Multati mentre cantano ‘Bella ciao’: “Abbiamo rivendicato un messaggio di libertà”

28 aprile 2020 | 13:48
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Multati mentre cantano ‘Bella ciao’: “Abbiamo rivendicato un messaggio di libertà”

I tre giovani scrivono una lettera al sindaco: “Preoccupati per la restrizione di diritti fondamentali, verso di noi rabbia per il contenuto politico di ciò che abbiamo fatto”

La notizia ha fatto rapidamente il giro dei media locali e nazionali ma i protagonisti non ci stanno: aveva destato scalpore ed anche qualche polemica la decisione di multare tre cittadini lucchesi intenti, il 25 aprile scorso, ad intonare Bella ciao in piazza San Michele.

I tre, infatti, erano stati additati di aver violato le disposizioni del decreto ministeriale che impone, almeno fino al 3 maggio, di non allontanarsi dalle proprie abitazioni “se non per motivi di stretta urgenza o necessità”. A nulla erano valse le rimostranze espresse sul momento: il fatto di provenire dalle vicinanze della piazza, infatti (i tre sono tutti residenti fra piazza Sant’Alessandro e via Roma) a nulla ha rilevato per scansare la sanzione, poiché in tempi di emergenza nazionale da Covid-19, il mini-assembramento per celebrare il 75esimo della liberazione è stato considerato non consentito.

Così Annamaria Uras, Tommaso Fratino e Laila Cappellini hanno scritto – e protocollato – una lettera aperta al sindaco di Lucca, per raccontare la loro versione dei fatti. I protagonisti della vicenda rivendicano, in particolare, il diritto a ricordare un momento estremamente significativo per il paese, evidenziando come il tutto si sia svolto nel massimo rispetto delle normative vigenti. “Vogliamo qui condividere quello che è successo in piazza San Michele a Lucca lo scorso 25 aprile con alcune riflessioni. Il 25 aprile – si legge – è per noi un appuntamento di grande importanza per il suo significato civile e politico che quest’anno abbiamo sentito quanto mai attuale. Per questo abbiamo deciso di non rinunciare al nostro diritto a commemorare, facendolo peraltro interamente nel rispetto delle norme vigenti in materia di coronavirus”.

Si ritrovano in piazza San Michele per cantare “Bella ciao”: multati

Uno degli snodi cruciali al centro di questa “tesi difensiva” consta nella grande vicinanza rispetto alle proprie case, argomento ritenuto irrilevante: “Tutti e tre abitiamo in centro a Lucca a molto meno di 200 metri da piazza San Michele, dove ogni anno culminano le manifestazioni di commemorazione del 25 aprile; anche per questo abbiamo ritenuto la nostra presenza un dovere, anche per chi non poteva. Siamo andati in piazza in tre, a debita distanza gli uni dagli altri, muniti di mascherina, con cartelli e un testo da leggere, a cantare Bella Ciao e a rivendicare il suo messaggio di libertà. In pochi minuti sono arrivate diverse unità di forze dell’ordine, in tutto 10 persone, e ci hanno contestato di essere usciti di casa senza giustificazione di necessità, multandoci, per questo, di 400 euro a testa. Abbiamo contestato il loro verbale da subito e continueremo a insistere a tutti i livelli per affermare il nostro diritto a non pagare questa multa ingiusta e repressiva. Rileviamo che multe così pesanti gravano particolarmente in questo momento di grande difficoltà economica per tanti”.

I tre soggetti sanzionati si dicono “assolutamente convinti dell’importanza di misure sanitarie adeguate all’emergenza attuale e del senso di responsabilità di ognuno”, ma al contempo, lanciano un allarme più esteso circa “le modalità di attuazione e l’azzeramento di libertà e diritti essenziali che non sono in contrasto con l’esigenza di sicurezza e che devono avere un peso centrale nelle scelte di governo e regioni”.

La riflessione si sposta quindi sulla sequela di limitazioni imposte dal governo e su quelle che, secondo gli estensori della missiva indirizzata al primo cittadino, sono le conseguenze: “Pensiamo al divieto di movimento all’aria aperta da soli o in compagnia delle persone con cui si vive (quando anche l’Oms consiglia tale attività in relazione al coronavirus) o alla situazione di estremo disagio di tante categorie più deboli, a partire dai bambini, che non sono state minimamente considerate dalle norme emanate dal governo e che sono state quasi del tutto ignorate dal dibattito pubblico. Non solo: esiste – argomentano ulteriormente – persino il divieto di dare un estremo saluto ai morti e la totale soppressione del diritto politico di manifestazione, tutte cose che erano concepibili (e così è stato fatto in altri Paesi) con modalità tali da garantire la sicurezza. Il tutto attraverso norme e comunicazioni spesso fumose, imprecise, per le quali è anche difficile stabilire cosa è lecito e cosa no e che in ultima analisi lasciano alle forze dell’ordine libertà di interpretazione. Soprattutto siamo sgomenti di fronte alla retorica pubblica che è stata costruita dai tanti attori in gioco: la colpevolizzazione del cittadino e della sua attività individuale, l’invito all’autorepressione e al sacrificio necessario del proprio benessere fisico, psichico, sociale, hanno preso il sopravvento, a fronte invece del fatto che la realtà del contagio è avvenuta non nelle piazze cittadine o all’aria aperta, ma in massima parte nelle strutture sanitarie, nelle case di riposo per anziani, nei luoghi di lavoro, tutte realtà che implicano invece grandi responsabilità politiche e collettive di gestione (i dati diffusi il 24 aprile scorso dall’Istituto superiore della sanità sui luoghi del contagio confermano puntualmente questo fatto)”.

I firmatari della lettera pronta a giungere sulle scrivanie di palazzo Orsetti si dicono inoltre “preoccupati dalla gestione futura di una emergenza con cui con molta probabilità avremo purtroppo ancora a che fare a lungo: non è pensabile che siano ancora sospesi diritti, servizi e forme essenziali di relazione. È fondamentale pensare insieme, attraverso il dibattito pubblico, forme che rendano possibile tutto ciò, e far pesare il bisogno e diritto di vivere, crescere, essere liberi nel rispetto degli altri. Per questo, oggi e sempre, viva il 25 aprile”.

Critiche, infine, vengono espresse anche nei confronti di chi – esercitando il proprio diritto/dovere di cronaca, anche quello costituzionalmente garantito – ha fornito una ricostruzione dei fatti accaduti il 25 aprile. “La nostra notizia della commemorazione è stata poi pubblicata da un quotidiano on line locale (Luccaindiretta, ndr) seguendo esclusivamente l’interpretazione della questura. Il sottotitolo riporta: ‘La polizia: si erano allontanati da casa e si trovavano in quel luogo senza motivi di assoluta urgenza’ e nel corpo del testo scrive: ‘evidentemente non pensano di fare nulla di male e escono di casa nonostante il lockdown’. Tutte espressioni volte a far intendere come vietato e anzi incosciente e pericoloso per la comunità, un comportamento del tutto lecito. L’articolo, postato sul canale Facebook della testata, viene inondato dai commenti oltraggiosi e derisori di tanti cittadini che inneggiano alla repressione della nostra azione. Insomma, un piccolo concentrato di come in questi tempi comunicazione mainstream e istinti repressivi della gente si alimentano a vicenda. Ci sembra che la vera rabbia di queste persone sia in buona parte verso il contenuto politico di quello che abbiamo fatto e verso la libertà che ci siamo presi”.

Per completezza: Luccaindiretta ha tempestivamente contattato uno dei protagonisti della vicenda, Tommaso Fratino, la mattina seguente (26 aprile) chiedendo un’intervista. Dopo aver ricevuto un ringraziamento per la disponibilità a far sentire entrambe le campane – attitudine connaturata alla mission di Luccaindiretta – la redazione è rimasta in attesa di una telefonata che non è arrivata né il 26, né il 27 aprile, malgrado ripetuti solleciti. Soltanto alle 23.35 di ieri sera abbiamo ricevuto la lettera protocollata al sindaco, che oggi – con la coerenza che ci contraddistingue – pubblichiamo comunque per intero (e.p.)