Opere pubbliche e servizi: dissentire è lecito, ma lo è anche difendere scelte e decisioni





Con l’avvicinarsi della tornata elettorale fioccano contestazioni e polemiche. Il rischio è una avvilente campagna sui temi locali e iperlocali che non riguardano le politiche regionali
Dissentire non è un reato, ma non lo è neanche difendere le proprie decisioni.
Ormai si è aperta, virtualmente, la campagna elettorale e, specialmente su Lucca, da tutte le componenti politiche si inizia ad avvertire un certo surriscaldamento dei toni. A questo si aggiunga che, per ottenerne il massimo vantaggio, il periodo elettorale è quello più proficuo per sollevare polemiche su tasse, tariffe, servizi, lavori pubblici, con l’obiettivo di contestare quelli che non sono particolarmente graditi.
A Lucca città i macrotemi ‘di moda’ in questo periodo sono quelli dell’urbanistica e dello smaltimento rifiuti. Il primo, peraltro, declinato in due: il progetto dell’area sud della manifattura e i lavori per i Quartieri Social a San Concordio, nella fattispecie nell’area ex Gesam.
Quanto all’urbanistica colpisce, fra i tanti discorsi e tecnicismi, quanto ha affermato l’architetto Pietro Carlo Pellegrini nell’affermare che dal dibattito si passa a una contrapposizione ideologica molto spesso a priori, specie quando si parla di cambiamenti o di nuove architetture.
È così, per una sorta di conservatorismo psicologico di chi, specie nel proprio quartiere e nei luoghi da sempre frequentati, vorrebbe che nulla cambiasse. Eppure lo sviluppo passa anche dalla modifica delle prospettive. Può valere per l’area ex Gesam così come per la manifattura come, per restare a San Concordio, alle ex officine Lenzi. Tutti e tre i progetti, di cui si discute da anni, contengono in sé, infatti, qualcosa che guarda oltre quello a cui siamo abituati e che ci rassicura: una passerella di collegamento fra la ex manifattura e le mura (a chi può nuocere una cosa del genere?), una ‘piazza coperta’ come non si è abituati a vedere nelle nostre latitudini, un cavalcavia sulla circonvallazione.

Tutti progetti (almeno i primi due, visto che il terzo è con tutta probabilità tramontato definitivamente) che, in caso ci siano le condizioni, è giusto che l’amministrazione comunale (non intesa come attuale maggioranza ma come entità a se stante che deve gestire le risorse dei cittadini, di qualunque colore essa sia) persegua e difenda laddove siano progettati, finanziati e in regola con gli strumenti urbanistici del territorio e con tutte le norme vigenti, comprese quelle ambientali e di tutela dei beni culturali. Questa “difesa” però non deve e non può essere sinonimo di infallibilità. Nessuno può pretendere, infatti, di presentare qualcosa di diverso dalla soluzione ritenuta idonea in un dato momento storico. Non l’unica, non la migliore.
Perché chi amministra ha quel ruolo, ma non può impedire, e qui si ritorna alle premesse, il dissenso e la critica. Da chiunque arrivi, anche da un singolo cittadino. Che sicuramente non avrà a disposizione tutti gli strumenti delle amministrazioni e non conoscerà lacci e lacciuoli di norme locali, regionali, statali ed europee e quindi tutti gli elementi per esprimere un parere necessariamente costruttivo. Ma a cui sicuramente non si può negare il diritto di esprimersi, anche solo di affermare che un certo progetto non piace esteticamente, che il disegno o il colore di una pista ciclabile è fastidioso, che un manufatto è ingombrante e disturbante alla vista. Un dissenso che, in quanto tale, non deve creare fastidi o reazioni scomposte né essere ostativo alle volontà di un amministrazione, anche laddove venga cavalcato politicamente dalle opposizioni o da comitati di qualunque consistenza.
Perché la democrazia significa anche perseguire progetti e iniziative, assumendosene le responsabilità con l’elettorato e con le generazioni future, le uniche che potranno giudicare con serenità e consapevolezza le scelte fatte dalle amministrazioni. Tenendo conto di una importante prospettive: la conservazione di un qualunque edificio, storico e non, non è un processo passivo: si può valorizzare, infatti, coniugandolo alle esigenze dell’oggi.
Complesso anche il tema della raccolta e smaltimento dei rifiuti. È forse dai tempi dell’inizio di questa testata che non riceviamo, con il passare dei giorni, un numero di segnalazioni così elevate su qualcosa che non funziona. Mancati ritiri, mastelli e buste lasciate per strada in attesa di ritiro, lamentele varie che vanno dai cattivi odori alla scarsa disponibilità degli operatori. Un elenco che non ha lasciato indenne nessun quartiere o frazione, mentre nel centro storico è ancora aperto e vivo il dibattito sui nuovi cassonetti fuori terra, Garby.
Anche in questo caso servono, però, alcune considerazioni. La prima è la ratio delle scelte dell’amministrazione: il nuovo servizio di raccolta differenziata sul territorio serve per non aumentare la tariffa relativa che, come è noto, per legge nazionale deve garantire al 100 per cento il costo. L’alternativa, quindi, al nuovo sistema che prevede lo smaltimento separato di vetro e multimateriale è una spesa maggiore per le tasche dei cittadini. L’altro elemento è che il servizio, e su questo è legittima ogni posizione, è svolto in realtà in parte con la compartecipazione del cittadino: che deve essere consapevole e informato.
Nello specifico il cambio di sistema ha lasciato disorientati coloro che ormai si erano abituati ad alcuni meccanismi, come esporre il mastello in strada in tarda mattinata (ora la raccolta avviene nelle prime ore del mattino) o lasciare contemporaneamente più contenitori esposti in strada. A questo si aggiunge, ovviamente, da una parte l’incuria di alcuni utenti, dall’altra o l’impreparazione o il pressapochismo di alcuni operatori che, le segnalazioni sono frequenti, nei primi giorni di raccolta hanno letteralmente saltato strade private e corti interne, in qualche caso invitando gli utenti ad esporre i contenitori all’inizio della strada.
Situazione che, con il passare delle settimane, si è andata regolarizzando, anche se ancora non si è raggiunto il livello ottimale di servizio, auspicabile comunque quanto prima.
Il timore, comunque, è che con l’entrare nel vivo di una campagna elettorale anomala, in cui non saranno tantissimi i momenti di confronto diretto fra candidati e cittadini a causa dell’emergenza Covid-19, polemiche, contrasti e conflitti aumentino a dismisura con l’obiettivo di criticare le decisioni delle amministrazioni in carica. Che magari, per evitare polemiche, procrastineranno alcuni degli interventi più discussi all’autunno.
Il rischio è, quindi, che la campagna elettorale per le regionali invece di arricchirsi di contenuti riguardanti una visione complessiva del futuro della Regionee le sue scelte (su temi fondamentali come la sanità, le risorse idriche, l’ambiente, la salvaguardia del paesaggio, la promozione di un modello diverso di sviluppo rispetto a quello turistico, ma anche, per restare ai temi locali, assi viari e rifiuti) si svilisca in una serie di beghe e beghette locali e ultralocali. Lo sport preferito di chi, in qualunque schieramento militi, non ha contenuti concreti da presentare agli elettori.
C’è bisogno di coraggio nelle scelte senza avere come prospettiva le tornate elettorali. E c’è bisogno di strumenti che facilitino gli interventi perché si possano misurare le amministrazioni su qualcosa che vada oltre gli annunci e anche oltre la dimensione esclusivamente locale.
Altrimenti sarà il solito film già visto, piuttosto avvilente, che purtroppo siamo pronti a rivedere nelle prossime settimane.