Lo storico Paolo Buchignani: “Il caso Pertini a Lucca? E’ solo la punta dell’iceberg”

21 ottobre 2023 | 17:54
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Lo storico Paolo Buchignani: “Il caso Pertini a Lucca? E’ solo la punta dell’iceberg”

Il professore analizza quanto accaduto in consiglio comunale mettendolo in relazione con le dinamiche politiche nazionali

Il no alla mozione per intitolare una strada o una piazza all’ex presidente della Repubblica Sandro Pertini? “E’ la punta dell’iceberg di un problema molto serio”. A dirlo, intervenendo sul caso che ha portato Lucca alla ribalta di giornali e tg a livello nazionale, è Paolo Buchignani, storico e scrittore, già docente di storia contemporanea all’Università per stranieri di Reggio Calabria e socio ordinario dell’Accademia lucchese di scienze, lettere e arti.

“Quando, nel secondo dopoguerra – esordisce Buchignani -, il socialista Vittorio Foa incontrava a Montecitorio il deputato del Movimento sociale italiano Giorgio Pisanò, gli diceva: ‘Caro Giorgio, quando comandavate voi io stavo in galera, ora che comandiamo noi tu stai in parlamento’. Questa è la differenza tra il fascismo (il Msi era un partito neofascista) e la democrazia liberale rappresentativa garantita dalla nostra Costituzione, redatta da tutte le forze democratiche, alle quali la dittatura di Mussolini aveva tolto ogni agibilità politica e condannato i suoi esponenti al carcere, al confino o alla morte. Essi, assieme agli ebrei, erano stati espulsi dalla comunità nazionale, che ammetteva solo i fascisti, secondo una visione totalitaria, liberticida e razzista, mentre la nazione nata dalla Resistenza ha restituito la libertà e i diritti fondamentali a tutti gli italiani, compresi quelli che li avevano tolti e calpestati per vent’anni, portando il paese alla rovina materiale e morale”.

“Tra le vittime più illustri di questa repressione oltre ai nomi noti di Antonio Gramsci, morto in carcere, Giacomo Matteotti e Giovanni Amendola, i fratelli Carlo e Nello Rosselli, barbaramente assassinati dai sicari del duce assieme a tanti altri cittadini comuni e sconosciuti – ricorda Buchignani -, c’è Sandro Pertini, limpida e nobile figura di antifascista che mai si è piegato al regime (rifiutò con sdegno la domanda di grazia che sua madre aveva avanzato a Mussolini) ed esponente di primo piano della lotta di liberazione. Tra il 1978 e il 1985 è stato Presidente della Repubblica, uno dei presidenti più amati dal popolo italiano e anche uno che è stato capace di unirlo e legarlo alle istituzioni democratiche”.

“La giunta di destra che governa il comune di Lucca in cui sono presenti i fascisti dichiarati di Casa Pound, determinanti per la vittoria del sindaco Pardini – sostiene Buchignani – ha respinto la proposta dell’opposizione di intitolare una strada o una piazza al presidente Sandro Pertini. Non solo: nell’aula del Consiglio comunale abbiamo assistito alle urla dell’assessore e capo di Casa Pound e a quelle del capogruppo di Fratelli d’Italia, il partito della Meloni, che ha scandito lo slogan fascista A noi!. Questa vergogna, che ha conquistato la ribalta nazionale finendo addirittura nei titoli di testa di del TG della 7, è la punta dell’iceberg di un problema molto serio, che investe l’attuale governo, la premier e la sua maggioranza. Giorgia Meloni, formatasi nella cultura neofascista del Msi (la fiamma tricolore è ancora presente nel simbolo del suo partito), approdata a Palazzo Chigi, ha dovuto necessariamente ammainare alcune bandiere sovraniste, populiste e demagogiche riconducibili a quella cultura e sventolate in campagna elettorale: le sparate contro l’Europa e l’euro, i blocchi navali e altro. E questo è stato un bene a cui la realtà l’ha costretta, ma sarebbe auspicabile che questa costrizione si traducesse nell’inizio di un processo tale da trasformare un partito neo-fascista in una formazione politica di destra liberale emancipata dalle sue impresentabili origini. Una destra, dunque, democratica, estranea al fascismo, che si alterna al governo con una sinistra altrettanto liberale e democratica. Purtroppo i persistenti legami della premier coi fascisti spagnoli di Vox, con l’ungherese Orban (teorizzatore della ‘democrazia illiberale’) e con la destra sovranista polacca (fortunatamente sconfitta alle recenti elezioni), non sembrano essere di buon auspicio. E di certo la Giorgia non è incoraggiata a mettersi su questa strada né dal gruppo dirigente del suo partito (che non eccelle per livello culturale e capacità politica), né dalla truppa di capetti e gregari: tutti soggetti, i quali, in larga misura, non perdono occasione per esternare la loro fede fascista, come l’episodio di Lucca, uno dei tanti, seppure, forse, il più clamoroso (si è inneggiato al fascismo non in strada ma in consiglio comunale) sta lì a dimostrare”.