Cannabis e legalizzazione: risposte discordanti all’appello di Veronesi contro il proibizionismo

28 agosto 2014 | 13:29
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Cannabis e legalizzazione: risposte discordanti all’appello di Veronesi contro il proibizionismo

Attraverso le pagine de L’Espresso, il professor Umberto Veronesi – in qualità di medico ma anche di “padre oppositore convinto di tutte le droghe” – ha manifestato nei giorni scorsi il suo completo disappunto nei confronti del proibizionismo, sostenendo che in Italia esso ha particolarmente favorito la criminalità organizzata, che ogni anno grazie alla droga incassa circa 60 miliardi di euro, e portato tanti giovanissimi a scaricare il loro bisogno di trasgressione e autoaffermazione con il consumo consistente di marijuana.
Secondo il chirurgo e direttore dell’Istituto Europeo di Oncologia, il nostro Paese dovrebbe seguire l’esempio di molti Stati esteri come il Colorado e lo Stato di Washington negli Usa, o come la Spagna, il Portogallo e il Belgio in Europa, che hanno depenalizzato il consumo di cannabis a scopi terapeutici e ricreativi, riorganizzandone – in modo più o meno restrittivo – produzione, distribuzione e vendita, e sottraendo cospicui guadagni alla malavita. Uno degli esempi di legalizzazione citato dal medico è quello dell’Uruguay, dove i consumatori, iscritti in un apposito registro nazionale, possono acquistare fino a 10 grammi di cannabis a settimana, oppure coltivare direttamente i semi della pianta, tra cui quelli femminizzati sono i più utilizzati, fino a 8 piante.
Con l’abolizione della Fini-Giovanardi, le istituzioni hanno dimostrato una prima apertura nella riconsiderazione delle droghe leggere. La legge che equiparava tutte le sostanze, indipendentemente dalla loro pericolosità, ha causato un sensibile peggioramento del sovraffollamento delle carceri, una piaga denunciata da tempo anche per il carcere di San Giorgio: la struttura ospita infatti più del doppio previsto di detenuti, costretti talvolta a stare in otto all’interno di celle di pochi metri quadrati. Situazione che per altro ha spinto l’associazione politica Per Lucca e i suoi Paesi a chiedere l’apertura di una seconda struttura carceraria.
Veronesi sostiene che dopo la bocciatura della Fini-Giovanardi, il dibattito sulle droghe leggere si è dissolto e la questione non è più stata trattata a dovere dal punto di vista ideologico e civile. La proposta del medico, oltre a quella di abolire il proibizionismo, è quella di passare ad un’attività diretta che punti ad “educare e informare”, anzichè proibire, ad esempio attraverso la promozione di corsi di prevenzione nelle scuole. Infine, secondo il prof. Veronesi, è assurdo come lo Stato vieti l’utilizzo della marijuana e nel contempo autorizzi e guadagni sul consumo di tabacco e alcolici, che sono ugualmente pericolosi e fatali come qualsiasi altra droga.
Come era prevedibile, la lettera di Umberto Veronesi ha riacceso il dibattito sulla legalizzazione della cannabis e le risposte pervenute sono state molteplici ed eterogenee: la comunità di San Patrignano, pur trovandosi d’accordo con Veronesi su una più operosa attività di prevenzione, si è palesemente opposta al parere dell’oncologo, facendo forza sulle evidenze scientifiche che hanno dimostrato gli effetti dannosi delle droghe leggere, dati che per altro hanno orientato anche il punto di vista notoriamente contrario alla legalizzazione dello stesso Obama.
Anche dall’Università di Firenze, ha espresso un’opinione contraria alla legalizzazione la Dott.ssa Elisabetta Bertol, Professore Ordinario di Tossicologia Forense e Presidente del G.T.F.I., ricordando i pericolosi effetti delle droghe in ambito della sicurezza stradale.
A concordare invece con il professor Veronesi, sono da sempre i Radicali: Marco Cappato, capogruppo al Comune di Milano, ha risposto alle obiezioni degli oppositori dichiarando che l’alcol, ad esempio, è una “droga” ben più pericolosa e dannosa della cannabis da ogni punto di vista, citando sia i rischi collegati alla guida in stato di ebrezza che i danni alla salute determinati dal suo abuso. Secondo Cappato, infine, ogni sostanza – che sia un medicinale, una droga o un alimento – può essere dannoso per la salute: ciò che conta è informare le persone per consentire scelte libere e responsabili, nella consapevolezza di ogni rischio per la salute propria e altrui.