Di Simo (Lucca sul serio): “Il Comune dovrà prendersi cura dei luoghi carichi di storia”

La candidata consigliera: “Né i giovani né i turisti che riempiono le strade e le piazze, rispetteranno i monumenti se l’amministrazione continuerà a trascurarli”
“La cultura, tesoro di Lucca”. Parte da qui la riflessione di Laura di Simo, candidata consigliera con Lucca sul serio per Alberto Veronesi sindaco.
“Ho iniziato questa campagna elettorale, titubante e incerta, perché era fuori dai miei progetti, ma devo dire che poco a poco mi sono appassionata. Merito certamente del bel gruppo di persone che si è riunito intorno al candidato sindaco Alberto Veronesi: molti i giovani, quasi tutti neofiti, che si affacciano come me per la prima volta a questa esperienza – spiega -. Io mi occupo da sempre di tematiche culturali, perché è stato il mio lavoro; proprio per questo, mi piace che un uomo di cultura, un direttore d’ orchestra, per la prima volta si proponga come sindaco. Purtroppo devo constatare che negli ultimi anni a Lucca è mancata una programmazione culturale adeguata. Addirittura, per lunghi periodi, l’assessorato competente è stato vacante e temporaneamente coperto dal sindaco. In una città come questa, secondo me, bisogna attivare un processo di educazione e rispetto del ‘bello’, di tutto quello che la storia ci ha lasciato. Finora si è puntato prevalentemente a soddisfare i piaceri del corpo, un trand questo dominante un po’ ovunque: ai giovani, come ai turisti si offre solo da bere e da mangiare, fino allo stordimento della movida“.
“Senza voler demonizzare la voglia di stare insieme e divertirsi, io credo che ci sia bisogno anche di altro – prosegue -. Faccio un esempio: delle numerose sale cinematografiche che fino agli anni ’80 del secolo scorso richiamavano un pubblico attento e un dibattito culturale vivace, oggi ne sono rimaste solo tre, costrette a una programmazione lacunosa e confusa. Nessuna delle amministrazioni precedenti ha pensato di utilizzare i numerosi edifici dismessi, all’ interno delle Mura, per aprire un multisala, in cui proiettare pellicole diverse, che possano attirare un pubblico più vasto e più vario. Negli spazi dei cinema e dei teatri sono subentrate le grandi catene, che hanno distrutto il commercio lucchese, la cui peculiarità era l’ artigianato. Dunque, se non vogliamo che Lucca diventi una mangiatoia a flusso continuo e un parco giochi, da attraversare col trenino o con i tandem turistici, bisogna cambiare rotta. Quindi si dovrebbero proteggere e privilegiare le poche attività artigianali ancora esistenti sul territorio e soprattutto ripristinare gli edifici (numerosi) di epoche diverse, ormai abbandonati”.
“Tralasciando l’ enorme complesso della Manifattura, le cui alterne vicende sono sotto gli occhi di tutti, voglio citare due realtà più piccole, ma secondo me indicative di come non si deve ridurre una città: il Cortile Lorenzini e il Caffè Di Simo. Il primo, per chi non lo conosce, è un cortile interno a un gruppo di palazzi tra Corso Garibaldi e Via Cittadella: lo spettacolo che offre all’ osservatore è insieme stupendo e desolante – va avanti Di Simo -. Dalle finestre degli ultimi piani si dominano i tetti e i campanili più famosi, da S.Romano, a Santa Maria Nera, Sant’ Alessandro, San Martino, l’Angelo di San Michele; guardando in basso purtroppo ci rendiamo conto che si tratta di una discarica a cielo aperto. Sui resti di un tracciato carrabile ottocentesco, che conduceva alle caserme circostanti (sotto cui recenti scavi, poi interrotti, hanno portato alla luce una tomba longobarda) crescono erbacce e arbusti che vengono tagliati solo ogni cinque anni, in campagna elettorale: come se non bastasse, su tutto questo giacciono strati di immondizia, strani ordigni di incerta provenienza e ferraglia rugginosa di vario genere. Il Caffè Di Simo invece è un luogo storico della città, fin dalla seconda metà dell’ ‘800, quando Carlo e Alfredo Caselli, padre e figlio, lo resero un gioiello del Liberty e si adoperarono per farlo diventare un centro culturale, da cui sono passati i protagonisti dell’ arte, della letteratura, della musica di allora, da Pascoli a Puccini, Pea, Giacosa e tanti altri”.
“Ora è chiuso da anni, nel bel mezzo del salotto buono cittadino, via Fillungo e dalla saracinesca abbassata si intravedono gli specchi e i pochi arredi dell’epoca polverosi e cadenti: per chi ha vissuto e vive la città è una ferita insanabile. E vero che si tratta di una proprietà privata, ma essendo un bene storico, gli amministratori potevano e dovevano intervenire, tentare una mediazione, trovare con qualsiasi mezzo una soluzione, per fare rivivere questo luogo caro ai lucchesi e non solo. Gli esempi sopra citati sono una palese testimonianza del vuoto culturale che ha caratterizzato le precedenti amministrazioni: ecco perché bisogna puntare sull’educazione e sul rispetto del bello. Né i giovani né i turisti che riempiono le strade e le piazze, rispetteranno i monumenti e luoghi carichi di storia, se il Comune stesso non se ne prenderà la dovuta cura – conclude -. Chiudo con un’ultima considerazione: questo abbandono che si avverte in certi luoghi, questa scarsa attenzione alle aree dismesse, può dare spazio a imprenditori privi di scrupoli, che con l’alibi di ristrutturare appartamenti e quartieri, passando tra le maglie della burocrazia, si permetteranno di alterare impunemente paesaggi e ambienti, in una parola lo skyline della città”.