Giorno del ricordo, Anpi: “Tragedia che deve essere oggetto di una riflessione storica”

8 febbraio 2022 | 16:58
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Giorno del ricordo, Anpi: “Tragedia che deve essere oggetto di una riflessione storica”

Anpi: “Necessario cancellare interpretazioni faziose. Serve una memoria condivisa”

In occasione del 10 febbraio, giorno del ricordo nel quale si vuole rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra, non si fa attendere la nota dell’Anpi.

“Questo giorno – si legge – avrebbe dovuto, da sempre, essere oggetto di una riflessione storica, a cui l’Anpi non si è mai sottratta, nel costante tentativo di avviare una riflessione che, alla luce della ricerca, contribuisse a mettere a fuoco quegli avvenimenti per superare visioni di parte. Da sempre l’Anpi ha manifestato orrore ed esecrazione per le foibe, per tutte le sue vittime, per tutti quei civili e quegli innocenti colpiti da questa immane tragedia, così come fu quella dell’esodo di tanti italiani ma sostiene, anche, che essi vadano inseriti nella più complessa vicenda del confine orientale, come dice la legge”.

“Un esodo, frutto della violenza scatenatasi in quei territori, che vide arrivare nella nostra città un migliaio di persone – spiega Anpi – la legge ha operato nel senso di un vero e proprio tentativo di appropriazione dell’insieme di eventi drammatici che hanno costellato il periodo della guerra e del dopoguerra nel confine italo-sloveno, finalizzato alla loro trasformazione in una sorta di rendita memoriale da spendere in favore esclusivo di una parte politica, mirata alla legittimazione per sé e alla delegittimazione degli avversari”.

“Se si fosse privilegiata la ricerca storica su questa questione – prosegue Anpi – non sarebbero stati dimenticati, con il semplice metodo dell’omissione: l’invasione fascistadi quei territori in seguito all’entrata in guerra al fianco della Germania nazista; l’espulsione delle popolazioni non italiane e comunque l’’italianizzazione forzata’ (reato parlare lo sloveno e il croato); l’infoibamento dei resistenti e dei civili jugoslavi; i tre anni di persecuzioni nazifasciste in quei territori”.

Le ragioni della politica hanno distorto la verità storica – si legge nella nota – sostituendola con una memoria di banalizzazioni, polemiche, faziosità, in una ricostruzione operata solo su quanto avvenuto dopo, quando la Resistenza jugoslava, sull’onda dell’avanzata delle truppe sovietiche dalla vittoria di Stalingrado in poi, prese il controllo di quei territori. Come sempre avviene nelle guerre di liberazione e di guerra anche civili, ci fu spazio anche per vendette e processi sommari, fino all’uso delle foibe e che questo sia avvenuto nessun storico lo può negare ma i fatti devono essere letti con l’onestà intellettuale di storicizzare, collocare questi episodi, in una successione di eventi che hanno origine nell’invasione fascista e nei ‘metodi’ usati dai nazifascisti e dai loro alleati italiani”.

“Questo dobbiamo ricordare oggi: sono soprattutto i crimini commessi dalle forze italiane, rimasti impuniti nel dopoguerra e sostituiti da una narrazione che coltiva il mito del ‘buon italiano’. La drammatica vicenda delle foibe – continua Anpi – si caratterizza come un’esplosione di forza brutale che è l’esito di uno straordinario laboratorio di violenza qual è stato il fascismo di confine dal 1919 in poi, e, in seguito, l’invasione della Jugoslavia del 6 aprile 1941, e ancora il dominio nazista sul Litorale adriatico. In queste circostanze l’uso della violenza, avviatosi ed esploso con la prima guerra mondiale, raggiunge livelli estremi, e in questo scenario si collocano le foibe del 1943 e del 1945”.

“E’ necessario – conclude Anpi – che la ricostruzione storica riprenda il suo posto,cancellando interpretazioni faziose perché nessuna ‘riconciliazione nazionale’ è pensabile fra opposte memorie, fra quella fascista e la Memoria resistenziale. Una memoria condivisa dovrebbe muovere da un patto o da un’ intesa tra forze politiche e forze sociali che individuasse almeno nella ‘Liberazione del nostro Paese e nella sua Costituzione’ le fondamenta per costruire qualcosa di comune”.