di polemiche o rivendicazioni politiche di parte. Se c’è una cosa che questa giornata ci lascia in dono è l’ottimismo per guardare al domani con speranza. Per quanto riguarda il nostro piccolo lavoro locale, ci piacerebbe avviare un percorso insieme ai promotori delle manifestazioni di ieri. Un percorso che contribuisca a definire insieme obiettivi, tempi e modalità per provare ad innescare il cambiamento globale a partire dall’azione locale. A partire da progetti condivisi, concreti, realizzabili e, come dicevo, economicamente e socialmente sostenibili. Se riusciremo, non solo a Lucca, ma nel resto del paese, dell’Europa e del mondo a incanalare solo la metà della energia e della speranza che abbiamo visto sfilare per le strade e per le piazze quest’oggi penso proprio che un altro mondo sia davvero possibile”.