Case popolari Erp, approvata la nuova legge regionale

19 dicembre 2018 | 16:07
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Case popolari Erp, approvata la nuova legge regionale

Il consiglio regionale ha approvato la legge che regolamenta il settore dell’edilizia residenziale pubblica toscano. Si tratta di un provvedimento che interesserà direttamente o indirettamente oltre 1 milione e 650 persone che già abitano nelle 49 mila e 751 case popolari toscane, 21mila e 888 famiglie che hanno presentato, attraverso i bandi comunali, domanda di assegnazione di una casa pubblica, 366 lavoratori che operano nelle aziende di proprietà dei Comuni che hanno il compito di gestire e mantenere il patrimonio immobiliare. Il testo, approvato dal consiglio, risulta sensibilmente diverso rispetto a quello iniziale proposto qualche anno fa sul quale i Sindacati dei lavoratori e degli inquilini avevano espresso forti riserve e contrarietà tanto da organizzare iniziative di mobilitazione e proporre ben quaranta proposte di emendamento. Il risultato, raggiunto con l’approvazione del provvedimento, testimonia la capacità di ascolto, valutazione, concertazione che ha portato sensibili miglioramenti al testo da parte dell’assessore regionale alle politiche abitative Vincenzo Ceccarelli, dei componenti la commissione consiliare presieduta da Stefano Scaramelli, dai gruppi consiliari di maggioranza Pd, Mdp e da parte dell’opposizione, M5s e Si Toscana a Sinistra.

“Tra gli aspetti più positivi, quelli di aver riequilibrato i punteggi per l’assegnazione di una casa popolare verso situazioni più legate al disagio abitativo, come il premiare famiglie che, pur con bassi redditi e grandi sacrifici, onorano il pagamento del canone di affitto negli alloggi del mercato privato, oppure il prevedere soluzioni per quelli che si vedono espropriata l’abitazione di proprietà perché hanno perso il lavoro o la propria attività – dicono Cgil, Cisl, Uil, Sunia, Sicet, Uniat – Assai positivo l’aver accolto la proposta dei sindacati di prevedere, per chi entra e già vive nelle case popolari, appositi percorsi di formazione e informazione civica, per far conoscere le regole fondamentali per una pacifica e rispettosa convivenza negli edifici popolari e allo stesso campo il prevedere apposite strutture di controllo e sanzioni per coloro che non rispettano le regole e il bene pubblico loro assegnato, fino ad arrivare allo sfratto nei casi più gravi. Soprattutto le famiglie anziane verranno tutelate nel garantire di restare nel contesto sociale e nell’alloggio loro assegnato senza provvedimenti di mobilità forzata . Molto positivo il sistema di calcolo dei canoni che continuerà ad essere proporzionato alle condizioni di reddito familiare,la valorizzazione del ruolo della rappresentanza sindacale nelle commissioni comunali di assegnazione alloggi, nelle autogestioni e in iniziative per favorire la coesione sociale e applicare un unico contratto di servizio alle 12 aziende comunali che gestiscono il patrimonio di Erp. “La legge, invece, – continuano Cgil, Cisl, Uil, Sunia, Sicet, Uniat – perde l’occasione di affrontare alcuni aspetti sia economici, sia sociali, cruciali per il futuro dell’edilizia pubblica. Nonostante l’approvazione all’unanimità da parte del Consiglio regionale di un ordine del giorno, nel quale si impegna la Regione a prevedere lo stanziamento costante annuo minimo di 15 milioni di euro per la tenuta del sistema e di 10 milioni per la ristrutturazione degli alloggi sfitti (che attualmente soddisfano l’ottantadue per centp degli alloggi assegnati), di fatto la legge non contempla questo tipo di impegni. Per questo i sindacati chiedono a Regione e Comuni di condividere un appello verso il governo nazionale per un piano strutturale di finanziamenti del settore in modo da offrire nuove abitazioni a canone sociale da edificare soprattutto in aree ed edifici, ristrutturare in tempi certi quelle che si liberano e rilanciare anche il settore delle costruzioni. Permangono forti riserve sulle modalità di calcolo delle possidenze immobiliari e riguardo l’approvazione di alti punteggi previsti nei bandi di assegnazione per coloro che risiedono da più tempo nelle zone in cui presenteranno domanda. In questo modo si ritorna al tempo delle Repubbliche marinare, limitando di fatto la possibilità di assegnare un abitazione a chi ad esempio fino ad un anno fa viveva a Livorno e ora per problemi lavorativi, familiari, ha preso la residenza a Firenze. I sindacati esprimono dubbi riguardo la legittimità costituzionale e riguardo l’effettiva efficacia della norma che impedisce l’accesso ai bandi a chi ha pendenze penali di un certo rilievo; una disposizione che non ci pare risolva questioni reali quali quelle dei comportamenti illegali e delle conflittualità all’interno dei complessi di edilizia pubblica. Rispetto ad una valutazione complessiva non possiamo che apprezzare la conferma del ruolo sociale dell’edilizia pubblica come strumento fondamentale di sostegno e emancipazione sociale alle famiglie di lavoratori con basso reddito, che esce rafforzato grazie anche alla iniziativa unitaria intrapresa dai sindacati”, concludono.
Alle disposizioni di edilizia residenziale pubblica (Erp), su trentacinque votanti, ventidue si sono espressi a favore, tredici contro e due astenuti. “Era fondamentale governare il patrimonio Erp, ma questa occasione è stata rigettata da una Regione che ha dimostrato incapacità di spesa e di programmazione – dice Andrea Quartini, M5s -. La legge è solo una goccia nell’oceano”. “Noi ci asterremo – ha annunciato Paolo Sarti – ma occorre andare avanti e soprattutto investire nella ristrutturazione degli edifici: il problema vero è che ci rivolgiamo solo al quattro per cento degli aventi diritto”. “Voto contro perché l’obiettivo della governance non è stato raggiunto – ha dichiarato Monica Pecori, gruppo misto Tpt -. Lo spirito doveva essere quello di mettere prima la persona al centro e poi guardare alla gestione, ma così non è stato. I miei emendamenti andavano, infatti, in questa direzione e sono stati respinti; il mio giudizio sulla legge è negativo”.
Stessa espressione di voto anche per Jacopo Alberti (Lega): “In queste disposizioni non c’è alcuna salsa leghista e voteremo contro; voi avete sonoramente bocciato i nostri 23 emendamenti e questa legge ve la votate da soli. Il nostro principio cardine è sempre lo stesso- ha ribadito – assegnare prima le case agli italiani, ai toscani e poi agli stranieri. Nei comuni dove governiamo noi lo facciamo, la percentuale è di settanta per cento agli italiani e trenta agli stranieri”.
“Noi voteremo questa legge perché la consideriamo giusta – ha esordito il capogruppo del Pd, Leonardo Marras -. Chi l’ha detto che l’obiettivo era quello di cambiare la governance? Il nostro obiettivo era quello di lavorare insieme ai Comuni per trovare un modus operandi più equo e così abbiamo fatto. In tema di residenza-cittadinanza, questo è un patto locale che si crea all’interno delle comunità. Non possiamo assistere a lezioni di extraterrestri arrivati da poco dalla luna, che non comprendono la difficoltà di governare sulla terra”. “Abbiamo rispettato quello che gli enti locali ci hanno chiesto e abbiamo modificato una parte della legge in seguito a questo confronto con i Comuni – ha sottolineato Serena Spinelli, Mdp -. I dati li leggiamo tutti e non è vero che nelle case popolari ci sono il settanta per cento di stranieri e il trenta per cento di italiani. La verità è che non ci sono le risorse e riusciamo a rispondere solo al quattro per cento degli aventi diritto”.
Il Consiglio regionale ha ripreso la discussione sulla proposta che ridefinisce i criteri di assegnazione delle case popolari. Il confronto, interrotto lo scorso 5 dicembre dopo l’approvazione di cinque ordini del giorno del Movimento 5 stelle, è ripartito dall’articolo 8 “Requisiti per l’accesso agli alloggi”. Su questa parte, la presidente di Art.1/Mdp Serena Spinelli, in sede di dichiarazione di voto, ha annunciato la propria astensione. “Non mi convince” ha spiegato in relazione a quanto contenuto nell’allegato A lettera b bis che ha inserito come ulteriore requisito “l’assenza di condanne penali passate in giudicato per delitti non colposi per i quali è prevista la pena detentiva non inferiore a cinque anni”. La decadenza per reati con pena superiore “non è decisione che ci spetta”. Aggiungere pena a quella già comminata, per Spinelli non risponde a quella “funzione rieducativa” già richiamata nella Costituzione (art. 27).
Sulla stessa lunghezza d’onda anche il consigliere di Sì – Toscana a sinistra Paolo Sarti che si è dichiarato contrario ad “aggravi di pena”. “Rischiamo – ha precisato – di inficiare ogni misura alternativa”. Sostituirsi al potere giudiziario è stato giudicato “imbarazzante” anche dal consigliere del Movimento 5 stelle Andrea Quartini. Il rischio è “creare discriminazioni rispetto alla possibilità di pene alternative al carcere”. Il vero problema, per Quartini è la mancanza di alloggi. “È inutile procedere a modifiche sui criteri di assegnazione” ha aggiunto. Anche la presidente del Gruppo misto/Tpt Monica Pecori si è dichiarata “assolutamente contraria” all’articolo 8 perché si prefigura una “discriminazione nei confronti di soggetti che stanno pagando le loro colpe”. Il portavoce dell’opposizione Jacopo Alberti ha ribadito la posizione della Lega: “Siamo contrari a case popolari succursali delle carceri toscane”. A sostenere l’articolo il consigliere del Pd Enrico Sostegni che in risposta a Quartini si è “augurato cospicui finanziamenti nazionali sull’Erp” e prendendo ad esempio la Regione Veneto “citata come modello in più occasioni”, ha ricordato che la normativa prevede, tra i requisiti, il tetto di cinque anni di residenza “anche non continuativi”.
In sede di discussione e di presentazione degli emendamenti proposti da maggioranza e opposizione, sono state ribadite le posizioni dei singoli partiti che hanno poi portato all’approvazione della proposta di legge (a favore Pd e Art.1/Mdp, contrari Movimento 5 stelle, Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia e gruppo misto/Tpt. Astenuti i consiglieri di Sì – Toscana a sinistra).
Gli emendamenti. Tra gli emendamenti approvati, quello del Partito democratico – sottoscritto anche da Spinelli – per l’introduzione, tra le condizioni per l’attribuzione dei punteggi, anche di separati o divorziati legalmente su cui grava l’obbligo disposto dall’autorità giudiziaria del pagamento mensile di un assegno di mantenimento a favore di coniugi e figli.
L’aula ha approvato anche due emendamenti di Fratelli d’Italia. L’uno riferito all’indicatore della situazione patrimoniale che deve tener conto anche di “eventuali depositi, investimenti, partecipazioni societarie e in generale redditi all’estero”; l’altro – pressoché identico a quello presentato dal Pd – che interviene sulle condizioni di attribuzione dei punteggi e in particolare sui requisiti per la partecipazione al bando da parte del coniuge, separato o divorziato legalmente, sul quale grava l’obbligo del pagamento di un assegno di mantenimento mensile. Con la modifica si stabilisce che la soglia fissata per accedere al bando (non superiore a 16mila 500 euro di valore Isee) e determinata anche tenendo conto di quanto corrisposto a titolo di assegno di mantenimento, è solo “parzialmente compensativa del reale bisogno economico”.
Tra gli emendamenti proposti da Sì – Toscana a sinistra, è passato quello per l’utilizzo autorizzato degli alloggi (articolo 14) e in particolare per estendere il periodo di permanenza: massimo cinque anni e non oltre dieci (il testo originario prevede massimo tre non oltre sei anni). L’aula ha approvato anche l’emendamento riferito all’accertamento della situazione del nucleo familiare e decadenza dell’assegnazione (articolo 38, comma 3 lettera n). La modifica, sottoscritta anche dal capogruppo Pd Leonardo Marras, aumenta il valore fino alla soglia di 50mila euro.
Respinti, invece, tutti gli emendamenti presentati da Lega, Movimento 5 stelle, Gruppo misto/Tpt e Forza Italia. In particolare sulle modifiche richieste dalla Lega per estendere, nei requisiti di partecipazione ai bandi, la continuità della residenza in “almeno dieci anni continuativi” invece dei cinque scritti nella proposta di legge, il dibattito ha coinvolto vari consiglieri. Il presidente della commissione Sanità, Stefano Scaramelli (Pd), ha ricordato la sentenza della Corte costituzionale (106/18) che ha giudicato illegittimo il requisito della residenza decennale per i cittadini extra europei introdotto dalla Regione Liguria. “Quanto chiedete non ha fondamento nel diritto, non si può fare” ha chiarito Scaramelli esortando alla “correttezza”. “Ci misuriamo su quello che possiamo fare. Non illudiamo i cittadini”. Il capogruppo Fdi Paolo Marcheschi, ha parlato di “principio politico”. “Avevo presentato un emendamento simile – ha ricordato – anche perché alcuni giuristi ritengono che la sentenza intervenga sulla discriminazione tra italiani e stranieri, non sulla residenza”.  Per il portavoce dell’opposizione Alberti, manca la “volontà politica di assegnare le case popolari prima ai toscani e agli italiani”. “Ne prendiamo atto” ha evidenziato. Diverso il punto di vista dell’assessore regionale Vincenzo Ceccarelli che ha parlato di una Lega che invece non pensa ai toscani. “Se un nostro cittadino si sposta per lavoro, quando torna in Toscana dovrebbe aspettare dieci anni prima di poter accedere alle graduatorie” ha rilevato.
Tra gli emendamenti presentati dal Movimento 5 stelle e respinti, anche quello riferito all’ospitalità temporanea per abbassare la soglia dell’indennità aggiuntiva applicata dal soggetto gestore. I consiglieri chiedevano di passare dal 25 per cento al 10 nel caso di permanenza fino a sei mesi, da 50 per cento a 25 nel caso di soggiorni superiori (massimo ulteriori 12 mesi).
Tra le modifiche richieste dal Gruppo misto/Tpt, non passa quella riferita all’assegnazione ordinaria degli alloggi per assumere un “preciso e vincolante impegno”, si legge nella relazione di accompagnamento, nei confronti di persone affette da disabilità e in particolare per imporre l’adeguamento del patrimonio Erp, ove necessario. A spiegare il rigetto dell’Aula il consigliere del Pd Enrico Sostegni che ha rilevato come la cancellazione dell’avverbio “preferibilmente” al comma 4 dell’articolo 12, in realtà potrebbe “introdurre criteri di rigidità” tali da discriminare proprio chi si vuole aiutare.