
I dati del dossier della Caritas
I dati riportati nel terzo rapporto sulle povertà in Toscana, realizzato dall’osservatorio sociale regionale e nel dossier sulle povertà della Caritas, evidenziano come la povertà in Toscana sia in aumento, nonostante il reddito di cittadinanza e il reddito di inclusione. In questo panorama, la carenza alimentare si rivela una delle più importanti forme di povertà. In aumento la povertà anche tra i giovani adulti.
In un quadro nazionale in cui la deprivazione materiale continua a rimanere a livelli elevati, in Toscana la povertà assoluta colpisce sempre più le famiglie numerose e composte da giovani o stranieri, e rimane immutata la sua diffusione territoriale. Nel 2017 la povertà assoluta in Toscana interessa circa 117mila persone e 63mila famiglie (contro rispettivamente 66mila e 32mila nel 2008).
Sono i dati che emergono dal terzo rapporto sulle povertà in Toscana realizzato dall’Osservatorio Sociale Regione, e presentato stamani (5 dicembre) in un convegno nell’auditorium di Sant’Apollonia, assieme al dossier sulle povertà nelle diocesi toscane, messo a punto dalla Caritas.
“Il Rapporto, frutto di un approfondito lavoro di analisi condotto dall’osservatorio in collaborazione con gli enti locali e i soggetti del privato sociale – ha detto l’assessore al diritto alla salute e al sociale Stefania Saccardi – ci consente di conoscere i reali bisogni delle persone, per meglio programmare gli interventi di contrasto ai processi di impoverimento e di esclusione sociale, per contrastare la povertà, ma anche per individuare i fattori di rischio sul territorio per prevenirla. L’obiettivo è prendersi cura dei soggetti fragili, con un’attenzione particolare alle generazioni future. Il modello di welfare che come Regione abbiamo costruito in questi anni – ha sottolineato – non è limitato all’assistenzialismo, ma si fonda sulla dignità della persona, è una ricerca degli strumenti per l’autonomia, una costruzione di percorsi che portino fuori dalla povertà”.
“Questi dati ci rivelano una società sempre più diseguale – è il commento di monsignor Roberto Filippini, vescovo incaricato Cet per la pastorale della carità – dove regnano ancora discriminazioni di genere e di etnia, dove le famiglie presentano fragilità e frammentazioni profonde che pagano come sempre i più deboli, i minori; dove i poveri sono a rischio di cronicizzazione e dove per alcuni un’abitazione dignitosa rimane un desiderio irrealizzabile. I numeri e le tabelle ci rivelano una società marcatamente individualista, chiusa nella difesa degli interessi privati e prevenuta nei confronti dell’altro e del diverso”.
Oltre ai dati riportati sopra, le informazioni salienti che giungono dal rapporto evidenziano che la povertà assoluta continua ad essere maggiore nelle grandi aree urbane, sulla costa e agli estremi nord e sud della Regione.
Con il reddito di cittadinanza, rispetto al Rei (reddito di inclusione) aumentano la platea e le risorse, ma non cresce la capacità di copertura.
Se tutti i potenziali beneficiari facessero effettivamente domanda, il reddito di cittadinanza potrebbe coinvolgere circa 52.000 nuclei familiari e 116.000 individui. Le domande presentate in Toscana sono 65.000: di queste ne sono state accolte circa 37.000 (di cui il 16% per la pensione di cittadinanza), che coinvolgono 82.000 persone.
Sia per il Rdc che per il Rei, comunque, i beneficiari riescono difficilmente a uscire dalla condizione di povertà assoluta: su 100 beneficiari, solo 10 per il Rdc e 6 per il Rei.
La povertà ha una natura multidimensionale, e la carenza alimentare si conferma una delle più importanti forme di povertà. Dalla ricerca effettuata ogni tre anni nelle scuole della Toscana (che coinvolge più di 12.000 ragazzi tra 11 e 17 anni) emerge un discreto livello di benessere relazionale e culturale, soprattutto tra i più piccoli. E questo sembra essere un valido supporto al contrasto della “povertà educativa” minorile.
Cresce la povertà tra i giovani adulti, prevalentemente uomini di origine straniera, ma cresce anche quella dei giovani adulti italiani. Sono stati rafforzati i servizi dedicati al contrasto della povertà, con l’assunzione di 70 nuovi assistenti sociali e un aumento di ore di quelli già in servizio. Le reti composte da soggetti del terzo settore si integrano con l’operato dei servizi pubblici, dando vita a forme di collaborazione efficaci.
Gli interventi di inclusioneprevisti dal piano povertà ammontano a 11,5 milioni di euro. Il percorso di impoverimento può iniziare con la perdita del lavoro, un divorzio, una malattia. Da quel momento la persona è chiamata ad adattarsi progressivamente a una condizione di marginalità sociale che cambia la sua quotidianità e implica un rimodellamento del suo modus vivendi. Fondamentale costruire politiche preventive, e non successive agli eventi avversi. E coinvolgere direttamente nella ricerca le persone in condizione di indigenza, che possono aiutare per una migliore comprensione del fenomeno.
Nel 2018 la Caritas ha incontrato 24060 persone (53,2% donne, 46,8% uomini). Continua a restringersi la forbice tra italiani e stranieri, e in alcune diocesi già da qualche anno gli italiani sono più numerosi degli stranieri. Il 73,7% dei 15049 immigrati incontrati vive in Italia da almeno cinque anni.
Secondo il dossier sulle povertà messo a punto dalle diocesi toscane della Caritas, il problema più grande è la mancanza di lavoro: non ce l’ha il 68%, un’incidenza che sale al 75,2% per le donne e al 73% per gli stranieri. Ma anche chi il lavoro ce l’ha deve ricorrere ai servizi della Caritas: il 15% delle persone incontrate svolgono lavori pesanti, precari, pericolosi, poco pagati e socialmente penalizzanti.
Più di una persona su dieci (12,9%) vive in una condizione di marginalità abitativa, molto prossima a quella di senza dimora. Un quarto (25,9%) ha un’abitazione provvisoria e il 61% una stabile.
La solitudine, spesso in conseguenza dei processi di disgregazione familiare, è la condizione di maggior disagio dal punto di vista relazionale. Tra le persone incontrate dalla Caritas, sono cresciuti moltissimo i giovani adulti (18-24 anni): dal 2007 al 2018 sono passati da 120 a 1.297. Nelle 8.288 famiglie incontrate vivono 9.577 minori, e il rischio è che la povertà si possa tramandare di padre in figlio. Cresce l’area della cosiddetta povertà cronica: 36,5% nel 2018, contro i 30,6% del 2017.
I servizi più conosciuti sono il trasporto pubblico (71%), supermercati (69,4%), farmacie (64,8%), negozi (62,9%), uffici postali (61,3%), banche (48%). Molto distaccati ci sono i servizi pubblici di tipo socio-sanitario e culturale: sanitari (38,7%), sociali (29,4%), biblioteche e centri di aggregazione (25%). Un sesto (17,3%) non li frequenta.
Chi invece la frequenta, ha utilizzato i servizi sanitari (57,3%), i servizi per l’impiego (53,8%), i servizi sociali (45,3%). Sostanzialmente positivo il giudizio sui servizi utilizzati: 80,6% considera utili le prestazioni ricevute dal servizio sanitario, 88,1% i servizi per l’infanzia, 70,3% i servizi sociali. Mentre per i servizi dell’impiego, solo il 21,1% degli intervistati li ha ritenuti utili.