
“No, non può succedere nella civile Toscana, eppure in cava si muore con terribile regolarità. Dodici morti in un decennio e il ritmo purtroppo aumenta, non diminuisce, dato che contiamo oggi il terzo lavoratore morto in soli otto mesi. Senza calcolare che dall’inizio del 2016, l’Inail ha registrato nelle cave e nelle miniere toscane 84 denunce d’infortunio”. E’ quanto dichiarano Tommaso Fattori e Paolo Sarti, consiglieri regionali di Sì Toscana a Sinistra dopo l’incidente mortale di ieri a Carrara.
“Dopo la morte di Mauro Giannetti, l’operaio schiacciato ieri da una lastra di marmo di due tonnellate – proseguono – , inizia la ricerca delle responsabilità e in parte il consueto scaricabarile: imprenditori, proprietari delle concessioni, lavoratori. Il procuratore generale parla d’intreccio di colpe e di un’incultura della sicurezza persistente”. “A proposito di responsabilità – aggiungono -, per parte nostra continuiamo a chiedere che la Regione Toscana si assuma le proprie: da oltre vent’anni manca una vera pianificazione dell’estrazione nei bacini marmiferi delle Apuane. Non si adottano misure di contingentamento delle escavazioni, non si progetta un’attività estrattiva ambientalmente sostenibile. E neppure si mettono in piedi – con mezzi, uomini e risorse economiche e non con meri annunci – misure straordinarie di controllo e vigilanza sulla sicurezza”.
“L’assetto attuale dei bacini marmiferi è irrazionale – sostengono i consigliere di Sì Toscana a Sinistra -. Uno dei fattori di maggior rischio nelle cave di Carrara e pure di Massa è costituito proprio dall’angustia delle aree oggetto di concessione o di diritti concessori, mentre si dovrebbero individuare quanto prima i livelli territoriali ottimali, costituiti da uno o più siti estrattivi, da affidare in concessione. Per questo occorre modificare la vigente legge regionale, che garantisce tempi di transizione troppo lunghi per passare dall’attuale assetto caotico a uno più moderno e razionale. Un tema, questo, che Sì Toscana a Sinistra ha sollevato più volte in aula. Insomma, si resta nell’inerzia favorendo gli interessi di pochi, ossia un’oligarchia con altissime rendite e profitti, cui si sacrificano anche le vite degli operai”.
“La Regione aveva deciso, dopo l’ultima tragedia dell’aprile scorso, di intervenire in accordo con la Procura intensificando i controlli e l’attività di repressione degli abusi. Ci domandiamo a che punto sia il progetto speciale cave elaborato da Arpat che abbiamo fortemente condiviso e sostenuto. A che punto sono le nuove assunzioni di personale, la formazione ad hoc – sostengono -, l’uso di droni e delle foto satellitari che avevano come obiettivo proprio quello di potenziare i controlli sull’attività estrattiva e migliorare la gestione ambientale delle cave, riducendo, tra l’altro, l’inquinamento della marmettola nelle acque superficiali e in quelle sotterranee? Ce lo domandiamo perché non crediamo affatto nella fatalità, nel destino cinico e baro, e pensiamo piuttosto che politiche concrete di prevenzione, oltre che di controllo e repressione, sono la strada da percorrere se non vogliamo ritrovarci tra qualche mese a dover commentare l’ennesima morte in cava, con dolore e sgomento ma anche con tanta rabbia per quello che si dovrebbe fare e non viene fatto”.