Bindocci (M5S): “Fondazioni bancarie, un ruolo ambiguo che a Lucca fa esplodere tutte le contraddizioni”

Il consigliere comunale: “Bisogna vederci chiaro per garantire un bilanciamento fra interesse pubblico e gestione privata”
Ex manifattura e dintorni, il consigliere del Movimento Cinque Stelle, Massimiliano Bindocci, interviene sul ruolo della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca sull’operazione.
“Leggiamo in questi giorni – scrive Bindocci – diversi endorsement più o meno spontanei fatti alla Fondazione Bancaria lucchese ed a chi la gestisce. La sensazione è che pochi conoscano appieno di cosa si tratta, talvolta anche i vari autori delle sviolinate, da come ne parlano, sembra che non sappiano bene nemmeno cosa sia una fondazione bancaria, le origini, le finalità e nel caso di Lucca l’andamento. Premetto che ho il massimo rispetto per il ruolo delle fondazioni e ne riconosco l’utilità, ma come per gli ospedali, riconoscerne l’utilità non ci esonera dal denunciarne i limiti. Infatti è innegabile che il ruolo delle fondazioni è ambiguo, volendo dire con “ambiguo” che vi è una pluralità di interessi contraddittori che ne caratterizzano lo status, il ruolo, la natura e le funzioni”.
“Ci sono a mio parere almeno quattro ambiguità – dice – la natura privata delle fondazioni e gestione di denaro dei cittadini; la non sottoposizione agli strumenti di controllo delle società, pur essendo enti privati, ma il controllo ministeriale; la governance interna tra quella delle fondazioni, quella degli enti e quella delle associazioni; la qualificazione che oscilla tra quella degli enti non profit e il ruolo di investitori istituzionali che devono fare redditività. Ricordo poi che ci sarebbe molto da dire del rapporto che hanno con le banche conferenti, come si è visto in modo drammatico a Siena sul Monte dei Paschi ed in parte anche a Verona”.
“Proviamo a fare – prosegue – due minimi approfondimenti, tenendo a mente il caso lucchese: la difficile coesistenza tra utili e investimenti “sociali”. Le fondazioni bancarie sono nate agli inizi degli anni Novanta con un ben preciso compito di pubblica utilità: riversare i proventi del patrimonio loro conferito nel finanziamento di iniziative socialmente utili nei territori di riferimento. Si trattava di obiettivi no-profit di utilità sociale a favore delle comunità locali. Però le fondazioni bancarie devono, allo stesso tempo e per legge, garantire utili e la redditività degli investimenti in determinati ambiti, sebbene calmierata da queste finalità. Tornando alla Fondazione della Cassa di Risparmio di Lucca crediamo che una conoscenza dei bilanci recenti, da parte di chi si prodiga in certe smancerie, meriterebbe un approfondimento, proprio perché un impoverimento della fondazione toglierebbe risorse a queste finalità. Cosa conoscono questi sostenitori di quei bilanci? Li hanno letti? Sanno comprendere, al di là dei numeri, l’effettiva consistenza del patrimonio? Tali quesiti non sono di poco conto: meno denaro significa meno erogazioni a vantaggio della collettività“.
“Leggendo alcuni bilanci – dice ancora – sono diversi gli investimenti e le voci che a parere mio che invece meriterebbero delle spiegazioni, ricordo che qualche anno fa ci fu anche una ispezione ministeriale i cui esiti meriterebbero di essere resi noti. Eppure i laudatores a prescindere non hanno letto, né certo richiesto, i rapporti del ministero dell’economia e delle finanze, come purtroppo neppure noi, dato che sul sito della Fondazione non sono resi pubblici. Ci si spertica in complimenti, senza nulla sapere. Niente di grave per carità, però informiamoci. Perché visto che la fondazione condiziona la politica della città, è necessario che la città si occupi della fondazione”.
“L’altro punto esiziale a Lucca è il rapporto tra fondazione e politica – dice ancora – la autonomia formale e sostanziale dalla politica. Tranne il controllo ministeriale è sancita anche con regole specifiche la autonomia tra la governance delle fondazioni e la politica, ma la realtà, almeno a me pare, spesso diversa. E mi riferisco a quello che sta accadendo con la ex manifattura, ma non solo. Di fatto la politica si trova condizionata in scelte strategiche dalle “proposte” della fondazione, che avendo la capacità di sostenere finanziariamente le sue proposte si trova di fatto a decidere del futuro delle comunità locali, scegliendo la destinazione di certi contenitori, dei contenuti culturali ed artistici, di quali imprese lavorano e di quali “scendono” sul territorio, di cosa fare e dove farlo. Credo che in attesa che il legislatore finalmente riformi lo statuto delle fondazioni, bisogna si debba prendere atto delle storture del sistema. Sulla partita “manifattura” gli interessi in ballo sono enormi, di diversa natura Ma anche su altri accordi siglati di recente tra Comune e fondazione, andrebbero approfonditi, al di là delle belle parole delle conferenze stampa. Ed allora la politica dovrebbe pretendere alcuni cambiamenti di metodo: quando si siglano patti con la Fondazione e quest’ultima contribuisce a certi progetti, bisogna avere totale trasparenza, sui conti, sulle procedure di affidamento dei lavori o dei progetti, sulle imprese cui i progetti sono assegnati, magari preferendo imprese del territorio ma non facendo distinzione fra di esse se non per capacità e valore”.
“Ed a monte, visto il ruolo della politica – dice ancora – senz’altro prioritario rispetto a quello di un privato investitore, il rapporto non può essere rovesciato, come vediamo nel caso della vicenda manifattura. Non si attendono le proposte della fondazione, ma è la politica che formula le proposte cui la fondazione, al pari di molti altri investitori, può manifestare interesse. Diversamente operando, come in questo caso, le alternative, magari migliori, finiscono per essere escluse. Deve essere la cittadinanza con la amministrazione eletta a scegliere cosa fare e dove, ed eventualmente la fondazione a contribuire, trovo improprio il contrario. Il problema che io vedo nell’’affaire manifattura’ è principalmente questo, che anziché nascere da una scelta strategica della comunità, dal territorio, nasce da una proposta di Fondazione e Coima. Leggendo poi le perplessità formali e il rischio di danno erariale, per quello che alcuni ritengono una svendita, senza parlare del superamento di certi vincoli, i dubbi aumentano”.
“Ma la necessità di vedere chiaramente – conclude – oltre le ambiguità – in senso non polemico, ma tecnico – in merito al ruolo della fondazione bancaria e del bilanciamento tra interesse pubblico e gestione privata, a Lucca in particolare, è il vero dilemma da dipanare per la trasparenza, la autonomia dei ruoli ed una reale democrazia nella gestione del territorio“.