Il tribunale autorizza un minore a cambiare sesso, il Popolo della Famiglia: “Sentenza choc a favore di ideologie mutilanti”

Giurlani: “Doveroso difendere l’innocenza dei bambini per questo ribadiamo il nostro ‘no’ al gender nelle scuole”
I giudici del tribunale di Lucca hanno autorizzato un minore a cambiare sesso all’anagrafe, concedendo anche l’autorizzazione a effettuare l’intervento chirurgico. Su quella che è a tutti gli effetti una sentenza storica, dal punto di vista della cosiddetta giurisprudenza, emessa nei giorni scorsi dal palazzo della giustizia cittadino interviene il Popolo della Famiglia di Lucca, tramite la portavoce Ilaria Giurlani.
“Questa sentenza, fra l’altro la seconda in Italia, non può che farci preoccupare e deve suscitare in tutti noi almeno la voglia di vederci chiaro. I numeri in crescita ci danno un’idea della situazione. Ma dietro questo aumento delle richieste di cambio sesso cosa c’è? – si chiede Giurlani -. Ci sono interessi personali, dei singoli individui o delle rispettive famiglie o si nascondono gli interessi di qualche pericolosa ideologia? Se così fosse, riteniamo doveroso difendere l’innocenza dei bambini e dei ragazzi da preoccupanti ideologie mutilanti. Oltretutto i nostri giovani si trovano a dover affrontare, come tutti noi, una pandemia che li ha stravolti, proprio in una fase della loro vita molto delicata già di per sé. L’aumento dei casi di suicidio (anche nella nostra provincia) proprio di tanti ragazzi ci dà l’idea di quanto difficile sia gestire questa situazione, oltretutto senza che nessuna istituzione fornisca ai nostri giovani un qualsiasi aiuto, materiale e psicologico, per fronteggiare l’emergenza”.
“Le teorie gender indicano – aggiunge il segretario nazionale del Popolo della Famiglia Andrea Brenna – un processo progressivo di denaturalizzazione o allontanamento dalla natura verso una opzione totale per la decisione del soggetto emotivo. Con questo atteggiamento, identità sessuale e famiglia divengono dimensioni della ‘liquidità’ e ‘fluidità’ post-moderna: fondate solo su una malintesa libertà del sentire e del volere piuttosto che sulla verità dell’essere; sul desiderio momentaneo della pulsione emotiva e sulla volontà individuale. Inoltre l’educazione all’affettività ha bisogno di un linguaggio adeguato e misurato. In primo luogo, essa deve tenere conto che i bambini e i giovani non hanno ancora raggiunto la piena maturità e si accingono a scoprire la vita con interesse. Pertanto, è necessario aiutare gli alunni a sviluppare un senso critico davanti a una invasione di proposte, davanti alla pornografia senza controllo e al sovraccarico di stimoli che possono mutilare la sessualità. Di fronte a un bombardamento di messaggi ambigui e vaghi – il cui fine è un disorientamento emotivo e l’impedimento della maturità psico-relazionale – occorre aiutarli a riconoscere e a cercare le influenze positive, nel tempo stesso in cui prendono le distanze da tutto ciò che deforma la loro capacità di amare”.
“È ancora più chiaro, dopo questa sentenza – conclude Giurlani – quanto occorra tenere alto il nostro simbolo con la sua inequivocabile scritta ‘No gender nelle scuole’ e quanto sia urgente che le amministrazioni locali destinino le loro risorse a prevenire i disagi dei nostri giovani, anziché finanziare progetti scolastici che vanno ancor più a disorientare i bambini”.