Sanità, Rifondazione scrive al governatore Giani e ai prefetti sul dramma Rsa

Prima tappa di una campagna regionale. Parla il segretario lucchese Giulio Strambi
Lettera aperta del partito Rifondazione Comunista indirizzata al governatore della regione Toscana, Eugenio Giani e a tutti i prefetti del territorio, nell’ambito della campagna Prima la salute – prima la vita.
A presentare l’iniziativa è il segretario di Rifondazione Comunista di Lucca, Giulio Strambi. “È una campagna molto articolata che si svolge in tutta la Toscana, il cui tema è la sanità – spiega il segretario del partito Rifondazione comunista di Lucca, Giulio Strambi – Il primo argomento affrontato sono le residenze per anziani, perché sono un problema evidente che è venuto a galla durante questa pandemia e la Toscana conta 14 mila anziani ricoverati nelle Rsa. Lo scopo della nostra missiva è quello di richiedere un intervento in queste strutture, perché è evidente che il sistema non ha retto alla situazione. Noi proponiamo un intervento pubblico che riprenda in mano tutta la questione, escludendo i privati. Attualmente le Rsa comunali su Lucca sono gestite da cooperative private con appalti al ribasso, che poi non garantiscono la qualità dei servizi. Questo è, secondo noi, un primo intervento per riportare sul territorio la sanità, che ha subito un taglio di 37 miliardi in questi anni“.
Questo il testo completo della lettera
Egregio Presidente, come rilevato dalle stesse istituzioni regionali al momento del precedente picco del Covid-19, nelle Residenze Sanitarie Assistenziali, si è vissuta una vera tragedia nella tragedia che ha visto, purtroppo anche nella nostra Regione, la morte di molti ospiti.
La stessa situazione di contagio è presente in questa seconda ondata del contagio e già si sono verificate, in queste strutture, una serie di nuovi focolai che destano grande preoccupazione. Le Rsa si stanno, infatti, rivelando nuovamente un anello debole giacché nulla o poco è cambiato, dalla prima crisi sanitaria, nella loro gestione.
Non può sfuggire che ci sono responsabilità ben precise: primo, nel non aver affrontato, nei precedenti mesi, accumulando ulteriori ritardi, il problema del reclutamento del personale necessario; secondo, e più importante, di non aver realizzato, nei tempi utili, una seria programmazione per un evento, quello pandemico, largamente previsto, dotandosi di un piano per affrontarlo con efficacia. La recente morte di molti anziani, uomini e donne – affetti per le famiglie colpite cui non è stato possibile neanche l’accompagnamento in un ultimo saluto, oltre ad immergerci nella tragica esperienza della pandemia, ci dovrebbe aver insegnato l’essenzialità di disporre di un forte servizio sanitario pubblico.
Così non è stato! Per lungo tempo anche la nostra Regione non è stata immune, e in particolare in questi ultimi anni, da scelte che hanno determinato una riduzione dei servizi, tagli alle prestazioni, esternalizzazioni, privatizzazioni, impoverendo il nostro servizio sanitario regionale e, non ultimo, ha inopportunamente rinunciato ad un potenziamento ed una riqualificazione della sanità del territorio, il cui ruolo si è rivelato, o lo sarà ancora di più in futuro, centrale. Come certamente a sua conoscenza, la Toscana è una Regione anziana con oltre 940mila gli anziani, il 25% circa della popolazione totale (dati Istat 2017). Gli anziani non autosufficienti sono circa 114mila di cui 14mila in RSA. Luoghi, in cui, la maggioranza degli ospiti presenta patologie croniche e pluripatologie che possono determinare un esito infausto del decorso dell’infezione Covid-19. Riteniamo utile la sua recente ordinanza (n. 112 de 18 novembre 2020) che prevede un immediato intervento nelle Residenze Sanitarie Assistenziali, convertendo (con alto grado assistenziale e presa in carica del SSR) in Rsa Total Covid quelle con prevalenza di casi positivi ed il trasferimento degli ospiti negativi in strutture dedicate.
Ma, la diffusione del virus nelle Rsa toscane, ha dimostrato, e dimostra, in primo luogo che è fallito l’attuale modello di sostanziale privatizzazione di queste strutture. Un modello che va, dunque, radicalmente rivisto, anche in considerazione che la condizione degli anziani si è modificata -sia in senso positivo che problematico, nei 40 anni da cui le RSA sono nate.
Va programmata una strategia complessiva di ripensamento del modello medesimo; cosa che, purtroppo, troviamo risibile nei 4 capisaldi illustrati dalla relazione sul “Potenziamento e la riqualificazione della medicina territoriale nell’era post-Covid” della
Direzione generale della programmazione sanitaria del Ministero della Salute (che si riferisce alle risorse da attingere dal Recovery found).
Nella Relazione, infatti, per le Rsa sono previste, anche nell’opportuna definizione di un’organizzazione per moduli differenziati per livello di intensità assistenziale, nella sostanza soluzioni di carattere strutturale e tecnologico e un’implementazione dei percorsi di digitalizzazione. Nulla viene detto in merito al modello e ad un suo ripensamento che per quanto ci riguarda, e come già detto, rappresenta la questione più significativa. Noi pensiamo che le risorse dovranno essere distribuite all’interno di un quadro complessivo delle politiche di indirizzo regionale che accompagnino anche la redazione, da definire il prima possibile, del piano regionale di spesa delle risorse del ricovery found e che si che articoli:
– nell’avvio di un’urgente riqualificazione dei servizi di cura territoriali con un deciso potenziamento di servizi di home care, dell’assistenza domiciliare integrata con forme di vera e propria “ospedalizzazione” domiciliare, con le dovute risorse umane, le
necessarie figure professionali, i dovuti finanziamenti e il ricorso alle innovazioni che le
tecnologie della moderna medicina permettono di mettere in campo;
– nell’immediato è urgente la revisione del sistema di accreditamento regionale per le Rsa e le Rsd con la previsione di nuovi parametri quanti-qualitativi, a partire dai parametri e dagli standard assistenziali, e misure stringenti in termini di verifica e di
controllo;
– nella realizzazione di un diverso modello di gestione delle strutture sociosanitarie territoriali attraverso un processo di ripubblicizzazione all’interno del servizio sanitario regionale, individuando inoltre forme di tutela per gli attuali lavoratori.
– nella definizione di specifici indirizzi e linee guida riguardanti una nuova residenzialità per le persone fragili, disabili e gli anziani, anche non autosufficienti, puntando alla realizzazione di una residenzialità leggera (housing sociale, cohousing, ecc.) che tenga
conto della diversa gradualità delle condizioni delle persone e della necessaria garanzia della loro autonomia. Una residenzialità orientata verso soluzioni abitative le cui caratteristiche mettendo in discussione i paradigmi tradizionali in cui
l’istituzionalizzazione rappresenti l’ultima ratio.
Si tratta, con urgenza, di provvedere ad atti concreti, in controtendenza a quanto fatto negli ultimi decenni, affinché tragedie come quelle cui si è assistito non debbano più ripetersi e si possa, anche nella nostra Regione, ridisegnare una nuova pagina per queste
strutture residenziali. Si può fare! Tante sono oramai le esperienze internazionali ed europee, ma anche nel nostro Paese, che lo dimostrano.