Virus e servizi socio-sanitari, Petretti: “Occasione per rifondare il sistema dal territorio”
Per la consigliera del Comune di Lucca la pandemia è l’occasione per ricucire la relazione di fiducia tra il cittadino e il sistema assistenziale pubblico
A tre settimane dalla riapertura delle scuole, in questa delicata e indefinita fase di convivenza col virus, aumentano ogni giorno le classi in quarantena anche in Lucchesia. Le temperature che si fanno via via autunnali favoriscono, in un certo senso, un ritorno alla consapevolezza dopo la parentesi estiva. Ed è come se ci fosse una sorta di seconda prova da superare per scongiurare un nuovo lockdown, forti dell’esperienza a caro prezzo maturata in primavera.
“Ancora oggi non ci sono cure certe né è stato perfezionato un vaccino – ricorda Cristina Petretti, consigliera comunale con delega alle politiche della salute del Comune di Lucca – e il virus continua a trasmettersi con facilità, causando una malattia sconosciuta e talvolta mortale: poche situazioni terrorizzano come questa. Ma allo smarrimento umano deve rispondere la visione politica. La capacità di mettere a sistema quella resilienza che il nostro sistema sanitario, soprattutto in Toscana, ha dimostrato”.
“Le sfide poste dal Covid-19 abbracciano l’etica, l’economia e non si limitano all’ambito sanitario. L’epidemia – continua Petretti – è, a ben vedere, un’occasione per consolidare importanti traguardi verso i quali, ancora, non c’è piena coscienza. In primo luogo rappresenta l’opportunità di evolvere il paradigma dell’assistenza spostando sul territorio gli investimenti, pur mantenendo solida l’offerta di cura degli ospedali per il tempo necessario a trattare le fasi acute”.
“Parlare di territorio – spiega Petretti – significa parlare di tutti quei servizi fuori dall’ospedale che concorrono a migliorare il livello di salute di una comunità che, come la nostra, sta inesorabilmente invecchiando. Il volto demografico che cambia pone nuove domande, nuovi bisogni. Le malattie croniche prevalgono sulle acute e richiedono un’attenzione prolungata e continuativa. Il territorio, anche in questo senso, ha una complessità simile a quella dell’ospedale. Si occupa di gestione della cronicità, di prevenzione, salute pubblica, riabilitazione, screening, salute mentale, disabilità, non autosufficienza, consultori, dipendenze, specialistica ambulatoriale. Non è banale gestire domiciliarità, residenzialità e supporto sociale, specialmente in tempi di Covid-19”.
Secondo la consigliera Cristina Petretti il territorio deve divenire, quindi, il nuovo baricentro del sistema sanitario: “È sul territorio che si decide la necessità assistenziale del cittadino. Dove questo modello ha funzionato, infatti, i danni della pandemia in fase 1 sono stati più contenuti. Dobbiamo lavorare per l’integrazione piena del sistema sanitario con il sistema sociale, ambiti che corrono ancora su binari separati nella gestione delle categorie più fragili – anziani, disabili, salute mentale e nuove povertà”.
Eppure, nella percezione comune, prevale il binomio sanità-ospedale. “Per invertire questa tendenza – commenta Petretti – dobbiamo restituire credibilità alla medicina pubblica e all’assistenza di base. Perno dell’assistenza territoriale sono certamente i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, primo contatto del cittadino col sistema e snodo nella presa in carico continuativa del paziente. Nell’emergenza, anche in virtù del loro status di liberi professionisti, sono stati lasciati soli, senza indicazioni per poter prendere decisioni. I prezzi pagati, in alcuni di questi casi, sono stati altissimi. La troppa burocrazia ha fatto il resto, spingendo i medici di base ad assumere un atteggiamento di difesa a scapito della relazione medico-paziente”.
“La salute – osserva Petretti – non è una questione individuale ma riguarda tutta la comunità: e il virus lo ha messo in luce. Si rende più che mai necessario oggi porre attenzione alla prevenzione primaria e secondaria e ai servizi di epidemiologia e di sanità pubblica. Negli ultimi 25-30 anni la sanità è stata ritenuta un costo e non un investimento, subendo un pesante blocco del turnover delle risorse umane. È così – spiega la consigliera – che le persone hanno iniziato a perdere fiducia nel sistema pubblico e si sono rivolte al privato per ovviare tempi di attesa troppo lunghi, complice anche una tardiva digitalizzazione. Si pensi, infatti, all’importanza della telemedicina e della gestione da remoto in tempo Covid: un metodo utile anche nell’affrontare la cronicità”.
“Ma il modello pubblico – incalza Petretti – avrà la capacità di rialzare la testa investendo in formazione del personale e nella valorizzazione delle professioni sanitarie territoriali? Saprà realizzare una vera capacità socio sanitaria nel gestire in maniera integrata le cronicità e le fragilità della popolazione? Saprà capire che c’è bisogno di un’innovazione digitale del sistema?”
Per concludere, Petretti lancia una considerazione sul recovery fund, il fondo di recupero dell’Unione europea per arginare l’impatto del coronavirus sulle economie: “Se il recovery fund deve solo servire a mettere dei ‘pannetti caldi’ sul sistema e non a rifondare il paradigma assistenziale alla luce degli innegabili cambiamenti epidemiologici, demografici e di contesto, avremo perso l’ennesima occasione. Credo che i tempi siano maturi perché questo non accada”.