Del Ghingaro e l’Altra Toscana: “Il civismo è la nuova grammatica politica”

Il primo cittadino di Viareggio ribadisce i punti centrali della federazione delle civiche: partecipazione, responsabilità e concretezza
Un lungo intervento domenicale, per parlare del civismo come nuova grammatica politica.
È quello di Giorgio Del Ghingaro, sindaco di Viareggio e coordinatore de L’Altra Toscana, federazione dei civici toscani che guarda alle elezioni di ottobre.
Del Ghingaro parte da una premessa, che riguarda la partecipazione, per “superare la crisi della rappresentanza con partecipazione, responsabilità e concretezza: un orizzonte politico che nasce dai cittadini e ritorna ai territori”
Un nuovo paradigma di partecipazione
“Viviamo – spiega Del Ghingaro – in un’epoca in cui i modelli tradizionali della politica mostrano segni evidenti di esaurimento. L’astensionismo cresce, la fiducia nelle istituzioni cala, e sempre più cittadini si sentono lontani dai luoghi della decisione. In questo contesto, prende forma un nuovo paradigma: quello del civismo libero. Non un ritorno all’anti-politica, ma un’altra politica, fondata sull’autonomia delle persone, sulla responsabilità condivisa e sulla capacità di costruire risposte dal basso, radicate nei bisogni concreti delle comunità. Il civismo libero non si definisce in opposizione ai partiti, ma rispetto a una certa forma di partito: verticale, autoreferenziale, spesso sorda ai territori. Esso propone un modello orizzontale, partecipativo, generativo. Un civismo che non rinuncia all’ambizione politica, ma la declina in forme nuove: reti, alleanze, percorsi condivisi”.
Dal civismo sociale al civismo politico
“Troppe volte si è ridotto il civismo a una categoria residuale: movimenti locali, comitati, liste civiche “di testimonianza”. In realtà, il civismo può e deve essere una proposta politica attiva. Significa dotarsi di visione, strutture leggere ma solide, capacità di incidere nelle istituzioni. Significa portare la qualità della cittadinanza attiva dentro i processi decisionali, superando la frammentazione e costruendo coerenza tra i diversi livelli di governo. È il tempo di un civismo che non si accontenta di contestare, ma propone. Che non si limita ad animare, ma amministra. Che non delega, ma si assume la responsabilità della complessità”.
Una politica delle cose da fare
“Perché il civismo sia forza trasformativa, deve radicarsi nella concretezza – spiega il primo cittadino – Alcune priorità su cui può costruire una proposta condivisa: una rete civica strutturata, che metta in comunicazione esperienze locali, amministratori, associazioni e singoli cittadini attivi, superando l’isolamento e costruendo intelligenza collettiva; una legge sulla partecipazione aggiornata, che riconosca e valorizzi il ruolo dei cittadini nei processi decisionali, introducendo strumenti digitali e percorsi deliberativi accessibili e vincolanti; un piano per la rigenerazione urbana e territoriale, che investa nelle aree marginali e nei vuoti urbani attraverso progetti nati dal basso, con un modello di governance snello e partecipato; un patto per i beni comuni, che riconosca acqua, suolo, paesaggio e cultura come risorse da gestire in modo condiviso, promuovendo esperienze di co-gestione e cittadinanza attiva; percorsi di formazione civica diffusa, capaci di offrire strumenti, linguaggi e consapevolezza a chi desidera impegnarsi, con particolare attenzione alle nuove generazioni”.
Costruire un orizzonte comune
Il civismo libero non è un’identità da rivendicare, ma una pratica da costruire. La sua forza sta nella capacità di unire ciò che oggi è disperso: esperienze, energie, intelligenze. Non chiede adesione ideologica, ma disponibilità all’impegno concreto. Non promette soluzioni facili, ma propone metodi trasparenti e aperti. Non punta a sostituire un’élite con un’altra, ma a ridare protagonismo ai cittadini. In un tempo in cui la sfiducia è diventata sistema, il civismo libero può essere l’antidoto più forte: perché non si limita a chiedere conto, ma si assume il compito del fare. Non si tratta solo di cambiare chi governa, ma di riscrivere il come. E soprattutto il con chi.