No al suicidio assistito, presidio del Popolo della Famiglia al tribunale di Massa

24 luglio 2020 | 09:07
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No al suicidio assistito, presidio del Popolo della Famiglia al tribunale di Massa

Prima dell’udienza del processo Cappato-Welby alla protesta ci sarà anche una delegazione proveniente da Lucca

Anche da Lucca al presidio del Popolo della Famiglia davanti al tribunale di Massa per il processo Cappato-Welby lunedì (27 luglio).

“Il suicidio assistito – si legge in una nota del Popolo della Famiglia di Lucca – secondo la versione integrale dell’articolo 580 del codice penale, era un reato punibile con la reclusione da cinque a dodici anni. Ora, da delitto, sta passando a diritto. Come è potuto avvenire questo completo ribaltamento del parametro di civiltà? È davvero questo il “mondo nuovo”, come diceva Huxley, che vogliamo per noi e per i nostri figli?…”

La mattina di lunedì si terrà al tribunale di Massa, l’udienza del processo Cappato-Welby, per il concorso al suicidio di Davide Trentini, in Svizzera. La seduta sarà dedicata alle arringhe della difesa e della pubblica accusa. Davanti al tribunale vi sarà, anche stavolta, un presidio del Popolo della Famiglia, con persone provenienti da Lucca, da altre province toscane e da altre regioni, “poiché in questa circostanza – spiegano dal partito – sono in gioco i fondamenti della nostra civiltà, non solo giuridica, ma tout court“.

“Un uomo è stato aiutato a uccidersi – dice Ilaria Giurlani, referente del Popolo della Famiglia di Lucca – Il suo nome era Davide. Davide Trentini. Già questa è una grande sconfitta per l’umanità. Se è vero che “chi salva una vita, salva il mondo intero” (Talmud di Babilonia), dunque, chi collabora attivamente a sopprimere una vita, condanna a morte il mondo intero.
Ordinariamente, nel relativo processo penale, il ruolo del collegio giudicante dovrebbe semplicemente essere quello di accertare se gli imputati sono o meno colpevoli, a norma di legge, del reato di suicidio assistito. Nel caso specifico dovrebbe esservi condanna, poiché Trentini non era attaccato ad apparecchi di sostegno vitale, come prescritto dalla Corte Costituzionale, affinché l’aiuto al suicidio non costituisca reato”.

“In realtà – prosegue Giurlani – secondo la consueta strategia dell’associazione Luca Coscioni, Cappato e Welby, collaborando al suicidio di Trentini, hanno voluto appositamente e deliberatamente far saltare l’ultimo dei quattro paletti posti dalla Consulta al suicidio assistito. Poi, dopo essersi autodenunciati, hanno già anticipato che nella prossima udienza compiranno l’azione propagandistica di ricorrere nuovamente alla Consulta medesima, affinché essa dichiari la totale illegittimità costituzionale dell’articolo 580 del codice penale. Per compiere questa operazione ideologica, una vita umana – quella di Trentini – è stata soppressa. E questo è gravissimo. Vedremo, a suo tempo, cosa vorrà deliberare la corte giudicante di Massa. In conclusione della vicenda, se l’istanza di Cappato e Welby di adire alla Consulta fosse accolta, e, terminato il lungo e complesso iter, gli imputati dovessero malauguratamente andare assolti, questo comporterebbe che la Consulta avrebbe smentito sé stessa, che in sostanza le sue determinazioni ben poco contano negli equilibri costituzionali e istituzionali, e che, nel nostro paese, le cateratte della morte assistita sarebbero spalancate“.