Ironia social sull’atleta trans, Piagentini: “Ecco perché serve la legge contro l’omotransfobia”

22 febbraio 2021 | 11:11
Share0
Ironia social sull’atleta trans, Piagentini: “Ecco perché serve la legge contro l’omotransfobia”

L’attivista Lgbt: “Barsanti si è tolto il travestimento da moderato che di solito indossa”

“Con il post becero contro Lauren Hubbard, atleta neozelandese presa di mira in quanto donna trans, il consigliere comunale di Casa Pound, Fabio Barsanti, una cosa buona l’ha fatta: è riuscito a mostrarsi per quello che è, togliendosi per un attimo il travestimento da moderato che di solito indossa”. Così Massimiliano Piagentini, attivista Lgbt di Lucca.

“Siamo di fronte – dice – ad un soggetto che utilizza i social per discriminare, aizzando i propri followers contro “obiettivi” da abbattere, alla stregua di un bullo qualsiasi. Se almeno fosse minorenne, avremmo potuto chiedere ai genitori di toglierli lo smartphone. Invece è un quarantenne che insulta scientemente una donna, la sua l’identità di genere, e poi cerca goffamente di negarlo arrampicandosi sugli specchi e spacciandosi per appassionato di sollevamento pesi femminile“.

“Come ha giustamente scritto Selvaggia Lucarelli su Facebook – dice Piagentini – in risposta ad un commento giustificazionista di un fan del consigliere “è interessante che per molti il focus sia la disparità di forza tra uomo e donna. Il focus è “lei ha il cazzo”. E usa l’espressione “cazzi” perché è dispregiativa, perché sposta il focus sul suo essere donna con attributi maschili, perché è volgare e schernente. Il focus è il linguaggio e chi fa finta di non comprenderlo o lo trova trascurabile, chi trova un post del genere un’occasione di discussione sulla disparità di forza uomo/donna, è parecchio distratto, ingenuo o in malafede””.

Barsanti è pure recidivo – prosegue Piagentini – nel 2019, infatti, Facebook chiuse il suo profilo personale. Decisioni del genere vengono assunte dal social network dopo varie segnalazioni, una volta verificato che l’utente diffonde in rete discorsi basati su odio e discriminazione. Barsanti non è una “vittima del politicamente corretto”, come piagnucola in queste ore. Le vittime sono le persone che colpisce. Ed è indicativo che “politicamente corretto”, categoria nata negli Usa negli anni novanta, tra i giovani delle università per indicare un cambiamento della terminologia con la quale si indicano tutte le minoranze, sia usato dal consigliere in termini dispregiativi, facendolo diventare sinonimo di ipocrita, radical chic, “buonista” (ovvero falso) e comunque spregevole”.

“È grave che Barsanti e tutti quelli che si comportano come lui – conclude – possano farlo tranquillamente, senza rischi, dato che il disegno di legge Zan contro l’omotransfobia giace alla Camera in attesa di approvazione. E allora tutta questa vicenda solleva alcuni interrogativi ineludibili: chi diffonde via social messaggi d’odio e istiga alla transfobia, può ricoprire il ruolo di consigliere comunale? Con quale legittimità e credibilità? E, soprattutto, che esempio dà con il suo agire?”.