Multati mentre cantano ‘Bella ciao’: “Abbiamo rivendicato un messaggio di libertà”

I tre giovani scrivono una lettera al sindaco: “Preoccupati per la restrizione di diritti fondamentali, verso di noi rabbia per il contenuto politico di ciò che abbiamo fatto”
La notizia ha fatto rapidamente il giro dei media locali e nazionali ma i protagonisti non ci stanno: aveva destato scalpore ed anche qualche polemica la decisione di multare tre cittadini lucchesi intenti, il 25 aprile scorso, ad intonare Bella ciao in piazza San Michele.
I tre, infatti, erano stati additati di aver violato le disposizioni del decreto ministeriale che impone, almeno fino al 3 maggio, di non allontanarsi dalle proprie abitazioni “se non per motivi di stretta urgenza o necessità”. A nulla erano valse le rimostranze espresse sul momento: il fatto di provenire dalle vicinanze della piazza, infatti (i tre sono tutti residenti fra piazza Sant’Alessandro e via Roma) a nulla ha rilevato per scansare la sanzione, poiché in tempi di emergenza nazionale da Covid-19, il mini-assembramento per celebrare il 75esimo della liberazione è stato considerato non consentito.
Così Annamaria Uras, Tommaso Fratino e Laila Cappellini hanno scritto – e protocollato – una lettera aperta al sindaco di Lucca, per raccontare la loro versione dei fatti. I protagonisti della vicenda rivendicano, in particolare, il diritto a ricordare un momento estremamente significativo per il paese, evidenziando come il tutto si sia svolto nel massimo rispetto delle normative vigenti. “Vogliamo qui condividere quello che è successo in piazza San Michele a Lucca lo scorso 25 aprile con alcune riflessioni. Il 25 aprile – si legge – è per noi un appuntamento di grande importanza per il suo significato civile e politico che quest’anno abbiamo sentito quanto mai attuale. Per questo abbiamo deciso di non rinunciare al nostro diritto a commemorare, facendolo peraltro interamente nel rispetto delle norme vigenti in materia di coronavirus”.
Uno degli snodi cruciali al centro di questa “tesi difensiva” consta nella grande vicinanza rispetto alle proprie case, argomento ritenuto irrilevante: “Tutti e tre abitiamo in centro a Lucca a molto meno di 200 metri da piazza San Michele, dove ogni anno culminano le manifestazioni di commemorazione del 25 aprile; anche per questo abbiamo ritenuto la nostra presenza un dovere, anche per chi non poteva. Siamo andati in piazza in tre, a debita distanza gli uni dagli altri, muniti di mascherina, con cartelli e un testo da leggere, a cantare Bella Ciao e a rivendicare il suo messaggio di libertà. In pochi minuti sono arrivate diverse unità di forze dell’ordine, in tutto 10 persone, e ci hanno contestato di essere usciti di casa senza giustificazione di necessità, multandoci, per questo, di 400 euro a testa. Abbiamo contestato il loro verbale da subito e continueremo a insistere a tutti i livelli per affermare il nostro diritto a non pagare questa multa ingiusta e repressiva. Rileviamo che multe così pesanti gravano particolarmente in questo momento di grande difficoltà economica per tanti”.
I tre soggetti sanzionati si dicono “assolutamente convinti dell’importanza di misure sanitarie adeguate all’emergenza attuale e del senso di responsabilità di ognuno”, ma al contempo, lanciano un allarme più esteso circa “le modalità di attuazione e l’azzeramento di libertà e diritti essenziali che non sono in contrasto con l’esigenza di sicurezza e che devono avere un peso centrale nelle scelte di governo e regioni”.
La riflessione si sposta quindi sulla sequela di limitazioni imposte dal governo e su quelle che, secondo gli estensori della missiva indirizzata al primo cittadino, sono le conseguenze: “Pensiamo al divieto di movimento all’aria aperta da soli o in compagnia delle persone con cui si vive (quando anche l’Oms consiglia tale attività in relazione al coronavirus) o alla situazione di estremo disagio di tante categorie più deboli, a partire dai bambini, che non sono state minimamente considerate dalle norme emanate dal governo e che sono state quasi del tutto ignorate dal dibattito pubblico. Non solo: esiste – argomentano ulteriormente – persino il divieto di dare un estremo saluto ai morti e la totale soppressione del diritto politico di manifestazione, tutte cose che erano concepibili (e così è stato fatto in altri Paesi) con modalità tali da garantire la sicurezza. Il tutto attraverso norme e comunicazioni spesso fumose, imprecise, per le quali è anche difficile stabilire cosa è lecito e cosa no e che in ultima analisi lasciano alle forze dell’ordine libertà di interpretazione. Soprattutto siamo sgomenti di fronte alla retorica pubblica che è stata costruita dai tanti attori in gioco: la colpevolizzazione del cittadino e della sua attività individuale, l’invito all’autorepressione e al sacrificio necessario del proprio benessere fisico, psichico, sociale, hanno preso il sopravvento, a fronte invece del fatto che la realtà del contagio è avvenuta non nelle piazze cittadine o all’aria aperta, ma in massima parte nelle strutture sanitarie, nelle case di riposo per anziani, nei luoghi di lavoro, tutte realtà che implicano invece grandi responsabilità politiche e collettive di gestione (i dati diffusi il 24 aprile scorso dall’Istituto superiore della sanità sui luoghi del contagio confermano puntualmente questo fatto)”.
I firmatari della lettera pronta a giungere sulle scrivanie di palazzo Orsetti si dicono inoltre “preoccupati dalla gestione futura di una emergenza con cui con molta probabilità avremo purtroppo ancora a che fare a lungo: non è pensabile che siano ancora sospesi diritti, servizi e forme essenziali di relazione. È fondamentale pensare insieme, attraverso il dibattito pubblico, forme che rendano possibile tutto ciò, e far pesare il bisogno e diritto di vivere, crescere, essere liberi nel rispetto degli altri. Per questo, oggi e sempre, viva il 25 aprile”.
Critiche, infine, vengono espresse anche nei confronti di chi – esercitando il proprio diritto/dovere di cronaca, anche quello costituzionalmente garantito – ha fornito una ricostruzione dei fatti accaduti il 25 aprile. “La nostra notizia della commemorazione è stata poi pubblicata da un quotidiano on line locale (Luccaindiretta, ndr) seguendo esclusivamente l’interpretazione della questura. Il sottotitolo riporta: ‘La polizia: si erano allontanati da casa e si trovavano in quel luogo senza motivi di assoluta urgenza’ e nel corpo del testo scrive: ‘evidentemente non pensano di fare nulla di male e escono di casa nonostante il lockdown’. Tutte espressioni volte a far intendere come vietato e anzi incosciente e pericoloso per la comunità, un comportamento del tutto lecito. L’articolo, postato sul canale Facebook della testata, viene inondato dai commenti oltraggiosi e derisori di tanti cittadini che inneggiano alla repressione della nostra azione. Insomma, un piccolo concentrato di come in questi tempi comunicazione mainstream e istinti repressivi della gente si alimentano a vicenda. Ci sembra che la vera rabbia di queste persone sia in buona parte verso il contenuto politico di quello che abbiamo fatto e verso la libertà che ci siamo presi”.
Per completezza: Luccaindiretta ha tempestivamente contattato uno dei protagonisti della vicenda, Tommaso Fratino, la mattina seguente (26 aprile) chiedendo un’intervista. Dopo aver ricevuto un ringraziamento per la disponibilità a far sentire entrambe le campane – attitudine connaturata alla mission di Luccaindiretta – la redazione è rimasta in attesa di una telefonata che non è arrivata né il 26, né il 27 aprile, malgrado ripetuti solleciti. Soltanto alle 23.35 di ieri sera abbiamo ricevuto la lettera protocollata al sindaco, che oggi – con la coerenza che ci contraddistingue – pubblichiamo comunque per intero (e.p.)