Erp, nuova legge in Consiglio. Scaramelli: “Un aiuto a chi ne ha bisogno”

Una legge innovativa, pensata “per chi ha bisogno” perché il “discrimine non è la nazionalità. Il cardine è capire chi aiuta, declinare bene lo stato di bisogno che ci ha portati a questo testo”. Il presidente della commissione Sanità in Consiglio regionale, Stefano Scaramelli (Pd), ha aperto ieri pomeriggio, martedì 4 dicembre, il dibattito sulle nuove disposizioni in materia di edilizia residenziale pubblica. Un testo che approda in Aula dopo 15 mesi di lavoro e discussione “durante i quali abbiamo avuto modo e tempo per approfondire e capire chi aiuta questa nuova legge sull’Erp” ha spiegato Scaramelli. “Aiuta chi lavora da anni nel nostro territorio, le giovani coppie, chi ha un reddito basso, i precari, chi non riesce a pagare affitti sempre crescenti nel mercato libero e chi, non avendo figli, pur avendo altri requisiti, non ce l’avrebbe mai fatta a vedersi assegnare un alloggio”.
“Aiuta – ha continuato il presidente – chi ha disabilità fisiche e mentali, quanti sono stati impoveriti dalla crisi e faticano a trovare una casa. Tutela chi ha già beneficiato di un diritto che consente la crescita sociale e l’emancipazione offrendo al tempo stesso nuove opportunità a chi da anni è ancora in attesa”. Una legge, insomma, in cui si ritrovano diritti, doveri e nuovi diritti come ha spiegato Scaramelli parlando di “nuovi poveri cui dobbiamo dare risposte”, di “meccanismo che premia in maniera importante il lavoro”, di punteggi in favore di coloro che fanno domanda da molto tempo, ma non riescono mai ad arrivare all’assegnazione di un alloggio” fino alla misura rivolta ai sindaci per agevolarli nella gestione di situazioni emergenziali.
Le tutele elencate dal presidente sono state molte, a cominciare dall’innalzamento del livello di soglia che permette di rimanere all’interno del circuito Erp. “Abbiamo pensato a chi oggi è titolare di diritti, consentendo un canone più basso, da 56 a 50 euro, mantenendo un’invarianza dei canoni che consente una tariffazione costante nel tempo. Siamo intervenuti sullo stato della governance e quindi delle aziende che governano il sistema e mantenuto gli 11 Lode (Livelli ottimali di esercizio) a livello locale”
Parlando di doveri, il presidente ha citato “elementi nuovi, importanti, articolati con una soluzione mediata fra le varie forze politiche”. Come i corsi di educazione civica per chi vive all’interno di una casa popolare. “Rimandiamo ai soggetti gestori e ai Comuni questa attività formativa che pure non è vincolante in sede di partecipazione al bando” ha spiegato. Altra novità importante, condivisa soprattutto con le organizzazioni sindacali e rappresentanti degli inquilini, riguarda problematiche sollevate in particolare dai Comuni perché il contrasto disagio abitativo “possa diventare prevalente o quantomeno aumentato”. “C’è una domanda forte di residenzialità a cui dobbiamo rispondere e in questo caso il rapporto fra canone e reddito può essere elevato fino al 50 per cento”, ha detto ancora Scaramelli portando l’esempio di persone che guadagnano mille euro e che quindi non possono permettersi un affitto di 500. “Abbiamo nuovi poveri”, ha continuato parlando di precari, citando poi misure di sostegno per le giovani coppie: “Non dovranno più dimostrare la convivenza di due anni per poter partecipare ai bandi”.
Sul fronte punteggi, Scaramelli ha ricordato l’aumento previsto per chi da tempo fa domanda ma non si vede mai assegnare una casa. “In questi casi è evidente che il bisogno si è procrastinato ed è quindi doveroso intervenire”. A tal proposito è prevista anche una norma specifica dedicata ai Comuni che consente loro di gestire casi di emergenzialità: le abitazioni potranno essere inserite in percorsi di emergenza fino al 40 per cento del patrimonio disponibile. “Una soglia molto importante che consente anche a persone con disagi di carattere psichico o mentale di rientrare in un percorso agevolato”, ha spiegato Scaramelli.
Sul processo di emancipazione sociale, il presidente ha precisato che può terminare al raggiungimento di un reddito superiore ai 36mila euro, con una forbice che scivola fino a 27mila su base Isee in modo da declinare situazioni specifiche e realtà territoriali.
“Diamo una risposta abitativa ai più deboli – ha concluso –, mettendo i doveri al fianco dei diritti, introducendo controlli tassativi e corsi di educazione civica diffusa. È una scelta politica figlia della cultura riformista e progressista della Toscana capace di coniugare giustizia sociale, legalità e valori democratici”. “Auspico un dibattito franco e un consenso largo”.
La legge in sintesi
La legge in materia di edilizia residenziale pubblica ridefinisce i criteri di assegnazione delle case popolari. Arriva a conclusione un lungo lavoro sul testo che la Giunta regionale aveva presentato in commissione nel marzo scorso. Un lavoro che ha portato a una profonda riscrittura del provvedimento, emendato in commissione Sanità articolo per articolo. Rispetto al progetto iniziale, che ne prevedeva il superamento, restano gli undici soggetti gestori e i relativi Lode (i livelli ottimali d’esercizio), per i quali si prevedono modelli organizzativi che permettano di esercitare le funzioni anche in forma associata, preferibilmente nell’area vasta di appartenenza, e l’istituzione di commissioni territoriali per il contrasto al disagio abitativo.
Vengono riviste le modalità di accesso, assegnazione e utilizzazione degli alloggi Erp e i canoni di locazione, che vengono distinti in quattro tipologie: minimo; sociale; ordinario protetto; massimo di solidarietà. Si introducono modifiche alla disciplina dell’annullamento e della decadenza dall’assegnazione e della risoluzione del contratto di locazione. In particolare, tra gli elementi introdotti, per partecipare ai bandi per l’assegnazione di alloggi Erp, non saranno ammesse persone “con condanne penali passate in giudicato per delitti non colposi per i quali è prevista la pena detentiva non inferiore a cinque anni, ovvero avvenuta esecuzione della relativa pena”. Il procedimento di decadenza sarà avviato obbligatoriamente dal Comune nei confronti dell’assegnatario “che abbia riportato condanna definitiva per violenza o maltrattamenti verso il coniuge, i minori o altri componenti del nucleo familiare” e per i delitti non colposi suddetti. Il Comune procederà all’assegnazione dell’alloggio ad altro componente del nucleo familiare.
Un sub-emendamento presentato in commissione dal presidente Scaramelli ha rimodulato l’assegnazione dei punteggi e introdotto per la prima volta i 3 punti a chi è residente o lavora nell’ambito territoriale da almeno 15 anni e 4 punti per chi è residente e lavora da almeno 20 anni alla data della pubblicazione del bando.
Le vecchie graduatorie rimarranno in vigore fino al momento in cui il Comune non emetterà il nuovo bando. Si attribuisce un criterio prevalente di premialità del disagio abitativo, per il quale è stata tolta la soglia dei 6 punti.
Le parole dell’assessore Ceccarelli
“Questa è una legge pensata per dare maggiore equità ed efficienza al sistema dell’edilizia residenziale pubblica, ma anche maggiore autonomia ai Comuni. Possiamo dire, con i fatti, che in Toscana la casa è un diritto. Uno strumento fondamentale per aiutare famiglie in difficoltà, persone che si trovano in condizioni di povertà o sono vicini a questa soglia”.
Lo ha dichiarato l’assessore regionale Vincenzo Ceccarelli al termine del lungo dibattito sulla proposta di legge che detta nuove disposizioni in materia di alloggi popolari. Testo che il Consiglio regionale, riunito in seduta antimeridiana mercoledì 5 dicembre, non ha approvato e rimandato ad una successiva aula pur dopo aver discusso, e in certi casi anche approvato, ordini del giorno ed emendamenti a diversi articoli della proposta di legge.
Ceccarelli ha ricordato il percorso seguito, rilevando il primo obiettivo che si intendeva ottenere: semplificare e razionalizzare la gestione per generare risparmi e garantire più risorse a manutenzione e ristrutturazione. “Siamo partiti dall’analisi dell’attuale, utilizzando dati noti perché compongono il rapporto annuale sulla condizione abitativa in Toscana” ha detto Ceccarelli. “Abbiamo introdotto maggiore equità nel settore mettendo i singoli Comuni e i soggetti gestori nelle condizioni di poter ottenere il rispetto dei doveri di chi è assegnatario di alloggio e garantire al meglio il rispetto dei diritti di chi è iscritto nelle graduatorie e, quindi, in attesa di assegnazione”. “Il percorso – ha continuato – è stato lungo e sempre all’insegna di un costante confronto con tutti i soggetti coinvolti. Durante il percorso avevamo immaginato una semplificazione del sistema di gestione e una riorganizzazione che potesse liberare risorse” e in questo senso l’assessore ha ricordato che il testo varato dalla Giunta andava in una direzione poi mutata per “recepire le richieste avanzate dagli enti locali”, ossia dai proprietari del patrimonio immobiliare. “Abbiamo rinunciato alla prospettiva di riduzione dei soggetti gestori, ma non abbiamo rinunciato a perseguire obiettivi di efficienza del sistema anche attraverso una serie di misure alternative”. La legge non prevede alcun aumento strutturale dei canoni, ha voluto sottolineare Ceccarelli che ha invece parlato di un “aggiustamento nel senso dell’equità”. “Chi dà letture non autentiche della legge, sbaglia” ha osservato ancora l’assessore che ha parlato di “interventi ponderati, pensati in positivo senza distinzione di razze o provenienze, e con l’unico obiettivo di creare le premesse affinché siano i più deboli e i più bisognosi ad avere un alloggio popolare. La Toscana non deve inseguire nessuno perché già la legge 41 aveva fissato il requisito dei 5 anni di residenza ben prima di quanto fatto da altre regioni” ha chiarito.
E poi qualche dato: nei circa 50mila alloggi presenti in Toscana, circa il 10 per cento è occupato da famiglie straniere, ma per quanto riguarda le graduatorie rinnovate, nelle domande ammesse il 58 per cento sono italiani, nel posizionamento del primo 20 per cento raggiungono il 66 per cento e in corrispondenza del’assegnazione arrivano al 77. Parallelamente le richieste di famiglie straniere nel primo 20 per cento delle graduatorie sono pari al 33 per cento e raggiungono il 22 nel momento dell’assegnazione. “La legge non ha l’ambizione di risolvere il problema del disagio abitativo in Toscana” ha detto ancora Ceccarelli che haricordato anche le risorse: “Ci siamo impegnati per 100milioni in tre anni a partire dal 2017. Ad oggi ne abbiamo impegnati 46milioni e mezzo, entro la fine del 2018 assegneremo altri 15milioni; 27milioni in quattro anni sono stati assegnati grazie alle risorse messe a disposizione dal precedente Governo, 18milioni li avremo in attuazione di un decreto ministeriale che firmerà l’attuale ministro, ma che erano stati assegnati dal precedente. Siamo a 61milioni e mezzo dei 100 previsti, 27 milioni in tre anni per quanto riguarda le ristrutturazioni con la previsione di metterne altri 18” ha detto l’assessore che ha proseguito: “con il progetto GiovaniSì abbiamo messo quasi 50milioni dando la possibilità a circa 40mila giovani di trovare una autonomia abitativa; sui contributi affitto abbiamo messo anche quest’anno 5milioni di euro, solo parte regionale perché non abbiamo risorse provenienti dal ministero, e circa 2milioni per la morosità incolpevole”.
“Siamo ansiosi – ha stigmatizzato poi – di vedere cosa ci riserva questa legge di stabilità, non quella regionale, ma quella nazionale. Sono curioso di vedere quale sarà l’attenzione e la dotazione finanziaria che l’attuale governo riserverà all’edilizia residenziale pubblica perché a parlare si fa alla svelta, ma agire è molto più complicato”. “Credo – ha concluso – che con questa proposta di legge e con gli impegni economici previsti, possiamo dire con i fatti che in Toscana la casa è una priorità, ben lungi dall’aver risolto i problemi, ma sicuramente c’è un impegno importante e pesante in una fase non semplice per quanto riguarda i bilanci. Se qualche emendamento la migliorerà ulteriormente sarò contento, ma credo sia già una buona legge e spero in una sua celere approvazione”.
Il dibattito in aula
Ad aprire il dibattito sulle disposizioni di Edilizia residenziale pubblica (Erp), ieri pomeriggio (4 dicembre), il consigliere Andrea Quartini del M5S: “Nessuno ha il coraggio di fare il primo passo, inizio io”, ha esordito, unendosi al grazie per il lavoro degli uffici e riflettendo sui quindici mesi di discussione. “In realtà la discussione forte c’è stata tra la maggioranza in Consiglio e la Giunta regionale – ha affermato – noi abbiamo dibattuto in commissione e ora in aula; non a caso questo atto boccia la legge Saccardi e la prima proposta della Giunta, finendo per arrivare a delle disposizioni monche, che mostreranno la loro inutilità all’atto pratico, disposizioni fatte per promuovere una finta riforma, utile solo a fini propagandistici. Questa legge, non avendo affrontato molti problemi (disagio abitativo, lode, manutenzione alloggi sfitti, alienazioni, conflitti sociali) – ha concluso – è un’occasione persa per l’edilizia residenziale
pubblica in Toscana”.
Secondo Monica Pecori (Gruppo misto Tpt): “Il testo ispirato dalla Giunta regionale era diverso, tuttavia, non vedo niente di utile o di migliorativo rispetto al passato, a partire da un effettivo controllo sul patrimonio degli alloggi, che non c’è. Si è perso di vista l’obiettivo principe – ha sottolineato – quando si parla di disagio abitativo occorre porre al centro la persona e i suoi bisogni, lavorando per dare garanzie. Da qui l’aggancio al sistema farraginoso dei punteggi, che per la consigliera non dà garanzie al soggetto disabile di poter accedere a una abitazione conforme alle proprie esigenze. Pecori ha concluso il proprio intervento dichiarando di non condividere il criterio della cosiddetta storicità della residenza sul territorio toscano ed esprimendo un giudizio sulla proposta di legge al momento negativo, che spero possa cambiare in sede di votazione sul pacchetto di emendamenti”.
Di legge diversa rispetto a quella affrontata mesi fa ha parlato Paolo Sarti (Sì-Toscana a sinistra), che ha sottolineato in particolare due problemi non risolti, la governance e la mancanza di risorse: “Occorre investire in edilizia popolare, non possiamo fare le nozze coi fichi secchi, perché questo è il tentativo che abbiamo di fronte a noi. Non solo, – dice Sarti – questa legge è un mare magnum da rivedere e ripulire: un piano di edilizia residenziale pubblica deve guardare esclusivamente agli investimenti, non deve essere un calderone dove ci si mette tutto, dal disagio sociale all’autosufficienza”. Invitando a non inseguire la Lega, il consigliere ha chiuso il proprio intervento parlando di: “Atto da migliorare e rimandando agli emendamenti”.
Jacopo Alberti (Lega) non ha dubbi: “Il testo base della Giunta regionale del 2017 è stato completamente stravolto, non è quello consegnatoci lunedì sera (3 dicembre)”, ha affermato, annunciando la presentazione di ventiquatteo emendamenti e soffermandosi su alcune considerazioni politiche. “Si è parlato di legge in salsa leghista, ma non è vero, la salsa leghista è quella che ci ha contraddistinti da sempre, nel nostro voler dare le case prima agli italiani, senza ghettizzare, ma questo atto continuerà ad assegnare le abitazioni prima agli stranieri”, anche attraverso un nuovo metodo, l’autocertificazione di imposta valori di immobili all’estero. Parlando di altri punti non condivisibili, a partire dalla perla dell’articolo 35 sulla mediazione sociale e culturale, – ha concluso- non vediamo nessun leghismo, con questo provvedimento non ci sarà alcuna inversione di tendenza”.
Per il consigliere Enrico Sostegni (Pd), la nuova legge è: “Vicina alle persone e ai territori, una misura che pensa allo sviluppo sociale della nostra Regione. La Toscana, – ha spiegato – è stata la prima a fare dell’integrazione socio sanitaria una parte fondamentale della propria caratterizzazione. Dal 1996 ha scelto che tutto il patrimonio Erp fosse di proprietà dei Comuni e che a quel livello si strutturasse l’organizzazione della gestione e dell’utilizzo degli immobili da destinare al’edilizia residenziale pubblica, che è uno degli strumenti per rispondere ai bisogni abitativi dei cittadini. Un testo concordato passo dopo passo con la Giunta regionale, per arrivare a una misura più equa e flessibile”. Sostegni ha anche ricordato: “Il quaranta per cento di flessibilità che abbiamo lasciato ai Comuni e che il disagio abitativo è stato fatto contare di più. La questione della permanenza risponde a persone che da troppo tempo si trovano nella stessa situazione e non hanno trovato risposte diverse, ma il limite minimo dei cinque anni di residenza non può essere innalzato, perché noi vogliamo – ha aggiunto Sostegni – che la Toscana sia pienamente europea e riconosca i diritti sociali, per questo”.
§Giudizio negativo è stato espresso dal consigliere Paolo Marcheschi (Fratelli d’Italia), nei confronti di: “Una legge da cui ci si aspettava una visione sociale più definita e invece è una riforma molto timida, senza coraggio, che genera nuova conflittualità tra poveri vecchi e nuovi. Il quadro generale – ha spiegato Marcheschi – è peggiorato a livello nazionale e anche in Toscana. In questi anni non si sono costruite case, non si sono fatti piani di edilizia sociale. Le case sono le stesse e i poveri sono aumentati. La discrezionalità lasciata ai Comuni è anche eccessiva, la soglia del quaranta per cento è troppo alta. Un testo che doveva nascere come una riforma importante e pian piano è stato ridimensionato. I fuochi di artificio sono diventati petardi. Questo anche a causa del contrasto tra Giunta e Consiglio, che non si è fermato soltanto alla governance – ha osservato Marcheschi -. Non c’è la percezione di come è cambiata la povertà in Toscana, dove emergono i nuovi poveri: sono coloro che fanno figli e anche se lavorano si impoveriscono. Sono i padri separati, a tutela dei quali ho presentato un emendamento”.
Secondo il consigliere Nicola Ciolini (Pd) la nuova legge: “Non è la soluzione a tutti problemi di disagio abitativo in Toscana, che richiedono investimenti adeguati sul patrimonio edilizio, maggiore efficienza delle società di gestione e maggiore disponibilità dei Comuni sulle politiche abitative, ma ha l’obiettivo di ottimizzare funzionalità ed efficienza del sistema attraverso regole più eque rivolte non solo a una parte del Paese, ma a tutti coloro che hanno più bisogno, da più tempo e in senso assoluto. Di qui – ha spiegato Ciolini – passa la ricerca di giustizia sociale. Le case popolari sono da sempre parte del nostro popolo, rispondono alle necessità di una maggiore inclusione sociale. Non vogliamo inseguire nessuno, cerchiamo di rendere più funzionale lo strumento legislativo. Se il testo è così cambiato in questi mesi, è perche ci siamo messi in ascolto e a disposizione di tutti. Giusto affrontare il tema dei padri separati, che oggi rappresenta una vera emergenza. La governance ha bisogno di un approfondimento maggiore, nessuno di noi nega che c’è bisogno di un intervento anche su questo aspetto”.
“Con questa legge non esauriamo un diritto importantissimo, che è il diritto alla casa, attorno a cui bisogna costruire gli interventi. Purtroppo, la percentuale di coloro che ottengono un alloggio avendone fatto richiesta si aggira sul 4%”. Così Serena Spinelli (Art. 1-Mdp) ha aperto il suo intervento. “Dobbiamo ragionare in termini di bisogno, non in termini di provenienza – ha proseguito -. Non bisogna dimenticare che gli immigrati ospitati in case popolari non superano l’8% del totale. La sinistra deve avere il coraggio di accogliere i bisogni di tutti e di dire che il mondo è cambiato”. La consigliera si è inoltre detta d’accordo sul provvedimento nel suo complesso, ma non sulla modifica che stabilisce che non saranno ammesse persone ai bandi con condanne penali passate in giudicato per delitti non colposi per i quali è prevista la pena detentiva non inferiore a cinque anni, ovvero avvenuta esecuzione della relativa pena. “Non spetta alla Regione aggiungere una pena” ha detto, annunciando dunque che non voterà l’articolo.
Marco Casucci (Lega) ha osservato che “nel tempo si sono evidenziate chiare inadempienze della Regione Toscana” ad affrontare il problema dell’edilizia pubblica. “Ribadiamo – ha aggiunto – che si deve pensare prima agli italiani, mentre la Regione Toscana pensa prima ai troppi stranieri che fanno concorrenza agli italiani nelle graduatorie pubbliche. Su questo sono d’accordo anche molti esponenti della sinistra, basti pensare a quanto dichiarato dal sindaco Dario Nardella. Noi, dove governiamo, abbiamo riconosciuto i diritti degli italiani e gli elettori per questo ci hanno premiato. I toscani giudicheranno”.
Secondo Maurizio Marchetti (Fi) “esiste un problema gestionale di cui bisogna tenere conto. La gestione dell’edilizia popolare – ha detto – è pachidermica, e questi provvedimenti renderanno il quadro ancora più farraginoso e pesante”. “I costi di gestione e manutenzione delle case popolari sono altissimi, i tempi di realizzazione lunghissimi e ci sono Comuni che devono fare i conti con morosità che arrivano a volte a milioni di euro – ha spiegato ancora il consigliere -. In questo quadro la Regione Toscana ha fatto in modo di bloccare la vendita degli alloggi popolari a coloro che, potendo, sarebbero felicissimi di acquistarli. Così si avrebbero risorse per realizzare nuovi alloggi. Il nostro giudizio su questo provvedimento non può essere positivo”.
“Sicuramente questa legge presenta forti criticità e complessità che solo in parte vengono affrontate e in parte invece vengono rimandate, ma non per questo si può dare un giudizio negativo”. Lo ha detto Paolo Bambagioni (Pd), aggiungendo che “purtroppo il provvedimento è figlio di questi tempi, in cui il Paese è più povero e ingarbugliato, e dunque è più difficile dare risposte adeguate”. Secondo il consigliere “una regione da sola non può risolvere il problema se non viene data una risposta a livello nazionale”, anche perché “i sindaci non mettono più a disposizione terreni per costruire alloggi popolari perché hanno già troppi problemi a gestire quelli esistenti. Negli anni si è permesso che le case popolari diventassero aree di degrado e troppi cittadini aspettano invano una risposta, tra bandi che scadono e graduatorie che devono essere rifatte daccapo”.
Per Roberto Biasci (Lega) “la parola d’ordine è sburocratizzare. La casa primaria deve avere una corsia preferenziale, si deve riuscire a velocizzare le pratiche perché la casa è un bisogno fondamentale, nella casa sta il futuro delle famiglie”. Importante, secondo il consigliere, anche mettere in vendita gli alloggi per recuperare nuove risorse e creare così una rotazione virtuosa, e rivedere le norme che chiedono agli immigrati di certificare il possesso di immobili all’estero. “Accedere a questi dati spesso non è possibile – ha detto – e questo finisce per mettere in secondo piano gli italiani”.
Marco Stella (Fi) ha sottolineato che “dobbiamo rispondere a una domanda: può una famiglia a cui viene assegnata una casa popolare pensare di occupare quell’alloggio per tutta la vita, come fin qui si è teso a fare? Le condizioni si modificano nel tempo e anche i bisogni delle famiglie cambiano. La politica deve avere il coraggio di dare una risposta alla domanda”. Stella ha, inoltre commentato che “dopo tanti anni ci aspettavano una risposta un po’ più importante alla questione dell’edilizia residenziale popolare e una riforma più ampia. E’ evidente che se non si mettono risorse le leggi non funzionano”. “Un piano di edilizia popolare – ha aggiunto – non si fa senza i soldi del governo centrale. Il governo dovrebbe investire i 10 miliardi stanziati per il reddito di cittadinanza negli alloggi, invece di finanziare chi passa tutto il giorno davanti alla tv. Il reddito di cittadinanza è un errore e questo governo deve avere il coraggio di ammetterlo e di cambiare rotta”.
Elisa Montemagni (Lega) ha preannunciato che il suo gruppo “non ha al momento una posizione predefinita perché il provvedimento è sottoposto a una caterva di emendamenti che possono cambiare molto. Certo questa legge non può rispondere da sola ai bisogni dei cittadini in difficoltà, deve essere inserita in un contesto di interventi più ampio”. Importante, anche secondo la consigliera, che ci siano controlli da parte dei gestori e che “i cittadini che non sono più in stato di bisogno, e che magari continuano ad abitare nelle case popolari sfoggiando auto costose, siano sostituiti da chi ha veramente bisogno”. Montemagni ha, infine, sottolineato l’apertura del gruppo in fase di discussione di emendamenti “purché dall’altra parte non ci sia al contrario una preclusione al dialogo e le nostre proposte siano seriamente esaminate”.
Il voto in aula
arrivando ad approvare i primi 7 articoli della proposta di legge sulle disposizioni in materia di Edilizia residenziale pubblica (Erp), dopo aver dato il via libera a 5 ordini del giorno presentati dal M5S ed emendati dal Pd.
A presentare in aula gli ordini del giorno il consigliere Andrea Quartini (M5S) che, in vista della “tutela del patrimonio pubblico, che non può essere svenduto”, ha dato il “la” alle illustrazioni, parlando di necessità di armonizzare la normativa regionale e quella nazionale, cui ha risposto il consigliere Enrico Sostegni (Pd), presentando un emendamento che va a modificare l’impegnativa. Da qui la richiesta alla giunta di “attivarsi in tutti i tavoli istituzionali competenti per arrivare a una modifica della normativa nazionale che porti a un allineamento della stessa a quella regionale, finalizzata a garantire: il principio di tutela del patrimonio pubblico; la necessità di un rinnovo del patrimonio Erp; il legittimo riscatto socio economico che potrebbe riguardare alcuni inquilini; il superamento dei problemi caratterizzanti gli alloggi nei condomini misti; il superamento dei contenziosi annosi tra inquilini e Comuni in merito all’acquisto dell’alloggio”.
E passando al secondo ordine del giorno, la lente è andata sul “problema vero, quello della carenza di alloggi”, come sottolineato da Quartini, impegnando l’esecutivo “a prevedere nel prossimo bilancio pluriennale regionale di continuare con gli investimenti con almeno 15milioni per la costruzione di nuovi alloggi da destinare all’edilizia residenziale pubblica”, come riformulato con l’emendamento illustrato da Sostegni, insieme alla presa d’atto che “gli stanziamenti nel 2018 sono arrivati a 61 milioni di euro”. Nell’impegnativa, inoltre, si chiede a Presidente e Giunta di attivarsi “al fine di istituire a livello nazionale uno specifico fondo per il finanziamento della costruzione o acquisto di nuovi alloggi da destinare all’edilizia residenziale pubblica”; a rendere pubblico nel prossimo rapporto Abitare in Toscana il “totale delle risorse destinate al settore Erp distinguendo tra le risorse regionali non spese negli anni precedenti rispetto ai nuovi stanziamenti” e “le risorse di natura europea o nazionale rispetto a quello di competenza strettamente regionale”.
In continuità con il precedente, ha fatto seguito l’ordine del giorno sulla richiesta di specifiche risorse per la riqualificazione degli alloggi sfitti impegnando la giunta “a prevedere nel prossimo bilancio specifiche risorse aggiuntive rispetto a quelle previste per la realizzazione di nuovi alloggi, pari ad almeno 10milioni di euro l’anno per interventi e lavori di manutenzione degli alloggi sfitti”.
Altro tema caldo, come sottolineato da Quartini, le forti tensioni sociali ora per la convivenza tra culture diverse ora per le domande di assegnazione tra cittadini stranieri e non. Da qui l’atto che impegna l’esecutivo a promuovere e diffondere con il coinvolgimento dei Comuni, dei gestori e delle associazioni di rappresentanza degli inquilini, specifici corsi di formazione propedeutici all’assegnazione dell’alloggio, “finalizzati a trasmettere ai nuovi inquilini la conoscenza dei principi costituzionali e delle norme del codice civile che regolano la vita condominiale”.
Ma per intervenire al meglio, occorre aver ben chiaro il quadro della situazione. In tal senso, con l’ultimo ordine del giorno approvato dopo che è stato accolto un emendamento del Partito democratico, si impegna la Regione a “chiedere ai soggetti gestori uno specifico studio, con il coinvolgimento della Regione, dell’Anci, di Cispel, delle associazioni inquilini e dell’Università toscane, finalizzato a costruire un nuovo modello di governance che tenga conto – indicativamente – di numero di alloggi; del numero di richieste di alloggi per singoli territori; del numero di alloggi necessari per soddisfare la domanda; del numero dei dipendenti attualmente occupati all’interno delle società di gestione; della situazione economica delle società di gestione; delle caratteristiche socio economiche dei vari territori”.
Approvati i cinque ordini del giorno, l’aula di palazzo del Pegaso ha continuato i lavori, concentrandosi sull’articolato della proposta di legge, arrivando a licenziare i primi 7 articoli.