
Sugli uffici postali e i cinquantanove sportelli a rischio chiusura in tutta la regione la Toscana reclama e attende una tavolo di trattativa vero, con gli occhi rivolti a Roma e al Governo. “Possiamo però aspettare una settimana, non di più – chiarisce il presidente della Toscana, Enrico Rossi-. E se alla fine dovremo prendere atto che Poste, azienda pubblica, non è poi tanto diversa da altre aziende private, vorrà dire che ci muoveremo di conseguenza: non dando per scontato il rinnovo e rimettendo in discussione quando possibile tutte le convenzioni che abbiamo con Poste e che, direttamente e indirettamente, fruttano all’azienda sei milioni e mezzo in un anno”.
Se la scelta sarà solo economica, la Toscana minaccia il muro contro muro e buona parte di quei 6 milioni e mezzo che Poste guadagna potrebbe da subito finire altrove.
Per Rossi il gioco di Poste Italiane è chiaro e parte da lì per spiegare a Palazzo Strozzi Sacrati l’atteggiamento che la Regione terrà nella vicenda. Poste, azienda pubblica ancora di proprietà al cento per cento del Ministero dell’economia, ha annunciato nelle scorse settimane cinquantanove chiusure. Un piano poco diverso da quello presentato all’inizio dell’anno e da dispiegare entro sessanta giorni. Un piano particolarmente pesante per la Toscana, che di uffici ne conta 973 e già ha pagato la razionalizzazione negli anni scorsi con molti sportelli di piccoli paesi che hanno tirato giù la saracinesca. “Ci avevano promesso di aprire un tavolo che non è mai stato convocato – ricostruisce Rossi – . Avevano sospeso il programma di chiusure e poi, subito dopo le elezioni, sono ripartiti alla carica”. “Noi però non abbiamo cambiato idea e siamo agguerriti quanto prima e più di prima” spiega.
Rossi scrive al Governo e a Caio. Il presidente annuncia che scriverà già oggi al Governo e all’amministratore delegato di Poste, Francesco Caio. Scriverà per chiedere un tavolo di trattativa vero. “Ma non a Firenze – sottolinea – bensì a Roma, perché il problema non è solo toscano. Chiediamo che venga convocato anche velocemente, nell’arco di una settimana”. Per Rossi la Toscana non può assolutamente sopportare la chiusura di cinquantanove uffici in paesi di montagna o piccole frazioni. “Non se lo può permettere dopo le chiusure che ci sono già state e a cui la Regione ha supplito aprendo gli sportelli Ecco Fatto, con un servizio sostitutivo. C’è una convenzione tra Stato e azienda pubblica che deve essere garantita” dice.
“Chiudete i conti con Poste, se gli uffici non saranno salvati”. Il primo passo è dunque quello di attendere un intervento da Roma. Se poi niente si muoverà, ne saranno tratte le conseguenze. Rossi si rivolge anche ai cittadini, chiamandoli a raccolta. “Chiederemo ai toscani – conclude – di essere solidali con gli anziani lasciati soli nei paesi dove gli uffici postali tireranno giù i battenti e li inviteremo a chiudere conti e libretti che hanno presso Poste. A partire dal libretto che ha mio padre e che gli suggerirò di chiudere”.
Anci propone un modello di sportello diverso. Alla conferenza stampa era presente anche Sara Biagiotti, presidente dell’associazione dei comuni, e c’erano un paio di sindaci coinvolti dalle chiusure minacciate. “Le amministrazioni comunali saranno solidali e faranno la loro parte – dice Biagiotti – Parte delle convenzioni con Poste sono obbligate, altre possono essere negoziate. Soprattutto vorremmo costruire un modello di sportello diverso, polifunzionale ed aperto anche ad altri soggetti e servizi. Per questo chiediamo un tavolo di confronto con Poste”.
Il piano di Poste. Il primo piano presentato all’inizio dell’anno era stato sospeso, forse anche per i tanti ricorsi al Tar. Allora Poste Italiane aveva minacciato la chiusura di 65 sportelli in tutta la Toscana e la riduzione delle ore e giorni di apertura in altri trentasette. Adesso torna alla carica e annuncia la chiusura di 59 sportelli, appena cinque in meno rispetto al primo piano. Rossi aveva incontrato a febbraio l’amministratore delegato di Poste, Francesco Caio. “Si era detto disponibili ad aprire un tavolo di confronto. Ma quel dialogo non c’è stato” sottolinea il presidente. “Chiudere quegli uffici che costano in fondo pochi milioni è un insulta agli anziani, e non solo gli anziani, che abitano in montagna e in aree marginali”.
“Una proposta che avevo avanzato – dice ancora Rossi – è quella di istituire una sorta di Poste-Mobili che con un pulmino attrezzato garantisca il servizio nei piccoli paesi e frazioni alcuni giorni al mese. Cè spazio per trovare soluzioni e un tavolo Regione, Comuni, Poste da aprire in Toscana poteva e può ancora essere lo strumento per trovarle”.
Gli uffici che secondo il nuovo piano di Poste dovranno abbassare la saracinesca per sempre sono 4 in provincia di Arezzo (Campogialli, Pieve a Presciano, Meleto e Mercatale), 6 in quella di Firenze (Pomino, Marcialla, Romola, San Donato in Poggio, San Martino alla Palma e Castelnuovo d’Elsa), 10 a Grosseto (Pereta, Santa Caterina, Selva, Montorgiali, Ravi, Torniella, Borgo Carige, Buriano, Monticello dell’Amiata e Talamone), 8 a Lucca (Mologno, Castelvecchio Pascoli, San Ginese, Lappato, Vorno, San Colombano, Valpromaro e Tereglio), 6 a Massa Carrara (Montedivalli, Vinca, Caprigliola, Serricciolo, Filetto e Canevara), 10 a Pisa (Corazzano, Ghizzano di Peccioli, Legoli, Luciana, Marti, Soiana, Treggiaia, Uliveto Terme, San Giovanni alla Vena e Castelmaggiore), 8 a Pistoia (Calamecca, Cireglio, Grazie, Pracchia, San Mommè, Villa Baggio, Montemagno di Quarrata e Tobbiana), 1 a Prato (Bacchereto) e 6 a Siena (Monticchiello, Pievescola, San Gusmè, Gracciano, Montisi e Serre di Rapolano). In tutta Italia gli uffici postali sono circa 13 mila, già ridotti sensibilmente negli ultimi anni. In Toscana se ne contano un po’ meno di mille (973 al 31 dicembre 2014) .
I conti in tasca. Per Poste italiane, società ancora al cento per cento del ministero dell’economia, la Regione Toscana è un buon cliente. Lo diventa ancor di più se, oltre all’ente Regione in senso stretto, si considera l’universo di Asl, enti dipendenti e partecipate. La Regione e i suoi satelliti sono un cliente infatti che vale per Poste (fatturato 2014) circa sei milioni e mezzo di euro.
Un milione e 300 mila bollettini ‘regionali’ pagati a Poste. Non tutti li paga la pubblica amministrazione; una quota esce di tasca dai cittadini, che pagano in media 1 euro e 20 centesimi di commissione su ogni bollettino e siccome i bollettini ‘regionali’, tra ticket e tasse e tributi (bollo auto in testa, che vale la metà della torta), sono 1 milione e 300 mila circa in un anno, fanno oltre 1 milione e mezzo di euro. Senza la Regione, Poste non li avrebbe però incassati. A questi si aggiungono altri 360-400 mila euro di ulteriori commissioni, per la rendicontazione, che Regione, Asl e enti dipendenti pagano a Poste: 0,28 centesimi a bollettino, fissato per legge e uguale su tutto il territorio nazionale.
Francobolli, referti medici e farmaci. I ‘guadagni’ di Poste non si limitano a questo. Ci sono i francobolli, anche se con la dematerializzazione degli atti, la posta elettronica e quella certificata si sono ridotti nel tempo. Solo per spedire gli avvisi di recupero per le tasse non pagate, scadenze fiscali ed altre comunicazioni, la Regione paga a Poste Italiane 500 mila euro l’anno. Era stata fatta una gara per affidarle il servizio. Le Asl spendono cifre analoghe. Una quota è destinata in particolare all’invio dei referti medici: spesa in calo, con l’introduzione dal 2010 della carta sanitaria, ma che continua comunque a valere alcune centinaia di migliaia di euro. Nel 2008 erano 848 mila euro, poco più di 600 mila nel 2009. Qualcos’altro viene speso per il recapito a domicilio dei farmaci. Sono due le Asl che hanno attivato il servizio con Poste: l’Asl di Siena e quella di Arezzo, per circa 450 pazienti ‘sensibili’ assistiti domiciliarmente e 31 residenze sanitarie assistite. Il contratto ammonta a 116 mila euro l’anno. Poste guadagna dall’universo Regione anche per le gestione dei conti correnti e le i ritardi di giacenze: soldi che non paga interamente l’ente (e neppure i cittadini) ma che valgono alcune centinaia di migliaia di euro l’anno.