Nasce l’idea di un premio per i Toscani nel Mondo. Nocentini: “Una rete da valorizzare”

7 settembre 2014 | 15:43
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Nasce l’idea di un premio per i Toscani nel Mondo. Nocentini: “Una rete da valorizzare”

“Quella dei toscani nel mondo è una comunità da valorizzare: una rete che è una risorsa e una sorta di diplomazia dal basso. E’ la chiave moderna con cui continuare a coltivare la dimensione internazionale e globale della nostra regione, della nostra storia e cultura”. L’assessora alla cultura e al turismo Sara Nocentini, dalla fine di febbraio in giunta e che per questo si definisce un assessore ‘di accompagnamento’ in vista della nuova legislatura che partirà nel 2015, soppesa così il valore dei toscani all’estero che vivono nei cinque continenti e che a Cortona si sono riuniti per due giorni, ieri e oggi: una ventina di rappresentanti, con molti altri tenuti a casa da malattie di stagione. Toscani nel mondo in una città amata dal mondo, complice il libro e film Under the tuscan sun: la città, Cortona, di Paese mio che stai sulla collina cantata da un marchigiano come Jimmy Fontana ma le cui parole erano di Franco Migliacci, cortonese autore di tanti successi, una città negli ultimi anni cambiata e dove oggi per strada si parlano tante lingue, con turisti che arrivano da lontano ed altri che hanno deciso di trasferirsi qui a vivere. Specchio a suo modo di tanta altra Toscana.

“Rinsaldare i fili di questa comunità è stata una scelta lungimirante e valorizzarla anche in futuro, magari ripensandola in parte, riveste tutt’oggi una sfida ambiziosa”, dice l’assessora. Anche per i lacci imposti ai bilanci dal patto di stabilità e le risorse pubbliche che si restringono di anno in anno.
 Fu un sindaco della montagna pistoiese, Mario Olla, a tentare per primo (e con successo) alla fine degli anni Settanta di riunire quei fili sparsi nel mondo: quello stesso sindaco a cui sono intitolate le borse di studio e lavoro che ancora oggi portano in Toscana, ogni anno, decine di figli, nipoti e bisnipoti degli emigranti dell’Ottocento e Novecento. Testimoni di un amore e di un attaccamento che non sembra finire mai. Poi il mondo è cambiato, ai toscani ne mondo ‘per origine’ si sono affiancati gli amici della Toscana e i toscani che all’estero vivono o lavorano per qualche anno, figli della mobilità globale.
“Dobbiamo offrire a tutti il loro pezzo di Toscana” dice Nocentini. “Costruire una rete ancora più ampia può aiutare a far crescere il peso di questa comunità, ma sarebbe sbagliato – avverte – rendere tutto uguale: si perderebbe una varietà che una ricchezza”. Sì dunque ad allargare ed aprire le associazioni dei toscani nel mondo, ma senza perdere le identità di ciascuno.
L’appuntamento è al prossimo anno, quando – come accade ogni cinque anni – si riunirà l’assemblea di tutti i toscani nel mondo, oltre cento rappresentanti, e si rinnoverà il direttivo, per tracciare le linee per il futuro.
All’orizzonte c’è il premo Monnalisa: un riconoscimento da assegnare l’anno prossimo ad un toscano nel mondo che si sia particolarmente distinto e magari, contemporaneamente, ad un amico della Toscana che nella terra degli Etruschi e del Rinascimento non è nato ma l’ha scelta. Più vicino nel tempo ci sono invece una mostra sull’architettura del Novecento in Toscana, che sarà inaugurata a Buenos Aires il 16 ottobre con un’esposizione gemella in Italia, e una ricerca sul ruolo e il contributo dei soldati di origine toscana che hanno partecipato alla liberazione del paese arruolati negli eserciti alleati. “Ci sta lavorando l’Istituto storico della Resistenza – spiega l’assessore alla cultura Sara Nocentini – e la ricerca è praticamente terminata”. Diventerà una mostra foto-documentaria virtuale da pubblicare on line. “E racconterà – dice – storie di vita che creano ancora una volta una storia globale, dove i confini tra le nazioni si perdono”.
Tre iniziative sono state illustrate nella due giorni dei Toscani nel mondo a Cortona. In Argentina e in Sudamerica, prima e dopo la seconda guerra mondiale, hanno lavorato molti architetti toscani, che hanno costruito palazzi e grattacieli. La mostra su L’architettura del Novecento in Toscana racconterà l’altra storia e quello che negli stessi anni accadeva nella terra di origine di molti emigranti. Racconterà di architetti che si facevano interpreti e specchio delle profonde trasformazioni in corso in Italia, progettando e costruendo opere destinate a funzioni pubbliche totalmente nuove: dal liberty al razionalismo, fino alle avanguardie e architetture di fine secolo. Una mostra, curata dalla Fondazione Michelucci, che è anche un’iniziativa pilota replicabile in futuro altrove. 
Da Cortona gli emigranti sono partiti alla volta del mondo soprattutto tra le due guerre mondiali. Altri alla fine dell’Ottocento. “Un’emigrazione non molto diversa da quella del resto della provincia di Arezzo o della Toscana ” racconta l’assessore alla cultura e al turismo della città Albano Ricci, che ha accolto ieri i rappresentati dei toscani nel mondo che si sono riuniti per due giorni in città. La maggior parte è partita per l’Argentina. Molti altri si sono diretti in Francia: molti di meno in Belgio, almeno rispetto a quello che è accaduto altrove . Più particolare semmai è stata l’emigrazione interna: Prato e Milano, quando nel secondo dopoguerra si sono svuotate le campagne e colline dove si saliva col mulo, ma soprattutto Friuli Venezia Giulia. Un flusso, pare, che prosegue anche oggi e che ha lasciato forti legami.
Ma com’è la Toscana che si percepisce da fuori? E’ una delle domande su cui si sono articolati i lavori della giornata di domenica mattina. Sicuramente è una regione amata, a volte vittima nell’immaginario collettivo di qualche falso clichè. “Quello che colpisce un americano dell’Arkanas sono le colline e i cipressi” ha confidato Sarah Marder, americana che di Cortona e della Toscana si è innamorata e ha provato a raccontare la trasformazione della città negli ultimi quindici anni, dopo la notorietà internazionale di Cortona e l’arrivo di tanti turisti: 120 ore di girato in cinque anni e centocinquanta interviste a mezzadri e studenti, camerieri e giovani tornati dopo un breve periodo di fuga,a amministratori, abitanti di Cortona e celebrità che sono diventate un documentario di 80 minuti di prossima distribuzione, The genius of a place.
La Toscana vista da fuori è la regione dove studiare almeno un anno, scelta da molte università americane. Quella della Georgia ha eletto proprio Cortona come sede del proprio programma di studi. La Toscana vista da fuori è in fondo anche quella di chi toscano è, figlio o nipote di genitori o nonni emigrati oltre oceano o oltralpe. Almeno fino a quando in Toscana non mette piede. Quattro testimonianze che arrivano da altrettante ragazze che dal Sudamerica sono arrivate in Toscana con le borse Mario Olla, per conoscere la terra di origine e fare uno stage in azienda.
Maria Julia Diaz, pratese e argentina, racconta la sua Toscana con le ricette insegnate dalla nonna. E si commuove, ricordando quella nonna se n’è andata da appena tre mesi, quando lei era dall’altro capo del mondo senza poterla salutare. E’ stata la nonna a fornirle l’ispirazione per aprire un ristorantino, mezzo toscano, a Buenos Aires. Maria Julia è arrivata l’anno scorso e ha deciso di rimanere. Ora lavora in un agriturismo a San Casciano in val di Pesa, in mezzo “a quelle dolci colline punteggiate di cipressi” tanto sognate.
La Toscana vista da fuori è fatta anche di presunte diffidenze. “Credevo che in Italia ci fosse un pregiudizio per i sudamericani – racconta Augustina Bentghen, argentina anche lei -. Non so perchè. Qui naturalmente mi sono ricreduta”. Laureata in turismo, ha lavorato a Firenze in un’agenzia di viaggi. Non ha trovato lavoro ma è contenta. 
I racconti della nonna riaffiorano anche nei ricordi di Natali Boivin, toscana argentina di Cordoba. “Mi raccontava di borghi dalla vie strette e piccoli paesi. Poi ho capito che c’era molto di più”. Con le borse Mario Olla ha avuto la possibilità di lavorare in un’azienda di design. E’ tornata in Argentina per scrivere la tesi ma ora è di nuovo qui, decisa a trovare un lavoro in Toscana. “Si tratta di un’esperienza unica, assolutamente da consigliare – conclude Maria Menon dall’Uruguay, in tasca una laurea in marketing – Conosco chi è tornato a casa e grazie a questo stage internazionale ha trovato subito lavoro nel proprio paese”.
Nel frattempo i lavori della mattina volgono al termine e scorrono sullo schermo i titoli di coda: un collage con le immagini di tutte le città del Sudamerica dove ci sono toscani nel mondo e associazioni di toscani nel mondo, realizzate dal rappresentanti di quel continente. Che sono anche i più numerosi. Molti alzano lo sguardo. Poi subito in albergo a ritirare i bagagli e l’ultimo giro a Cortona, prima di ripartire per il proprio angolo di mondo.