Primo maggio, Sinistra Con Capannori: “Ripartire da territorio e cooperazione”

Festa del primo maggio ormai alle porte e con lei anche le prime riflessioni. In vista della festa non si fa attendere infatti la nota di Sinistra Con Capannori, che scrive: “Festeggiamo, ogni 1 maggio, il lavoro. Ma dopo quanti sacrifici e quanto sangue? La memoria va alle lotte operaie di fine Ottocento, ai martiri di Chicago, alle lotte socialiste per istituire in nome del Lavoro una festa europea, alla soppressione fascista di questa data (che dal 1921 fu anticipata al 21 aprile e inglobata-oscurata nei ‘Natali di Roma’), alla strage di contadini in festa a Portella della Ginestra nel 1947 e infine al definitivo riconoscimento della festività (dopo il 1 maggio del 1945, all’indomani della Liberazione) con la legge del 1949”.

“C’è un filo che lega le due date, la Liberazione e il 1 maggio – prosegue Sinistra Con Capannori – Se la prima è stata una lunga liberazione (un processo aperto e ancora attuale), la seconda rinvia alle progressive conquiste che hanno mutato, nel Novecento, il profilo dello stato stesso da guardiano di un’uguaglianza formale a garante dei diritti sociali, del Welfare, delle pari opportunità. L’attuazione del dettato costituzionale è stata però una via disseminata di lotte e di sacrifici. Cinquant’anni fa lo statuto dei diritti dei Lavoratori fissava, in quel percorso, una tappa essenziale. Oggi quelle conquiste, la stessa dignità del lavoro, sono minacciate e rimesse in discussione. La delocalizzazione ha, prima, tolto forza contrattuale. La sostituibilità illimitata di forza lavoro precaria e ricattabile ha, poi, fatto il resto, aiutata da normative che comprimevano salari e diritti (esternalizzazione, voucher, appalti col criterio del minor prezzo ecc), leggiamo statistiche agghiaccianti sull’incremento degli infortuni anche mortali sul lavoro, sul lavoro dei migranti ridotto a schiavitù nei campi di pomodoro, e sempre più siamo convinti che la centralità (parola-mantra) del lavoro non può essere solennemente proclamata per poi ignorarla. Dall’Italia ormai non fuggono solo cervelli, ma anche mani giovani, mentre il lavoro femminile è vessato e risospinto ai margini. Non è questo che i nostri costituenti, di qualsiasi colore, avevano immaginato per le nuove generazioni dell’Italia liberata e democratica. C’è una sola via: ripartire dal territorio, dall’associazionismo e dalla cooperazione, dalla creatività, dalla solidarietà tornando, con fatica e con umiltà, a ricostruire quella trama di intermediazione (tra istituzioni, mondo del lavoro, partiti della sinistra) che troppi errori hanno finito per sfilacciare e strappare. E ‘quello che noi di Sinistra con Capannori abbiamo cercato, nel nostro piccolo, di fare, anche con le tre belle e riuscite iniziative del ciclo Lavorare ieri oggi domani, ai Diavoletti di Camigliano. Conforta – prosegue Sinistra Con – la ritrovata unità e combattività che il sindacato mostra oggi di voler mettere in campo. Ma è urgente che, a sinistra, molto (moltissimo) torni ad essere materia di studio e di iniziativa. Nelle fabbriche, nelle aree rurali, nei territori, oltre che a livello nazionale. Altrimenti le nuove sfide che la tecnologia apre (la robotizzazione e il rischio di dominio degli algoritmi in primis) mostreranno solo un volto: non quello della umanizzazione, delle nuove opportunità, dell’ascensore sociale che si rimette in moto, di un’equa distribuzione della ricchezza, ma quello antico, dickensiano, di una ‘plebe sempre all’opra china, senza ideali in cui sperar’. Non nell’Ottocento, ma nel terzo millennio”.

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