L'analisi economica

Aumenta l’inflazione ma diminuisce la povertà: il ritratto della Toscana nel rapporto Irpet

10 gennaio 2023 | 16:25
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Aumenta l’inflazione ma diminuisce la povertà: il ritratto della Toscana nel rapporto Irpet

Positivo l’andamento di produzione industriale, esportazioni e mercato del lavoro

Una regione che si dimostra in grado di reggere ai colpi pesanti provocati dagli eventi internazionali, che prova a sfruttare la grande occasione che arriva dal Pnrr, ma che si trova anche a dover fare i conti con un tessuto economico e sociale reso più debole e fragile e con un clima di sfiducia ed incertezza verso il futuro. E’ la Toscana che scaturisce dal rapporto Irpet sull’economia, presentato oggi (10 gennaio) a Palazzo Strozzi Sacrati a Firenze.

Nel 2022, sulla scia del rallentamento dell’economia internazionale, anche quella toscana ha frenato, soprattutto dopo l’estate. Con un andamento comunque positivo riguardo a produzione industriale, esportazioni e mercato del lavoro. La prima ha segnato un +3,4 per cento nei primi 9 mesi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente; nello stesso periodo esportazioni a +7,3 per cento con un’ulteriore accelerazione nel terzo trimestre; i livelli occupazionali hanno superato non solo quelli dell’anno prima ma anche quelli pre-pandemia: +4,6 per cento nel periodo gennaio-ottobre e +6,5 per cento rispetto al 2019. In particolare è aumentata la domanda di lavoro stabile: tra gennaio-ottobre le trasformazioni da lavoro a termine a lavoro stabile sono state 45mila, il valore più alto dal 2019.

Le stime Irpet 2022 sul Pil indicano un +3,9 per cento (+3,5 per cento nazionale), un valore più basso rispetto alle attese elaborate prima dello scoppio della guerra in Ucraina ma comunque maggiore di quanto l’evoluzione delle vicende internazionali facesse immaginare a metà anno, grazie alla crescita dei consumi interni e degli investimenti fissi lordi. Per il 2023 la stima indica un +0,6 per cento (+0,4 per cento per l’Italia) ed un aumento nel biennio 2024 e 2025 rispettivamente dell’1,3 e dell’1,2 per cento, sebbene rischi di varia natura (guerra, pandemia, inflazione) potrebbero determinare una fase di recessione.

Inflazione su fino al 12,2 per cento in Toscana, 7,8 per cento la media annua. Le misure di tamponamento (azzeramento oneri di sistema, attribuzione di agevolazioni fiscali e/o contributi finalizzati al contenimento dei prezzi o alla integrazione di reddito) ne hanno attenuato la spinta, ma gli effetti per imprese e famiglie sono stati consistenti.Per le prime il costo per l’energia rispetto al 2021 è stimato in circa +350 milioni di euro al mese, +4,2 miliardi l’anno. Più colpiti i settori energivori: carta, chimica, trasporti, gomma e plastica, siderurgia. Mediamente il costo energetico sarebbe passato, sul totale dei costi, dal 3,5 per cento al 6 per cento.

L’incremento di reddito necessario a mantenere invariato il livello dei consumi delle famiglie risulterebbe in media pari a 3mila 480 euro, valore dell’erosione del potere d’acquisto. Le misure del governo hanno consentito di farlo scendere a circa 2mila 150 euro. Per consentire alle famiglie a più basso reddito di lasciar invariato il livello dei consumi l’incremento sarebbe del 23,1 per cento, contro l’8,9 per cento medio per il complesso delle famiglie toscane. Un’indagine condotta da Irpet, sul cambio di abitudini e comportamenti di consumo causati dai rincari, indica per i beni essenziali (alimentari e bevande) nella maggior parte (59 per cento) una ricerca di prezzi più convenienti senza ridurre il consumo. Per quelli più voluttuari, come gite e viaggi (28 per cento) o acquisto mobili e servizi per la casa (27 per cento), si va verso la rinuncia completa; per abbigliamento e calzature nel 36 per cento dei casi si cerca il prezzo più conveniente; per ristorazione, teatro e sport nel 33 per cento si riduce il consumo. Per i servizi di comunicazione (internet, cellulari, ecc.), di cartoleria, libri e servizi di istruzione e, soprattutto, di servizi sanitari e per la salute, il 63 per cento non ha modificato i propri comportamenti di consumo.

L’area della povertà assoluta, contenuta grazie alle misure di tamponamento e al miglioramento del mercato del lavoro, nel 2022 è stimata al 4,2 per cento (-0,9 per cento rispetto al 2021).L’evoluzione della situazione economica ha reso il tessuto sociale però più fragile, a testimonianza di un peggioramento della percezione della propria situazione economica. Secondo un’altra indagine il disagio è in crescita. Nel 2022 si percepiscono come povere 14 famiglie su 100 (12 su 100 nel 2021). In aumento le famiglie che dichiarano di arrivare con grave difficoltà a fine mese: dal 7 per cento al 10 per cento. Crescono anche quelle che ci arrivano con qualche difficoltà, dal 45 per cento al 47 per cento. Peggiora il clima di fiducia rispetto al futuro: passano dal 17 per cento al 37 per cento coloro che prevedono un deterioramento della propria situazione economica. Infine, ogni 100 nuclei 47 dichiarano che avrebbero difficoltà a sostenere con risorse proprie spese impreviste di 5mila euro; si scende al 14 per cento per una spesa non preventivata di 800 euro.

La svolta può arrivare dal Pnrr.Al 12 dicembre 2022 si contano 4mila 326 progetti per 4,95 miliardi di euro complessivi: 3,80 (77 per cento) come finanziamenti del Pnrr e/o del Pnc (Piano nazionale complementare) e 1,15 miliardi di cofinanziamenti di varia origine e natura. Il 71 per cento delle risorse è destinato a spese in conto capitale per opere pubbliche. Gli incentivi a imprese e contributi sono il 16 per cento, il restante 13 per cento è imputabile a spesa corrente per l’acquisto di beni o servizi. La quota più consistente (73 per cento) è indirizzata alla pubblica amministrazione (il 52 per cento sono comuni), il 15 per cento è per progetti di imprese private, il 12 per cento a società a partecipazione pubblica, concessionari di rete e infrastrutture, consorzi e fondazioni. La distribuzione territoriale riflette il peso demografico e soprattutto economico dei territori. Ma al netto della tramvia, che da sola assorbe circa 1,1 miliardo di risorse, la polarizzazione fra territori forti e deboli è sul fronte delle risorse del Pnrr meno accentuata di quanto non risulti nel divario economico. Ad esempio, ai territori meno ricchi che quotano l’1% del valore aggiunto regionale, vanno il 3 per cento delle risorse. Ai territori storicamente caratterizzati in passato da una maggiore propensione all’investimento e che impegnano in valore il 72 per cento delle opere pubbliche, il Pnrr assegna (al netto della tramvia) il 44 per cento delle risorse complessive. Il tutto in linea con una visione meno squilibrata dello sviluppo.

Effetti del Pnrr. Le stime dei cosiddetti effetti di cantiere, che si esauriscono nell’arco della programmazione, indicano un aumento medio annuo di 0,5 punti percentuali del Pil rispetto ad uno scenario senza Pnrr. In termini assoluti alla fine del periodo (2022-26) saranno generate risorse aggiuntive, in termini di Pil, pari a 2,9 miliardi di euro. Il numero medio annuo di lavoratori necessario a soddisfare la produzione aggiuntiva è stimabile, sempre nel quinquennio, in poco più di 10mila, per un incremento medio annuo dell’occupazione dello 0,7 per cento. Se classifichiamo gli occupati per livello di qualificazione, il fabbisogno di produzione generato si traduce in una occupazione aggiuntiva di 5mila figure intermedie impegnate in attività manuali, 2 mila figure altamente qualificate, altre 2mila in professioni intermedie non manuali, ed infine in mille lavoratori non qualificati. Tutti effetti relativi ai 4,9 mld di progetti finora monitorati. E’ lecito attendersi però, a conclusione del quinquennio, un ammontare di risorse superiori, auspicabilmente nell’ordine degli 8 miliardi. E conseguentemente superiori saranno anche gli impatti finali. In ogni caso, un effetto ulteriore si avrà, a Pnrr esaurito, nel lungo periodo grazie alla accresciuta redditività del capitale. A regime, ipotizzando un ammontare di risorse finali pari a 8 miliardi, nell’arco di un decennio il livello del Pil toscano sarebbe al decimo anno 5,7 punti più elevato dello scenario senza Pnrr.