Francesco Palmieri (+Europa): “La bocciatura dei referendum? Una scelta politica”

17 febbraio 2022 | 17:10
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L’esponente radicale: “Difficile riproporre a breve una campagna di raccolta firme sui quesiti bocciati. Quelli rimasti sono molto tecnici e il rischio è l’astensionismo”

Di tutti i referendum finiti sotto la lente d’ingrandimento della Consulta, tre sono stati bocciati. La doccia fredda per i comitati promotori è iniziata due giorni fa (15 febbraio), quando è stato giudicato inammissibile il quesito sulla legalizzazione dell’eutanasia, ieri (16 febbraio) sono stati giudicati inammissibili anche quelli sulla depenalizzazione della coltivazione della cannabis e sulla responsabilità civile diretta dei magistrati.

La decisione presa dalla consulta è stata illustrata ieri in una irrituale conferenza stampa dal presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato. Una conferenza giunta come una novità inattesa e che sarebbe dovuta servire per allentare le polemiche su una possibile politicizzazione delle decisioni, ma che nella realtà ha sortito l’effetto opposto. Dai comitati promotori è arrivato un duro attacco al presidente della Consulta e dopo aver ribattuto punto su punto le scelte, già si parla di una decisione politica.

Dello stesso parere Francesco Palmieri di +Europa: “La Consulta fa il suo mestiere. Che non è quello affidatogli dalla Costituzione, ma dalla politica. Fa politica. I tre referendum bocciati, guarda caso, sono quelli più popolari, che avrebbero portato più persone al voto. In questo modo, volente o nolente, secondo me volente, la Consulta ha riempito la bisaccia degli astensionisti che avranno buon gioco per disertare le urne. Perché sono rimasti solo cinque quesiti sulla giustizia, fondamentali per la vita democratica di questa paese, ma difficili da spiegare, abbastanza tecnici, lontani dal vissuto della maggior parte delle persone”.

I quesiti in cui i cittadini italiani sono tenuti ad esprimersi riguardano tutti la giustizia. L’abolizione della legge Severino, eliminando le norme che rendono incandidabili coloro che sono stati condannati in via definitiva per mafia, terrorismo, corruzione e altri gravi reati. Particolare attenzione soprattutto l’articolo 11, che prevede per gli amministratori locali la sospensione, dopo la condanna di primo grado per alcuni reati. L’abolizione della custodia cautelare per alcuni reati e soprattutto della carcerazione preventiva. Separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, sulle elezioni dei componenti dei Csm e l’ultimo sui consigli giudiziari, consentendo il voto agli avvocati sulle valutazioni delle professionalità dei magistrati.

Per gli altri è arrivata la bocciatura, ma è possibile ripresentare la richiesta di referendum modificando i quesiti? “Il colpo alla stagione referendaria è stato duro, io non credo che a breve possa essere riavviata una raccolta firme con lo stesso entusiasmo, anche da parte dei cittadini, come c’è stato questa volta – spiega Francesco Palmieri – Sicuramente la lotta non si ferma, ci sono molti modi per continuare le battaglie, disobbedienze civili, autodenunce e perché no anche le elezioni sono un modo per propagandare certi temi”.

Per quanto riguarda i temi approvati nei cinque referendum risultando molto tecnici è possibile ci sia difficoltà nell’esprimere un giudizio da parte dei cittadini? “Sono questioni tecniche che incidono direttamente sulla loro vita, che purtroppo non ne sono informati, i mezzi di comunicazione non ne parlano e lo fanno in maniera strumentale, facendo sentire solo una parte delle voci in campo. Si, è giusto che possano esprimersi, sarebbe meglio che fossero informati, noi proseguiremo con i banchetti e volantinaggio per le strade e anche una comunicazione tramite social, speriamo di avere un supporto dai media a cui spetta la responsabilità più grande”.

Quali sono le motivazioni che hanno portato alla bocciatura dei tre referendum? “La Consulta si è arrogata un diritto del parlamento, quello di legiferare. Si è parlato di leggi che poi consentono di uccidere, di vacatio legis, ma non è compito della Consulta occuparsi di queste cose.Negli anni la verità è che se n’è sempre occupata, ha sempre fatto politica perché i suoi organi in buona percentuale sono di nomina politica e quindi fanno politica.

Sulla coltivazione della cannabis, è l’unico referendum in cui si è posta un’eccezione prevista dall’articolo 75, sulla violazione degli accordi internazionali. La cosa è un po’ complessa, il referendum incideva sul comma 1 di questa legge in cui la cannabis non è nominata e la Consulta ha avuto buon gioco a bocciarla. La cannabis è nominata nel comma 4, ma gli effetti sono nominati nel comma 1, non si può quindi fare un referendum abrogando solo l’articolo 4, perché gli effetti del comma 1 rimangono validi. Inoltre, devo aggiungere che non esiste una violazione degli accordi internazionali, perché l’unica sostanza che può essere usata così com’è è solo la cannabis. Le altre piante citate, coca e papavero, non possono essere assunte così come sono, vanno raffinate, ed è proprio li che incidono gli accordi internazionali. Amato e la consulta lo sanno, ma siccome è una cosa tecnica e difficile da spiegare, hanno avuto buon gioco a bocciarla”.