In Jugoslavia trionfa la Cecoslovacchia: decide il ‘cucchiaio’ di Panenka

Sconfitta in finale la Germania Ovest ai calci di rigore. Tutte le gare decisive finiscono ai supplementari e oltre per l'edizione più equilibrata di sempre

Nessuna defezione per l’edizione 1976 dei campionati europei di calcio, che sono ormai diventata una competizione matura e a pieno diritto nel calendario internazionale delle manifestazioni calcistiche internazionali.

Tutte e 32 le federazioni iscritte alla Uefa, infatti, partecipano alle qualificazioni divise negli ormai consueti otto gironi che qualificano le vincenti alle sfide di andate di ritorno dei quarti di finale. Gare decisive, poi, da disputarsi per questa annata nella Jugoslavia di Tito, con gare equamente divise fra la croata Zagabria e la serba Belgrado.

In un girone equilibratissimo un’Italia affidata a Fulvio Bernardini e al primo Enzo Bearzot non sfrutta adeguatamente le gare casalinghe (due zero a zero contro Polonia e Finlandia) ed esce pur perdendo solo la sfida di esordio a Rotterdam con l’Olanda di Cruijff. Un match comunque da ricordare perché fu la prima in azzurro di Giancarlo Antognoni, futuro campione del mondo e icona della Fiorentina. Polveri bagnate per la nazionale azzurra che in sei partite segna solo tre gol, con Boninsegna, Chinaglia su rigore e Capello. Alla fine è l’Olanda, per differenza reti, a volare ai quarti di finale, a scapito della Polonia.

Negli altri gironi promossa la Cecoslovacchia, che mette dietro l’Inghilterra, ma anche Portogallo e Cipro; il Galles, che mette in fila Ungheria, Austria e Lussemburgo; la Jugoslavia che fa percorso netto salvo un ko in Irlanda del Nord con irlandesi, Svezia e Norvegia. Nei restanti raggruppamenti sorridono la Spagna (tre vittorie e tre pareggi nel girone con Romania, Scozia e Danimarca), la ‘solita’ Unione Sovietica che la spunta su Irlanda, Turchia e Svizzera; il Belgio (di misura sulla Germania Est e su Francia e Islanda); la Germania Ovest campione uscente con Grecia (che paga un ko a Malta), Bulgaria e Malta.

Il lotto delle quattro partecipanti alle fasi finali in Jugoslavia si decide con i quarti di finali che, salvo in un caso, praticamente si decidono già nelle gare di andata. L’Olanda liquida la pratica già con il 5-0 dell’andata con i cugini del Belgio (tripletta di Rensenbrink): il ritorno (vinto 2-1) è solo una formalità. Decisive anche le vittorie dell’andata di Jugoslavia con il Galles (2-0, 1-1 al ritorno) e della Cecoslovacchia con l’Unione Sovietica (2-0, 2-2 al ritorno). Resta in bilico, dopo la prima sfida di Madrid la gara fra Spagna e Germania Ovest. Finisce 1-1 con il gol di Santillana cui risponde Beer nella ripresa. Il passaggio del turno, quindi, si decide il 22 maggio del 1976 a Monaco di Baviera. E la Germania, campione in carica, con i gol di Hoeness e Toppomoeller, archivia la pratica nella prima frazione.

Si va, per le fasi finali, in Jugoslavia, con gare equamente divise fra la croata Zagabria e la serba Belgrado, quando il maresciallo Tito è ancora vivo e la guerra civile è ancora lontana. Sono proprio i padrini di casa ad essere fra i favoriti per il successo finale. Ma questa è una delle edizioni più equilibrate di sempre del torneo. Nessuna delle gare di semifinali e finali, infatti, si conclude al 90’. Apre le danze, a Zagabria, la sfida fra Cecoslovacchia e Paesi Bassi. Nei tempi regolamentari fa tutto il capitano cecoslovacco Ondrus: gol del vantaggio al 19’, autogol poco dopo la mezz’ora del secondo tempo per l’1-1. Dopo il gol del pari la squadra di capitan Cruijff (ammonito dopo solo un minuto di gioco) rimane in dieci per l’espulsione di Neeskens e resiste fino al 90’. Si va all’overtime e gli olandesi non reggono il colpo nel secondo supplementare: avanti con Nehoda, Olanda in nove per l’espulsione del subentrato Van Hanegem e con la squadra sbilanciata in avanti anche Vesely partecipa al tabellino del 3-1 finale.

Tutti i riflettori sono per il match dell’indomani nella bolgia di Zagabria. Per i padroni di casa della Jugoslavia sembra fatta in poco più di mezz’ora: Popivoda e Dzajic (quello che nel 1968 aveva quasi castigato gli azzurri) portano la squadra di Mladinic sul 2-0. La ripresa, però, vede il risorge dei tedeschi dell’Ovest, che scongiurano nei restanti 75 minuti una finale tutta ‘socialista’. Flohe accorcia al 20’, Dieter Muller inizia il suo personale show al 35’. E chiude i conti con una doppietta nel secondo tempo supplementare. E dire che era il suo esordio in nazionale…

La Jugoslavia non si consola neanche con la finale per il terzo posto. Con l’Olanda è battaglia: gli arancioni vanno sul 2-0, poi si fanno raggiungere all’82’ dal ‘solito’ Dzajic. Nei supplementari la decide Geels.

Nella finalissima si affrontano la ‘prima volta’ della Cecoslovacchia contro la Germania Ovest campione uscente. Sotto la direzione dell’arbitro italiano Gonella va in scena a Belgrado una delle finali più belle della storia. I padroni di casa di Vaclav Jezek partono così come era partita la Jugoslavia in semifinale, con due gol in meno di mezz’ora (di Svehlik e Dobias) che sembrano chiudere lì la competizione. Ma sta iniziando ad emergere il mito della nazionale che non molla mai, quella dei tedeschi dell’Ovest. A tre minuti dal 2-0 la accorcia quello che sarà il capocannoniere delle fasi finali, Dieter Muller. Il tempo scorre ma ad un miniuto dalla fine dei tempi regolamentari è l’ala Holzenbein a fare il 2-2 che prolunga la sfida. Il finale è di quelli iconici, uno dei tanti momenti indimenticabili della storia del calcio. Ai supplementari il risultato non cambia e per la prima volta una finale dei campionati europei si decide ai calci di rigore. Percorso netto per tutti (compreso il rigore realizzato da uno dei protagonisti della manifestazione, il capitano e libero dei cecoslovacchi Ondrus) fino al quarto rigore. Realizza Jurkemik, fallisce Hoeness. Il pallone della consacrazione è sui piedi di Antonin Panenka, centrocampista dei Bohemians Praga. Che decide l’impensabile: rincorsa lunga, frenata al momento di colpire il pallone e scavetto a saltare il portiere il tuffo. Già, perché il ‘cucchiaio’ non l’ha inventato Totti agli europei del 2000, ma proprio Panenka 24 anni prima. Sepp Maier, mitico portiere tedesco, resta di sasso. Può partire la festa dei cecoclovacchi (più slovacchi che cechi nell’occasione, almeno per provenienza di squadra di club), che riescono a fare meglio delle formazioni finaliste ai mondiali nel 1934 e nel 1962, bissando il successo della Coppa Internazionale del 1960.

Il tabellino della finale

Cecoslovacchia – Germania Ovest 7-5 dcr (2-2 dts)
CECOSLOVACCHIA: Viktor, Pivarník, Ondrus, Capkovic, Gögh, Dobiás (4’sts Vesely),Móder, Panenka, Masny, Svehlík (35’st Jurkemik), Nehoda. A disp.: Biros, Galis, Vencel. All.: Ježek
GERMANIA OVEST: Maier, Vogts, Schwarzenbeck, Beckenbauer, Dietz, Wimmer (1’st Flohe), Bonhof, Beer (35’st Bongartz), Hoeness, D.Müller, Hölzenbein. A disp.: Nogly, Kaltz, Kargus. All.: Schön
ARBITRO: Gonella (Italia)
RETI: 8’pt Svehlík, 25’pt Dobiás, 28’pt D.Müller, 44’st Hölzenbein
SEQUENZA RIGORI: Masny gol, Bonhof gol, Nehoda gol, Flohe gol, Ondrus gol, Bongarts gol, Jurkemik gol, Hoeness alto, Panenka gol
NOTE: Ammoniti Moder, Dobias

Enrico Pace

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