Martiri delle foibe, Fdi: “Fondamentale promuovere la cultura del ricordo”

Il circolo I Borghi di Lucca interviene alla vigilia della ricorrenza del 10 febbraio
Giorno della memoria, interviene il circolo I Borghi di Lucca con le parole della presidente Annamaria Frigo e del direttivo.
“Il 10 di febbraio – dice – rappresenta per noi un “appuntamento con il dovere della testimonianza”, un “richiamo” a rompere il silenzio sulla vicenda delle foibe. Il giorno nel quale l’urlo dei nostri fratelli gettati nelle foibe, diventa il nostro “urlo”. Nel 2005 gli italiani furono chiamati per la prima volta a celebrare il Giorno del ricordo, in memoria dei nostri fratelli torturati, assassinati e gettati nelle foibe (le fenditure carsiche usate come discariche) dalle milizie della Jugoslavia di Tito alla fine della seconda guerra mondiale. La memoria delle vittime delle foibe e degli italiani costretti all’esodo dalle ex province italiane della Venezia Giulia, dell’Istria di Fiume e della Dalmazia è un tema che ancora divide, ma quelle persone meritano, esigono di essere ricordate, dopo essere rimaste nel regno dell’oblio per quasi sessant’anni, per anni dimenticate persino dai libri di storia ed è vergognoso che ancora oggi ci sia chi non voglia riconoscere la veridicità dell’eccidio”.
“Le uccisioni avvenivano in maniera spaventosamente crudele – prosegue Fdi – I condannati venivano legati l’un l’altro con un lungo fil di ferro stretto ai polsi, e schierati sugli argini delle foibe. Quindi si apriva il fuoco trapassando, a raffiche di mitra , non tutto il gruppo, ma soltanto i primi tre quattro della catena, i quali, precipitando nell’abisso, morti o gravemente feriti, trascinavano con sé gli altri, condannati così a sopravvivere per giorni sui fondali delle voragini, sui cadaveri dei loro compagni , tra sofferenze inimmaginabili”.
“Fondamentale dunque promuovere la cultura del ricordo – conclude la nota – affinché simili tragedie non debbano più ripetersi e proprio Il 10 febbraio, in quanto il dramma delle terre italiane dell’Est si conclude con la firma del trattato di pace di Parigi il 10 febbraio 1947. Trattato nel quale l’Italia consegnò alla Jugoslavia numerose città e borghi a maggioranza italiana rinunciando per sempre a Zara, alla Dalmazia, alle isole del Quarnaro, a Fiume, alla’Istria e a parte della provincia di Gorizia, e di fatto le regalò anche il diritto di confiscare tutti i beni dei cittadini italiani, con l’accordo che sarebbero poi stati indennizzati dal governo di Roma (cosa che non avvenne mai). Un muro di silenzio, una tacita complicità durata decenni, riguardo ad “una pulizia etnica pianificata”, che soltanto dopo il 1989 (con il crollo del muro di Berlino e l’autoestinzione del comunismo sovietico), cominciò a sgretolarsi”.