Meno burocrazia e pressione fiscale, la ricetta anti-crisi di Andreuccetti

5 luglio 2020 | 12:20
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Meno burocrazia e pressione fiscale, la ricetta anti-crisi di Andreuccetti

Il sindaco Pd di Borgo a Mozzano: “Lo stato sociale resti una priorità. Sostegno alla cultura e attenzione all’ambiente. E non si dimentichi che l’emergenza è ancora in corso”

Uno sguardo sulla crisi. A darlo è il sindaco di Borgo a Mozzano, esponente del Partito Democratico, Patrizio Andreuccetti,.

Spersi nella realtà – esordisce – è il titolo di un libro di uno scrittore che conobbi molti anni fa, ma è anche ciò che sempre di più, di questi tempi, sta capitando a tante persone. Persone che hanno perso il lavoro, che hanno visto crollare vertiginosamente i loro fatturati, nuovi poveri che soprattutto nelle grandi città, in particolare nelle periferie, stanno costituendo una nuova classe sociale, un nuovo Quarto Stato. Anche la Valle del Serchio e la provincia di Lucca tutta non ne sono immuni: sto parlando di cittadine e cittadini che fino a sei mesi fa ti avrebbero dato del pazzo se tu gli avessi predetto che di lì a poco tempo avrebbero avuto bisogno del buono alimentare. Cittadine e cittadini che se anche hanno avuto i bonus mensili o la cassa integrazione (quelli che l’hanno avuta) ora vivono nell’incertezza, immersi nelle nubi di un futuro che per quanto fosco sembra quello di Coke Town di Charles Dickens. A queste persone la politica democratica deve dare delle risposte, deve cioè affermare il suo primato senza lasciarsi sopraffare dalla finanza e da tentazioni autoritarie che nei momenti di crisi provano sempre ad affacciarsi. Cosa fare? Premesso che nessuno ha la bacchetta magica (e che ogni opinione è di per sé contestabile) provo a mettere in fila qualche suggerimento, qualche priorità“.

“La crisi da Covid ci ha detto due cose chiare – dice Andreuccetti – lo stato sociale è oggi più di ieri una priorità. Lo sono almeno una sanità pubblica di qualità ed una scuola pubblica di qualità. Su sanità/sociale e scuola non si può risparmiare, si deve avere chiaro, dall’Europa agli stati nazione che ne fanno parte, che questi due settori non vanno trattati come aziende in termini di profitto, bensì in termini di efficienza per ciò a cui devono assolvere: il diritto alla salute e la formazione di persone/cittadini davvero consapevoli e la preparazione al lavoro. Oltre alle infrastrutture ci vogliono quindi più medici, più infermieri e più insegnanti e più personale del mondo scolastico, con l’obiettivo di rendere i due sistemi più efficaci possibile”.

“Quando parlo di “Stato sociale” – prosegue – però, non alludo ad uno statalismo pesante, ma ad una macchina statale che si dà delle priorità vere, che non distribuisce a pioggia e senza criteri. Bisogna diminuire i centri di spesa superflui, disarcionare la burocrazia, dare più liquidità e possibilità di spesa agli enti locali. Se si considera che i comuni sono circa l’8 per cento della spesa pubblica nazionale, ogni altro tipo di ragionamento è superfluo (la spesa da tagliare è quindi quella della burocrazia di stato, degli enti intermedi distanti dai cittadini). Lo abbiamo visto nella gestione della crisi. Sui buoni alimentari, senza una asfissiante burocrazia, i Comuni hanno agito subito e bene (un connubio che non è facile da far stare insieme) e se anche sulla cassa integrazione si fossero coinvolti gli enti locali, ne sono convinto, avremmo fatto prima e meglio”.

Minor burocrazia e certezza sui tempi del diritto (oltre che meno tasse) – dice il primo cittadino – sono ciò che da anni chiedono le aziende per investire in Italia, e mai come oggi si può e si deve agire su questi versanti. Ogni crisi offre anche della opportunità e il nostro paese deve saperle cogliere. Intanto, a questo punto, bisogna accettare il Mes e farla finita con i giochini politici. Si tratta di liquidità vera di cui l’Italia ha bisogno, i populismi per una volta lasciamoli da parte. Da lì in poi, oltre ad agire sulle cose che dicevo sopra, sarebbe importante prevedere delle misure per il commercio medio/piccolo, magari differenziando la tassazione per i comuni montani. Se fino a ieri per aprire un negozio di alimentari a Tempagnano si partiva da una spesa di base annuale (di sole tasse) di circa 12mila euro, di qui in avanti lo si dovrebbe poter fare con molti meno oneri. Sarebbe un modo per incentivare le aperture di attività nei nostri paesi, per dare opportunità ai giovani di creare e investire a casa loro, l’occasione per ripopolare zone dalla bellezza unica ma dalle peculiarità di vita complesse“.

“Diceva un noto filosofo dell’Ottocento che la politica non è mai anticipatrice della realtà dei fenomeni, ma i fenomeni di cui si occupa o su cui pone l’attenzione sono già presenti in azioni più o meno codificate nella “polis”. Ecco, da noi è il caso di chi a più livelli sta aprendo nuove attività, scommettendo su di sé e su condizioni favorevoli. Queste persone la politica deve aiutarle, sostenerle, fare in modo il loro coraggio abbia successo sul medio e sul lungo periodo. Nel nostro comune da marzo ad ora, per fare un esempio piccolo, sono di più i negozi che hanno aperto di quelli che hanno chiuso: è determinante che queste attività siano sostenute da una minore pressione fiscale, da più suolo pubblico, da meno burocrazia. Dallo Stato ai Comuni è possibile farlo, per quanto ci riguarda abbiamo fatto, facciamo e faremo tutto ciò che è nelle nostre possibilità”.

“Possiamo tralasciare l’ambiente? – dice ancora – No, vale la pena ricordarlo in ogni occasione. Chi investe in energie pulite e rinnovabili va premiato, mentre chi fa il contrario va disincentivato. Non dimentichiamo che l’emergenza del pianeta è sempre di prim’ordine, anche se il Covid un po’ ce lo ha fatto dimenticare”.

“C’è poi un tema sempre troppo poco trattato – dice introducendo il tema della cultura – In questi giorni stiamo lavorando parecchio a livello di ambito della Valle del Serchio per il turismo, per rilanciare l’attrattività della nostra terra anche grazie alla valorizzazione dei beni storico-artistici e dei prodotti tipici, della stessa agricoltura, ma all’interno di questo fondamentale contesto abbiamo un settore che rischia sempre il ruolo della Cenerentola, ovvero i lavoratori della cultura e dello spettacolo. In tanti oggi parlano della necessità di un nuovo umanesimo, di uno shock da bit-generation, ed in tanti siamo d’accordo. Dalle macerie della crisi si possono costruire nuove categorie interpretative della realtà, con più comunità, più solidarietà, più energie creative da liberare, ma ciò è possibile se economicamente e nella concezione degli spazi diamo la possibilità al mondo della cultura di esserci e di incidere, dal piccolo al grande. Noi, ad esempio, stiamo per lanciare una stagione ridotta di Borgo è Bellezza, che consenta a talenti locali di esprimersi, di essere in prima linea a rendere viva la comunità”.

“Concludo questa riflessione con un avvertimento – conclude Andreuccetti – insieme alla ripresa economica deve essere confermata la fine della pandemia, altrimenti non andiamo da nessuna parte. I contagi negli ultimi giorni sono tornati a crescere, la vendita di mascherine è crollata del 70%, sono oltre 50 i nuovi focolai. Il nuovo umanesimo parte da qua, dall’aver imparato dall’esperienza. La ripartenza economica sarà possibile solo se sapremo contenere l’emergenza sanitaria, e questo vale anche per i nostri territori che attualmente sembrano immuni dalla ripresa dei contagi”.