Futuro del Caffè Di Simo, scontro in commissione. Il sindaco: “Immobile privato, i vincoli sono solo sugli arredi”

28 settembre 2021 | 19:18
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Il presidente della commissione controllo e garanzia ipotizza un acquisto tramite la Fondazione Puccini, per Barsanti la Soprintendenza può dichiararne l’interesse pubblico per garantirne il decoro

La vicenda del futuro dello storico caffè Di Simo è tornata al centro della seduta della commissione controllo e garanzia di oggi (28 settembre), su richiesta del presidente nonché capogruppo di minoranza di SiAmo Lucca, Remo Santini.

Ai lavori della commissione hanno partecipato oltre al presidente i consiglieri Pilade Ciardetti, Roberto Guidotti, Fabio Barsanti e Massimiliano Bindocci, l’assessore con delega alla cultura Stefano Ragghianti e il sindaco di Lucca Alessandro Tambellini.

Il tema della seduta di oggi, il caffè di Simo, chiuso da quasi dieci anni, un triste anniversario che sarà raggiunto nell’agosto del 2022. La storia di questo glorioso locale risale al 1846, quando ad aprire il caffè fi Carlo Caselli. Nel 1902 viene lasciato al figlio, Alfredo, che intraprende l’attività di mecenate e ne fa un luogo di ritrovo per i grandi nomi della cultura.

Molti i personaggi, frequentatori del bar Caselli, tra poeti, artisti e musicisti, che hanno dato lustro al Novecento italiano, tra cui: Giacomo Puccini, Alfredo Catalani, Giosuè Carducci e Giovanni Pascoli. Nel 1921, alla morte di Alfredo Caselli, il caffè viene acquistato dai fratelli Di Simo e per molti anni è stato il luogo di attrazione anche da parte di chi viene da fuori Lucca, per la sua storia, per i suoi prodotti e per i tanti appuntamenti culturali organizzati.

“Possiamo parlare quindi del Caffè Di Simo, come un luogo dalla grande importanza storico-culturale per il lucchese, diventato negli anni una sorta di istituzione – dichiara il consigliere e presidente di commissione, Remo Santini – È normale che tra i più affezionati, nasca il dibattito su una sua riapertura dopo quasi dieci anni di chiusura. L’argomento è ritornato alla ribalta della cronache il 15 agosto, giorno in cui si è festeggiato i cento anni dalla morte di Alfredo Caselli, colui che è riuscito a trasformare un caffè in un luogo di cultura. Con questa seduta è nostra intenzione fare il punto della situazione, cogliendo l’occasione anche della presenza del sindaco, sindaco che durante i due mandati più volte con l’amministrazione si è impegno per trovare o facilitare una soluzione per la riapertura del locale”.

“Tutti sappiamo che sì – dice Santini – la proprietà è in testa a una società di privati, che ci sono stati dei contenziosi giudiziari e quant’altro. Ma noi qui, stiamo a parlare dell’impegno profuso dall’amministrazione comunale. Caffè di Simo è uno dei luoghi simbolo della città, ha un interesse pubblico a fianco di quello privato e per la sua rinascita ha bisogno di un intervento pubblico. È interesse anche dell’amministrazione comunale farlo tornare un fulcro della vita culturale cittadina. Lascerei la parola a questo punto al sindaco chiedendo la situazione allo stato dell’arte e quali iniziative e progressi si sono stati fatti in questi anni”.

Prima di proseguire nella discussione, il consigliere Pilade Ciardetti chiede di prendere la parola sollevando, a suo dire, un vizio procedurale nella richiesta di convocazione della seduta: “Sono molto perplesso per questo tipo di convocazione, sono andato a vedere il regolamento in cui si parla della funzione di questa commissione che è di verifica e controllo sugli atti avvenuti, non su altre questioni. Per questo incontro, di atti non ne ho visti, chiedo pertanto al presidente di indicare quali sono gli atti istituzionali onde valutarne la coerenza con la legge. Si tratta di un argomento importantissimo, me ne rendo conto, ma forse non siamo nel luogo giusto per parlarne. Altro punto essenziale, il locale ha un proprietario, è qui presente? È stato interpellato? Io trovo assurdo che la commissione tratti questo argomento senza la presenza di una persona che è fondamentale in tutta questa storia”.

A calmare un po’ gli animi, per proseguire la questione sul caffè è il presidente Santini: “Nel mio mandato di presidente di commissione ho sempre cercato di ricoprire il mio ruolo con la massima correttezza. Sugli atti, il consigliere Guidotti ha parlato nell’ultima seduta di incontri con la proprietà e l’amministrazione, ne ha parlato più volte. Ho sotto mano una dichiarazione del presidente del consiglio comunale Battistini, del 2018, che dichiara di aver messo a disposizione gli uffici della presidenza comunale per un confronto per cercare soluzioni per la riapertura del caffè Di Simo. Abbiamo pensato di invitare la parte privata – prosegue -, ma vogliamo parlare di cosa ha fatto l’amministrazione comunale in questi anni, come si è mossa. Il contesto lo reputo adatto per capire cosa ha fatto e per capire quali altre azioni si possono eventualmente condurre dopo tutto questo tempo trascorso. Qua si parla della parte pubblica non privata, la commissione non vuole mettere sotto accusa nessuno, ma conoscere soltanto lo stato dell’arte”.

Chi è più informato sulla quesitone è il sindaco di Lucca Alessandro Tambellini: “Posso fornire ragguagli articolati, ma non possiamo entrare in alcun genere di contrattazione, perché interessa esclusivamente la parte privata. Il caffè Di Simo è nel cuore dei lucchesi, soprattutto per chi conosce la storia della nostra città. Numerose le personalità di spessore culturale che l’hanno frequentato. Il caffè ha una sua connotazione anche per gli arredi contenuti, un particolare stile floreale in legno liberty e non potrà essere cambiato da chiunque si assumerà la gestione dell’impianto. Il locale è di grandi dimensioni ha un piano superiore con varie stanze e uno spazio all’esterno interessante in piazza Guidiccioni”.

“L’ultima gestione si è conclusa con la chiusura del caffè – dice an cora – L’amministrazione ha provato a presentare nuove opportunità per la gestione, chiaro che non si tratta di una cosa semplice da risolvere, è uno spazio molto ampio che richiede un personale numeroso e non ordinario. Qualunque gestore o investitore, chiederà almeno un piano economico-finanziario che lo mantenga. Lo stesso la proprietà, chiederà di veder garantita una stabilità, una funzionalità di insieme, che possa durare nel tempo.  Questo inquadramento non è stato ancora raggiunto, ma ci sono delle prospettive nuove, avviate in più occasioni e mi auguro e spero che possano giungere a delle conclusioni. Noi come amministrazione facciamo tutto il possibile per rinnovare l’interesse degli investitori. Vedremmo se ci saranno intese utili, considerando sempre che l’interlocuzione è con un soggetto privato”.

Sotto questo punto di vista, la proprietà del Di Simo, attraverso la stampa, ha chiesto di non diffondere notizie false su una sua riapertura, per non compromettere eventuali future contrattazioni.

Il locale è vincolato dalle belle arti – dice il consigliere Guidotti ma vi è anche l’obbligo di mantenere gli arredi, le strutture che fanno conservazione all’interno degli arredi dopo tanti anni fermi non sono sicuri che ripartano. Aggiungere nuove tecnologie è una problematica aggiuntiva a quella della ristrutturazione. C’è una difficoltà sugli impianti e sulle nuove normative, se manteniamo il locale com’è non c’è bisogno di aggiornare la situazione, ma se fai un solo cambiamento, c’è l’obbligo di adeguarsi alle normative nuove, come ad esempio i bagni per disabili. Questo percorso è un rapporto che è esclusivo tra la proprietà ed un eventuale gestore, la trattativa la porta avanti il privato e l’amministrazione deve fermarsi. Sono comunque a conoscenza di progetti interessanti, dove c’era intenzione di rivalutare l’aspetto culturale del locale, con un’attività che permette di mantenersi. Ma la volontà di qualsiasi amministrazione e qualsiasi forza politica deve finire qui”.

Molte le voci che si sono susseguite in questi anni sul futuro del noto caffè e nel tempo in molti hanno lanciato le idee più fantasiose per una sua futura riapertura.

“A causa delle numerose difficoltà nel far ripartire un locale con tutti questi problemi, ha mai pensato l’amministrazione comunale a provare ad un acquisto? Magari con la Fondazione Puccini, non per farlo tornare un bar, ma un luogo museale e culturale da aggiungere agli altri luoghi culturali della città”, chiede Remo Santini.

Si acquista, se c’è qualcuno disposto a vendere, non è dato per scontato. Bisogna inoltre avere una gestione molto oculata, l’esperienza insegna che non è tanto problematico acquistare, è problematico poi gestire, in modo che la gestione sia possibile in termini finanziari, la Fondazione Puccini non dispone di certo del personale adeguato”, precisa il sindaco Tambellini.

Anche il consigliere di opposizione Fabio Barsanti, interviene: “Sono passati dieci anni, che sono tanti, anche per l’amministrazione, per la riuscita di quello che si è tentato di fare il bilancio è negativo. Ma per la considerazione storica fatta dal sindaco in ricordo di Caselli, credo che la città avrebbe avuto maggiore interesse di fronte a questa figura. Se ci fosse stata un’iniziativa valida, si poteva approfittare della ricorrenza per capire qualcosa in più sulla vicenda. È importante dare un’accelerata a questa cosa in vista del centenario di Puccini e sarebbe un disastro il festeggiamento di una simile ricorrenza senza valorizzare i luoghi pucciniani. C’è mai stata un’interlocuzione con Fondazione Puccini o altre Fondazioni come Cassa di Risparmio di Lucca per un intervento sul caffè Di Simo? Altra domanda, qual è la collocazione del locale di fronte al codice dei beni culturali? Terza domanda, quali sono le possibilità da parte dell’amministrazione di intimare alla proprietà di tenere decoroso all’apparenza gli spazi del caffè? Vista le gestione non proprio impeccabile fatta dalla proprietà. Io credo che il privato abbia degli obblighi per l’interesse pubblico del luogo, come indicato nel codice dei beni culturali. Chiedo inoltre al sindaco se può chiarire il discorso sulla casa di Puccini a Viareggio, se c’è intenzione di venderla al Comune di Viareggio”.

Il sindaco tiene subito a s rispondere a quest’ultima domanda: “La casa di Puccini di Viareggio, della Fondazione Puccini, è un lascito testamentario. Poi c’è stata l’interlocuzione attraverso i tribunali di Simonetta Puccini, per farsi riconoscere nell’asse ereditario di Puccini stesso, diritti poi ottenuti. La casa di Lucca è stata poi riacquistata da Fondazione Cassa di rRsparmio e data in gestione alla Fondazione Puccini. Della casa di Viareggio, stiamo cercando di recuperare almeno le condizioni di sicurezza, attraverso bandi e non abbimamo alcuna intenzione di venderla al Comune di Viareggio. Per adesso non ne troviamo motivazioni”.

“Per quanto riguarda il decoro – prosegue il sindaco Tambellini -, quando è mantenuto nelle forme esterne, nei criteri di decenza e si mostra così com’è, non si hanno criteri di intervento per poter riaprire una vetrina. Non mi risulta che l’immobile sia protetto dalla legge sui beni artistici quanto l’arredo. Se il bene fosse notificato e se ne contrattualizzasse la vendita, lo Stato avrebbe diritto di prelazione entro sessanta giorni. Non mi sembra possibile anche un intervento della Fondazione Puccini, perché andrebbero ben oltre i limiti possibili della fondazione stessa. D’altra parte non ho trovato altro interesse da parte di altre Fondazioni lucchesi”.

Barsanti insiste nella sua linea: “Siccome nel decreto viene scritto che la dichiarazione di bene di interesse pubblico viene fatto dalla Soprintendenza e lei mi conferma che il vincolo è solo sugli arredi interni, mi chiedo se: visto che la situazione non si sblocca, è mai stata considerata la possibilità di chiedere alla Soprintendenza la notificazione di tutto l’immobile, dichiarandolo bene di interesse pubblico? Credo che ciò sia nella facoltà dell’amministrazione comunale”.

Ma il sindaco non è convinto che sia possibile e soprattutto non ritiene che sia la strada da percorrere, perché potrebbe portare ad uno strappo con la proprietà. “L’interlocuzione con la Soprintendenza sul caffè Di Simo non è stata mai avviata in modo ampio, sappiamo del vincolo ma per quanto si sa, vale solo per l’arredo. Non è qualcosa che può acquistare la Soprintendenza e per una vendita bisogna intendersi in due, anche un subentro forzoso sarebbe possibile?”

Il consigliere Roberto Guidotti conferma che i vincoli delle belle arti sono solo sugli arredi del locale: “I vincoli sono sugli arredi e parti di arredi e il progetto del locale deve passare per la Soprintendenza, che ha l’ultima parola ed è una delle cose che spaventa gli investitori”.

“Spero e mi auguro – conclude Santini – che si posso dare il via al dibattito su questa struttura all’interno delle commissioni. Scriverò al presidente della commissione cultura per proseguire la discussione”.