
Via libera a maggioranza alla legge di riordino sugli invasi. Con 21 voti a favore e 12 astenuti, il consiglio regionale approva la proposta di modifica all’articolato 64/2009 e regola il passaggio delle competenze, prima in capo alle Province, in materia di progettazione, costruzione ed esercizio degli sbarramenti di ritenuta e dei relativi bacini di accumulo fino a 15 metri di altezza e capacità fino ad 1 milione di metri cubi.
Il testo, come spiegato dal presidente della commissione ambiente, Stefano Baccelli (Pd), segna un “punto di equilibrio tra esigenze di incolumità pubblica e semplificazione, con un alleggerimento delle incombenze per i soggetti privati” ed è infatti stato emendato, prima del passaggio in Aula, nella parte in cui si ricerca il giusto bilanciamento tra sicurezza degli impianti, semplificazione e accelerazione delle procedure. Per quelli esistenti, in costruzione o da autorizzare, con altezza non superiore a cinque metri, che determinano un invaso non superiore a 20mila metri cubi e che presentino una distanza inferiore a 500 metri da abitazioni, strade e infrastrutture, si prevedono deroghe, caso per caso, con particolare riferimento a quelli invasi che hanno funzione antincendio e certificati tali dall’autorità competente.
In particolare, per garantire una classificazione dello stato di rischio degli impianti esistenti, da regolarizzare o autorizzare in sanatoria il più corretta possibile, la documentazione a corredo della denuncia di esistenza viene implementata e differenziata a seconda del reale livello di rischio rappresentato dall’impianto. Per consentire una continuità normativa viene introdotta una disposizione transitoria che prevede la definizione, da parte della giunta, di modalità operative ed organizzative di prima applicazione.
Nel complesso, passano alla Regione le competenze relative al monitoraggio idrogeologico ed idraulico (ossia dei dati sui provvedimenti adottati e sulle caratteristiche essenziali degli impianti); le funzioni di controllo e vigilanza; l’implementazione e l’aggiornamento del catasto regionale. La domanda di autorizzazione e il progetto preliminare, sempre per effetto della legge di riordino, dovrà essere trasmessa alla Regione cui spetta anche l’istruttoria, l’approvazione del progetto definitivo, il rilascio dell’autorizzazione alla costruzione dell’impianto, la procedura di collaudo. L’entrata in esercizio, la manutenzione dell’impianto, il rispetto delle condizioni previste, dovranno essere comunicate alla Regione che assume anche i poteri di controllo. Per quanto attiene la chiusura delle opere di ritenuta e abbandono dell’invaso, soggetto di riferimento è la Regione che ha in carico anche la procedura prevista per le demolizioni.
La legge, infine, abroga il nucleo tecnico provinciale per gli impianti esistenti. Soggetto legittimato al ricevimento della denuncia di esistenza, e alla sua valutazione, diventa la Regione, che verifica lo stato di rischio degli stessi impianti esistenti spostando, di fatto, la responsabilità complessiva della classificazione dell’invaso, e della valutazione del rischio connesso, dal nucleo alla Regione. Per evitare che la responsabilità complessiva della classificazione dell’invaso, della valutazione del rischio connesso (prima effettuata dalla Provincia) gravino eccessivamente sulla Regione, ma anche per alleggerire gli adempimenti a carico dei proprietari/agricoltori degli invasi esistenti, viene ripristinata la figura di un professionista abilitato per attestare la stabilità dell’invaso.
In sede di dichiarazione di voto, Elisa Montemagni (Lega) ha parlato di una legge che poteva essere “ulteriormente migliorata; in commissione ha avuto un cammino lungo e articolato, ha subito vari modifiche per superare criticità soprattutto per il mondo agricolo”. Nel riconoscere che il “rischio idraulico esiste e occorre governarlo”, Montemagni ha osservato di “non essere totalmente contraria” al testo e ha annunciato il voto di astensione.
Giovanni Donzelli (Fdi) ha parlato di “miglioramenti e ulteriori semplificazioni licenziate in commissione” che, però, “non sono sufficienti a motivare un voto favorevole”. Il rischio, secondo il consigliere, che aveva presentato un emendamento respinto dall’Aula, è quello di “complicare ulteriormente la vita ai piccoli agricoltori che potrebbero trovarsi a dover sostenere spese impreviste”.