
Può un giornalista violare la privacy degli altri cittadini? Verrebbe da dire di sì se è vero che la violazione delle norme esistenti comportano esclusivamente una sanzione disciplinare da parte dell’ordine professionale. salvo in tema di salute e secondo un autorevole parere delle sezioni uniti di cassazione.
Fatto sta che sono due le norme che regolano la questione per i giornalisti e sono il titolo I del testo unico sulla privacy del 2003 e il codice deontologico approvato dall’ordine dei giornalisti nel 1998 che, ha avuto modo di dire più volte anche la Corte di Cassazione, ha valore di legge.
Nel primo testo, le disposizioni generali chiariscono che “chiunque ha diritto alla protezione dei dati personali che lo riguardano” e il lavoro giornalistico relativo ai dati sensibili è stabilito che “si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell’interessato“.
Il Codice deontologico entra più nello specifico nei suoi tredici articoli, gli stessi che prevedono, come detto, la sanzione disciplinare per chi viola le norme. Il testo ricorda come la raccolta di dati personali per i giornalisti che si identificano come tali, visto che la professione si svolge, secondo l’articolo 21 della Costituzione, senza autorizzazioni o censure, non sono soggetti ai limiti e alle formalità per la raccolta e la tenuta dei dati stessi. Il giornalista comunque è tenuto alla tutela del domicilio e dei luoghi di privata dimora, che sono estesi ai luoghi di cura, detenzione e riabilitazione. Il giornalista, poi, è sempre soggetto alla rettifica nei casi e nei modi stabiliti dalla legge. La pubblicazioni di “dati personali – dice poi l’articolo 5 – atti a rivelare origine razziale ed etnica, convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, opinioni politiche, adesioni a partiti, sindacati, associazioni o organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché dati atti a rivelare le condizioni di salute e la sfera sessuale, il giornalista garantisce il diritto all’informazione su fatti di interesse pubblico, nel rispetto dell’essenzialità dell’informazione, evitando riferimenti a congiunti o ad altri soggetti non interessati ai fatti”.
Il giornalista non pubblica, inoltre, mai i nomi dei minori coinvolti in fatti di cronaca “né fornisce particolari in grado di condurre alla loro identificazione” perché “il diritto del minore alla riservatezza deve essere sempre considerato come primario rispetto al diritto di critica e di cronaca”.
Il principio cardine è sempre quello dell’essenzialità dell’informazione anche nella pubblicazione di notizie, immagini o foto di soggetti coinvolti in fatti di cronaca che possono essere lesivi della dignità della persona “né si sofferma sui dettagli di violenza, a meno che ravvisi la rilevanza sociale della notizia o dell’immagine”. Così come non si possono riprodurre immagini di foto e persone in stato di detenzione senza il consenso dell’interessato, o con ferri o manette ai polsi “salvo che ciò sia necessario per segnalare abusi”. Anche il codice deontologico della privacy ricorda che “il giornalista è tenuto a rispettare il diritto della persona alla non discriminazione per razza, religione, opinioni politiche, sesso, condizioni personali, fisiche o mentali”. Particolare attenzione viene posta alla dignità delle persone malate, per cui il professionista deve astenersi dal pubblicare dati clinici specie nei casi di malattie gravi e terminali salvo in caso di notizia rilevante che riguarda una persona “di particolare rilevanza sociale o pubblica”. Il giornalista, infine, “Il giornalista si astiene dalla descrizione di abitudini sessuali riferite ad una determinata persona, identificata o identificabile” con il solito limite dei dati clinici dei malati.
Le norme, ovviamente, “si applicano ai giornalisti professionisti, pubblicisti e praticanti e a chiunque altro, anche occasionalmente, eserciti attività pubblicistica” mentre le sanzioni sono applicabili solo a coloro che siano iscritti all’albo dei giornalisti.