Il consiglio regionale: “Riordino delle Province, certezze su personale e risorse”

Salvaguardare e valorizzare le competenze del personale delle amministrazioni provinciali, garantendo al tempo stesso la continuità dei servizi e, nella fase di transizione, le risorse necessarie a svolgere funzioni fondamentali come quelle relative a viabilità ed edilizia scolastica.
E’ quanto chiede il consiglio regionale alla giunta con una risoluzione approvata dall’aula a maggioranza con i voti favorevoli di Pd e Sì. Nella risoluzione, presentata dal capogruppo del Partito democratico Leonardo Marras, si invita l’esecutivo a trovare una soluzione adeguata per i servizi legati ai centri per l’impiego e della polizia provinciale e a individuare nella futura programmazione ambiti e aggregati territoriali omogenei dal punto di vista economico e sociale, non necessariamente corrispondenti alle attuali province. L’assessore Vittorio Bugli nell’informativa ha sottolineato che la Toscana ha accettato la sfida lanciata dalla riforma Delrio, seppure a suo tempo criticata, che rappresenta il più pesante riordino istituzionale degli ultimi decenni. “Il lavoro fatto ha consentito di essere la prima Regione in Italia a dotarsi di una legge di riordino – ha dichiarato – Entro l’anno ne daremo la definitiva attuazione, consapevoli che andiamo di fatto a disegnare i primi tratti di quella che sarà la Regione del domani”.
Bugli ha ricordato che la Regione si è ripresa le funzioni sulla base dei tre criteri di sussidiarietà, adeguatezza, differenziazione e che la legge regionale di riordino dedica un’attenzione particolare all’istituzione della Città metropolitana di Firenze, la vera novità istituzionale della riforma.
In questo quadro una tappa importante è stata la delibera di giunta dell’agosto scorso, con cui sono stati approvati gli accordi preliminari, che hanno identificato il personale che transita dalle Province alla Regione, comprendente quello del servizio antincendi boschivi e delle aree protette. Il personale associato alle funzioni regionali è pari a 990 unità, di cui 20 dirigenti, il cui costo trova copertura sia per mezzo delle risorse trasferite dalla Regione alle Province per le funzioni delegate (pari, nel 2015, a 27,3 milioni di euro) sia grazie alle entrate extra-tributarie connesse con le funzioni da riordinare, che le Province non potranno più incassare (46,1 milioni di euro).
Bugli ha infine ricordato che è necessario, entro il 31 ottobre, approvare alcune modifiche alla legge regionale 22/2015 per le sole parti che riguardano il personale, in maniera da permettere al Consiglio di approvare il testo legislativo in tempo utile.
“I principi che ci hanno guidato in questo lavoro di riordino delle province – ha detto Bugli – sono stati sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione. Quello che ne deriva è la Regione di domani, una Regione che non sarà più solo ente di legislazione e programmazione ma anche ente gestore di molte funzioni, dall’agricoltura alla caccia e pesca, dall’ambiente alla difesa del suolo, dalla formazione professionale alla realizzazione e manutenzione della viabilità regionale”.
Parlando del riordino istituzionale e del futuro del personale delle Province, Bugli ha ricordato che entro il 31 di ottobre dovrà essere stabilito in via definitiva l’elenco del personale che transiterà dalle Province alla Regione. Negli accordi definiti tra Province, città metropolitana e Regione il personale interessato al trasferimento è di 990 unità e comprende i dipendenti che si occupano di ambiente, agricoltura, formazione professionale, strade regionali. Il riordino riguarda anche il trasferimento delle funzioni di agricoltura dalle Unione dei Comuni alla Regione. Il trasferimento non riguarderà i dipendenti che cesseranno il servizio entro il 2016. Dunque chi andrà in pensione entro il 2016 resterà nel ruolo provinciale fino al pensionamento. Le risorse attualmente disponibili per il trasferimento di funzioni dalle Province alla Regione sono 41,3 milioni (derivanti dalla somma dei circa 22 milioni che la Regione trasferiva alle Province e 18,8 milioni provenienti da entrate extratributarie). Queste risorse saranno sufficienti per coprire le spese del personale citato e per il trasferimento di ulteriori dipendenti provinciali con funzioni di supporto amministrativo. La selezione di questi ulteriori dipendenti avverrà su base volontaria tramite avviso già pubblicato. Restano da definire le questioni riguardanti la polizia provinciale e i servizi per l’impiego. Riguardo a questi ultimi Governo e Regioni si sono impegnati a reperire le risorse necessarie per il personale a tempo indeterminato con questa suddivisione: 2/3 a carico dello Stato, 1/3 a carico delle Regioni e a sottoscrivere singole convenzioni tra ciascuna Regione e ministero.
Per la polizia provinciale, invece, il decreto-legge 78/2015 prevede il passaggio del personale ai Comuni per le funzioni di polizia municipale, salvo il personale che la Provincia trattiene per l’esercizio delle sue funzioni fondamentali. E’ attivo un confronto con le organizzazioni sindacali dei lavoratori per cercare di mantenere l’unitarietà del corpo provinciale e non disperdere il patrimonio di competenze e professionalità acquisito dalla polizia provinciale in questi anni.
Il dibattito in Consiglio
“Il riordino delle province, di cui si sono occupati più governi, ha avuto una gestione faticosa ed ha lasciato aperti alcuni problemi, che oggi si scaricano sul livello regionale – ha rilevato Andrea Pieroni (Pd) in apertura del dibattito – Questi temi non possono essere affrontati come semplici adempimenti burocratici, ma sono una sfida ed un’opportunità, perché da questo passaggio nasce una nuova Regione”. Secondo Pieroni occorre semplificare i processi decisionali, garantire i presidi sul territorio, valorizzare le professionalità e le competenze presenti solo nelle province.
Secondo Paolo Sarti (Si) si parla di “nuova Regione”, ma manca un modello organizzativo, di cui si è parlato solo in riferimento al taglio del personale. “Le riforme non si fanno tagliando i dirigenti – ha affermato – ma riorganizzando i servizi. L’allarme che lancia la polizia provinciale davanti alle porte del Consiglio dovrebbe essere ascoltato”. “L’attuazione della riforma in Toscana è più difficile che altrove – ha dichiarato Elisabetta Meucci (Pd) – perché le province non sono mai state enti inutili, ma hanno sempre svolto funzioni reali, a partire dalla metà degli anni Settanta”. A suo parere c’è bisogno di “consapevolezza e di una politica lungimirante”, per fare della Città metropolitana “il motore del sistema delle autonomie locali”. “C’è una grande confusione, manca una programmazione – ha affermato Enrico Cantone (M5S) – Ancora non è stato deciso che fine farà la polizia provinciale. Sono risorse umane importanti per il controllo e la manutenzione del territorio”. “Il superamento della dimensione provinciale è un passaggio istituzionale storico – ha osservato Marco Niccolai (Pd) – Abbiamo importato dalla Francia questo modello di articolazione dello Stato fin dall’Ottocento”. A suo parere, è merito della Toscana essere stata prima in Italia ad aver dato un quadro certo, non solo sul piano normativo, ma anche sul trasferimento del personale. Una cornice chiara, che permetterà di gestire al meglio questa fase di transizione. “C’è un forte squilibrio tra la parte che produce ricchezza e la parte che questa ricchezza amministra – ha denunciato Roberto Salvini (LN) – Sono cinque gli enti che controllano il territorio, costano un sacco di soldi, ma il territorio non viene controllato. Cominciamo a far qualcosa e diamo più soldi alle famiglie”. Secondo Gianni Anselmi (Pd) devono essere colte le opportunità che questo momento offre per semplificare le procedure e organizzare la Toscana non solo su area vasta ma anche su scala locale, su ambiti sufficientemente ampi. “I territori devono sentirsi ancora protagonisti in questa cornice istituzionale – ha affermato – I cittadini devono poter interpretare le linee di sviluppo locale e regionale. Fra i territori e i cittadini ci sono le professionalità, che non devono essere assolutamente disperse”. “Piuttosto che di un processo riformatore, parlerei di un ‘pacchetto caos’, di cui dobbiamo ringraziare chi ci governa” ha detto Tommaso Fattori (Si), sottolineando che il caso della polizia provinciale è emblematico di questa situazione. “Possiamo conquistare uno spazio di benessere con più facilità in un sistema che funziona” ha osservato Massimo Baldi (Pd), secondo il quale al centro del riordino c’è il principio di responsabilità, cioè potere compiere scelte anche quando l’ente sovraordinato latita, con risparmio di tempo e costi. In questo quadro assume particolare importanza, a suo giudizio, individuare ambiti territoriali omogenei, “non corrispondenti alle attuali province e nemmeno all’area metropolitana fiorentina”. L’assessore Vittorio Bugli nella replica ha precisato di aver iniziato a lavorare alla “nuova Regione” più sobria ed efficiente fin dal suo insediamento, definendo nuovi ruoli e compiti. “Lo stesso criterio stiamo seguendo per il riordino delle funzioni provinciali – ha aggiunto – Il lavoro è stato fatto con le province e con le organizzazioni sindacali”. Bugli ha ricordato che l’indicazione alle province di mantenere al loro interno l’unitarietà del corpo di polizia nasce dall’esigenza di garantire, da un lato il controllo sulle strade provinciali, dall’altro lo svolgimento di tutte le altre funzioni. E’ stato Paolo Sarti (Si) ad annunciare il voto favorevole del proprio gruppo. “Il riordino delle province non può essere solo l’emergenza del trasferimento del personale” ha dichiarato il capogruppo Pd Leonardo Marras, riassumendo il senso della risoluzione presentata. “E’ un passaggio delicatissimo in molte realtà territoriali – ha aggiunto – deve diventare un passaggio strategico”.