Arte pubblica, Mammini: “Più concorsi di qualità e installazioni temporanee nelle città”

31 gennaio 2022 | 12:31
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Arte pubblica, Mammini: “Più concorsi di qualità e installazioni temporanee nelle città”

L’assessora all’urbanistica apre la riflessione sul tema e dice no a oggetti dal messaggio incomprensibile, che generano “inquinamento visivo”

L’arte e la città, le installazioni temporanee e la necessità di ricorrere ai concorsi di qualità, da preferire ai doni di manufatti artistici che possono produre “inquinamento visivo”. Ma anche l’arte e la politica, l’arte che è comunicazione ed espressione del tempo. Una riflessione su questo tema è stata lanciata questa mattina (31 gennaio) dall’assessora all’urbanistica del Comune di Lucca, Serena Mammini, con alcuni appunti sul suo diario Facebook.

“Arte pubblica. Arte in pubblico, arte per il pubblico. Un tema interessante, complesso e delicato – scrive Mammini – che meriterebbe di essere approfondito con tranquillità, respiro lungo e pensiero pulito. Intanto il problema principale è: cosa è l’arte. E qui ci dovremmo fermare subito perché potremmo arrivare a domani e non essere ancora a nulla. Materia poliedrica l’arte, camaleontica, problematica di natura perché pone domande. È rassicurante perché può dare risposte, utopica perché allunga lo sguardo, sfacciata perché non sempre rispetta le regole. È bellezza ma anche orrore. È prostituta quando si vende al mercato, ma deve pur vivere. È disciplina, fatica, esercizio. Punto di approdo visivo, sensuale. Emoziona e commuove. Stupisce. Senz’altro prende sempre posizione. Sa essere divertente, perché conosce la leggerezza che non è la superficialità. È l’arte, è coscienza, conoscenza, è forma, è tutto“.

“L’arte pubblica – continua Mammini – si trova stretta tra la propria poetica, tra le varie e non univoche esigenze dei cittadini che vivono lo spazio in cui si inserisce e il rischio di strumentalizzazioni politiche o peggio ancora di quelle pseudo politiche o ‘comitatesche’. Collocare un oggetto d’arte in un qualsiasi luogo pubblico è un atto politico assai rilevante. Per questo, in una democrazia, richiederebbe percorsi, approfondimenti, una certa cultura, competenza e anche un po’ di sana prudenza. E per questo oggi sono preferibili le installazioni temporanee che, anzi, andrebbero incentivate“.

Va avanti l’assessora all’urbanistica: “Oggi tutti ci sentiamo autorizzati a pontificare su tutto, dalla medicina alla fisica nucleare, figuriamoci a parlare di arte, l’espressione dell’animo per eccellenza che, come tale, può ricoprire tutte le attività dell’uomo. Un progetto di arte pubblica proprio come tale non può prescindere dall’ascolto del territorio e delle comunità in un rapporto relazionale e in un processo ‘educativo’ che costruisce cultura, significati. Occorre prendere confidenza con l’arte perché deve incidere sulla vita di ognuno, entrare nel quotidiano e possibilmente migliorarlo per quanto possibile, in conoscenza e verità. È lì apposta”.

“E invece – prosegue Mammini – sia l’arte che l’educazione civica, insieme, vengono penalizzate nelle scuole e proprio nei momenti più bassi, nei lunghi ‘inverni democratici’, come quello che stiamo vivendo. Sia l’arte pubblica sia la politica per loro natura tendono al bene comune, ma facciamo attenzione tra ciò che è arte e alcuni strani oggetti sospesi tra l’ornamento e l’arredo o addirittura a curiose ‘patacche’; e attenzione a quella politica che usa l’arte per plasmare percezioni, convincere. Per quanto la politica oggi è così debole, senza midollo, che il rischio è assai recondito”.

Argomenta ancora Mammini: “Però il rischio di azioni di arte pubblica di scarso livello che vadano a incidere sul territorio e rimangano lì per lunghi anni c’è. Per evitarlo forse occorrerebbe un collegamento diverso tra la teoria dell’arte e la pratica. Tra l’accademia e il mondo reale. Occorrerebbe un ritorno ad una certa umiltà senza la quale non può nascere un fattivo rapporto con il processo creativo dell’arte. Intanto incentivare la pratica del concorso ed evitare, se possibile, i ‘doni d’arte’ (non sempre ci si guadagna) che spesso sono specchio egocentrico di taluni artisti. Ma anche migliorare in qualità le giurie di alcuni concorsi”.

“Penso al mitico concorso del 1401 a Firenze – spiega l’assessora – per una porta del Battistero. Bando che segnava la ripresa di prestigiose committenze pubbliche e banco di prova per giovani artisti. Tema: la formella con il sacrificio di Isacco. Emersero Ghiberti, che si aggiudicò la commissione, e Brunelleschi, ma soprattutto emerse un nuovo linguaggio che aprirà alla rivoluzione rinascimentale. Ma torniamo in terra. Che senso ha avere intere librerie di saggi sull’arte, sull’estetica, sulla storia e sulla biografia di artisti, che senso ha avere grandi storici dell’arte e rischiare di trovarsi circondati, su e giù per la penisola, di oggetti talvolta di dubbio gusto (ma questo può essere soggettivo) e soprattutto dal messaggio spesso incomprensibile. Anche quello visivo è un inquinamento. E allora – conclude Mammini – torniamo a riflettere anche su questi temi che non sono minori, anzi, al di là delle polemiche su tutto, possono arricchire i nostri sensi, in meglio”.