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Fagnani (Lega): “Il sistema sanitario deve salvare vite, il suicidio assistito non è progresso”

19 febbraio 2025 | 17:40
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Fagnani (Lega): “Il sistema sanitario deve salvare vite, il suicidio assistito non è progresso”

Il capogruppo della Lega in consiglio comunale a Lucca stigmatizza, anche come medico, la nuova legge regionale toscana

Continua a far discutere la legge regionale toscana sul suicidio medicalmente assistito. A chiedersi se il passaggio segni un vero progresso o un progressismo con annichilimento delle coscienze è il capogruppo della Lega in consiglio comunale a Lucca, Massimo Fagnani.

“La Toscana – riepiloga il consigliere – è la prima Regione a normare con una propria legge tempi e modi per terminare la propria vita, qualora si verifichino particolari condizioni di salute. Queste condizioni da rispettare per l’ammissibilità della richiesta sono state indicate dalla Corte Costituzionale con la sentenza 242 del 2019. Quella sentenza della Corte rappresenta il primo passo fondamentale verso il diritto di ricevere un aiuto per morire, il cui pieno ‘sviluppo’ veniva rimesso all’azione legislativa del parlamento. Stante la decisione di non decidere in tal senso dell’organo legiferante, alcune Regioni sono andate avanti per proprio conto recependo e approvando con alcune modifiche l’impianto di una proposta di legge di iniziativa popolare formulata dall’associazione Luca Coscioni. La Toscana ha terminato questo iter approvando una propria legge lo scorso 11 febbraio”.

“Non vogliamo entrare nel merito della scelta. Ogni grande partito – dice Fagnani –  trattandosi di tematica etica, che tocca la coscienza di ognuno in un senso e nell’altro, ha lasciato liberi i propri rappresentanti di votare o di comportarsi come da propria convinzione. E infatti laceranti dubbi erano, e sono, trasversalmente presenti in entrambi gli schieramenti, così come in tutte le persone che si sono concesse ponderate riflessioni in merito. L’ultimo periodo della nostra vita terrena sembra poco importante solo a chi non riesce, magari per autodifesa mentale, a riflettere attentamente su quel delicatissimo momento; quella fase propone al contrario interrogativi, problematiche e scelte importantissime“.

“Premetto – continua Fagnani – che ogni concetto che evidenzierò sarà frutto di riflessioni personali che non rispecchiano necessariamente indicazioni o posizioni del partito di cui faccio parte; premetto inoltre che sono un medico chirurgo che si è formato, e ha studiato tutta la vita, per salvare vite: difficile quindi per me pensare di collaborare e assistere una persona che ha deciso, al contrario, di terminare la propria esistenza. I cittadini si sono divisi in due grandi gruppi, coloro che sono contenti e fieri della scelta Toscana vedendola come una conquista di libertà e coloro che invece ne sono profondamente scossi e in disaccordo. I favorevoli parlano di forte scelta di civiltà, di grande passo in avanti della democrazia, di libertà di scelta finalmente sancita e criticano i contrari definendoli illiberali e condizionati dal credo religioso”.

Prosegue il capogruppo leghista: “Rileviamo in primis che la legge toscana non era assolutamente indispensabile. Come già detto la non punibilità della procedura di assistenza al suicidio era già stata sancita dalla Corte Costituzionale. È infatti di questi giorni la decisione della Regione Lombardia di accettare la richiesta di un cittadino di porre termine alla propria vita, avendone i requisiti, in assenza di una specifica normativa regionale. Il presidente toscano Giani si è espresso minimizzando la portata della legge regionale descrivendola come una legge meramente organizzativa e procedurale in attesa di quanto verrà normato dal parlamento, pronto a recepire quanto eventualmente legiferato dallo Stato”.

“A noi, però, non interessano eventuali profili di incostituzionalità per conflitto di attribuzione tra i diversi poteri dello Stato. Questi – dice ancora Fagnani – si possono palesare come scusante per non prendere posizione alla data attuale e rimandare nel tempo la decisione dello schierarsi da una parte o dall’altra. E non ci interessano troppo nemmeno eventuali profili di disparità che si potrebbero evidenziare tra le varie Regioni: in effetti la disciplina fondamentale è già normata dalla Corte. Nemmeno il paventato turismo della morte, da più parti evocato, ci appare come deterrente da evocare per criticare l’impianto normativo regionale toscano”.

“Personalmente come politico, come cattolico, ma in primis, come medico – spiega Fagnani – mi sta a cuore principalmente una cosa: la tutela della vita dei più fragili, che dovrebbe essere difesa, curata, liberata da sofferenza e accompagnata nella fase finale tramite l’applicazione effettiva delle cure palliative disciplinate dalla legge 38/2010. Ricordiamo a tal proposito che hanno accesso alle cure palliative in Regione Toscana soltanto tre pazienti su dieci. Già questo dovrebbe far riflettere e personalmente non è ritenuto accettabile”.

Continua Fagnani: “Il Ssr toscano dovrebbe prendersi carico, entro quei due mesi e mezzo previsti dalla legge toscana per terminare l’iter di interruzione assistita della propria vita, anche di tutti quei cittadini che presentano una patologia, perchè il primo dovere del sistema sanitario dovrebbe essere quello di migliorare le condizioni della vita dei propri assistiti, e non quello di aiutarli a terminarla. Quasi sempre i pazienti vogliono smettere di soffrire e non smettere di vivere. I progressi della medicina lo consentono, e i medici seguiranno sempre la loro mission, ma un conto è ‘accompagnare’ e un conto è ‘aiutare’. Un’altra cosa vogliamo evidenziare: il ‘diritto di morire’ non può e non deve trasformarsi in un ‘dovere morale di morire’. Sarebbe l’evoluzione più negativa e il ‘progresso’ di cui si parla diventerebbe una sconfitta per tutti. Allora ci chiediamo: i pazienti con patologie importanti e con sofferenza fisica, sono davvero liberi di scegliere come da quarta pre-condizione imposta dalla Corte Costituzionale?”

“Abbiamo visto tante volte – aggiunge Fagnani – pazienti che lamentavano come una fatica insostenibile la loro vita, perché malati e/o afflitti da angosce e dolori. Quanto dista il confine tra questa condizione, pur in presenza degli altri requisiti previsti dalla Corte, e una scelta, libera e consapevole, di voler terminare la propria vita magari per il non voler essere più un peso economico e/o fisico per i propri cari/figli/marito/moglie? In talune condizioni, quanto siamo davvero liberi di scegliere?”

“Infine – prosegue Fagnani – esprimiamo un altro dubbio. La Corte esclude la punibilità dell’aiuto al suicidio nei casi considerati, rimanendo ‘affidato alla coscienza del singolo medico scegliere se prestarsi, o no, a esaudire la richiesta del malato’. E non potrebbe essere altrimenti. La legge regionale toscana ‘forza’ questo concetto assegnando all’Asl il compito di assicurare tutta l’assistenza sanitaria necessaria per l’autosomministrazione del farmaco letale affermando che il trattamento ‘deve’ essere supportato dal medico, anche se su base volontaria. Non deve sfuggire la sostanziale differenza: la Corte non ha sancito il diritto di avere un’assistenza per il malato che abbia deciso di porre fine alla propria vita nelle condizioni previste. La Corte ha escluso una punibilità dell’aiuto a farlo qualora ricorrano quelle determinate condizioni. Il sistema sanitario è nato per salvare vite”.

“Una conquista di civiltà sarà reale solo quando la normativa – conclude Fagnani – sancirà i tempi per fare quella risonanza, che può salvare una vita, e questi tempi dovranno essere almeno minori di quelli che sono stati sanciti dalla legge toscana per terminarla. Gli ospedali non dovrebbero presentare una doppia corsia di trattamento per pazienti nella medesima situazione clinica: da un lato una assistenza palliativa con eliminazione della sofferenza, dall’altro un protocollo di aiuto per terminare la propria vita. Il grande rischio, già evidente nei paesi dove si pratica l’eutanasia, è quello di generare la convinzione nei malati che a un certo punto sia meglio, per il malato, per i familiari, per la società, non vivere più. E non rappresenterebbe certo una conquista di civiltà”.